Il volontariato non sfugge alla concorrenza

L'offerta di servizi di trasporto sanitario garantita dai soggetti di volontariato non esime il giudice dal verificare se ricorrono le condizioni per applicare la disciplina sugli appalti

La sentenza

La Corte di giustizia giudica un ricorso promosso dalla commissione europea contro l’Italia con riferimento a un accordo quadro che la regione Toscana, insieme alle sue USL e aziende ospedaliere, ha stipulato con alcune organizzazioni di volontariato per l’offerta di servizi di trasporto sanitario. In particolare la Commissione contestava l’affidamento diretto di questi servizi in virtù della mancata applicazione della disciplina sui contratti d’appalto prevista dalla direttiva 92/5/CEE. La Corte rigetta il ricorso presentato per carenza probatoria in relazione, specialmente, alla dimostrazione che l’affidamento riguardava servizi di valore superiore alla soglia ammessa per l’applicazione della direttiva servizi o, in alternativa, alla dimostrazione che l’affidamento di servizio sanitario era certamente di interesse transfrontaliero. Nonostante giunga a questa conclusione, la sentenza è molto importante perché la corte non manca questa occasione per sancire alcuni principi di carattere generale nella motivazione.

Le organizzazioni non-profit possono essere impresa

In primo luogo, la Corte confuta la tesi sostenuta dall’Italia secondo la quale l’assenza di scopo di lucro delle organizzazioni private firmatarie dell’accordo osta alla configurazione di questi soggetti come imprese e quindi osta all’applicazione della disciplina sugli appalti. La Corte, in verità , richiamando una giurisprudenza consolidata1, ricorda che la definizione d’impresa non è fatta discendere da presupposti soggettivi (pubblicità  dell’ente, assenza di lucro) ma da elementi puramente oggettivi. In particolare se un’organizzazione è dedita all’offerta di beni e servizi da scambiare con altri soggetti, questo è sufficiente a qualificare quell’attività  come attività  d’impresa, finanche quando l’attività  considerata non sia considerabile come quella principale dell’organizzazione2. A questo riguardo la Corte richiama in effetti la famosa causa Ambu-lanz Glà¶ckner3 .
Ne discende pertanto che la circostanza per la quale un determinato ordinamento qualifica specifici soggetti come organizzazioni di volontariato non è sufficiente a escludere la qualificazione d’impresa ai sensi dell’ordinamento comunitario. Né tantomeno ostacola una tale conclusione l’osservazione secondo cui tali soggetti potrebbero presentare offerte notevolmente inferiori a quelle dei propri concorrenti in virtù del titolo gratuito che caratterizza l’attività  dei collaboratori di questi soggetti. La Corte di giustizia pare cosìprediligere un tipo di concorrenza che non si limita a comparare solo l’efficienza quantitativa in termini esclusivi di costo dell’offerta di un servizio, ma è interessata a comparare anche le diverse forme di offerta, derivate da modelli organizzativi diversi e originali.
Infine la Corte esclude che l’accordo oggetto del suo giudizio possa essere considerato privo di onerosità : se, infatti, la remunerazione dei servizi fosse solamente a titolo di rimborso dei costi sostenuti dall’organizzazione, come paventato dall’Italia, non si sarebbe adottato un sistema di pagamento che è preventivo e forfettario, privo cioè di quella stretta commisurazione tra costi sostenuti e remunerazione dei titoli di costo presentati.

L’irrilevanza dei servizi residuali e a carattere localistico

Nonostante quanto precede, la corte fa salvo l’accordo giudicato; coglie però l’occasione per precisare i limiti entro i quali un accordo siffatto può essere considerato legittimo. Ricorda, infatti, che l’applicazione dei principi di non discriminazione e trasparenza esigono l’adozione di procedure restrittive e rigorose da parte delle pubbliche amministrazioni degli stati membri di cui è possibile fare a meno solo nel caso in cui l’oggetto del contratto si dimostri secondario dal punto di vista economico e di interesse meramente locale. Pertanto sembra potersi dedurre a contrario che se fosse stato dimostrato che il costo dei servizi era superiore ai 2mila euro l’accordo non avrebbe potuto essere considerato valido in assenza del rigoroso rispetto delle procedure d’appalto. Resta tuttavia il dubbio se questo giudizio espresso dalla Corte di giustizia possa esentare del tutto le amministrazioni nazionali dall’applicazione di procedure che garantiscano la trasparenza negli affidamenti alla luce del nostro codice dei contratti pubblici. D’altra parte, la Corte di giustizia conclude anche che, nell’ipotesi in cui il servizio in questione fosse da qualificare come servizio sanitario, l’affidamento diretto è fatto salvo solamente se non viene dimostrato che il servizio desti un sicuro interesse transfrontaliero, ipotesi che in verità  ricorre più frequentemente per quei servizi offerti nei territori contendibili tra più stati membri. E’ evidente però che la Corte ci tiene a sottolineare che l’affidamento diretto in assenza di qualsiasi rispetto di regole di trasparenza può essere accettato in ipotesi ben circoscritte.

Prudenza a usare la sussidiarietà  orizzontale

Tutto questo suggerisce a maggior ragione prudenza nell’accostare la sussidiarietà  orizzontale agli affidamenti di servizio, perché la Corte rammenta che, salvo ipotesi speciali, in questi casi si applicano le regole a garanzia della concorrenza nel mercato. Peraltro non è affatto escluso che condizioni particolari che impediscano l’applicazione della disciplina comunitaria siano sufficienti a escludere del tutto l’applicazione delle regole della concorrenza in tali affidamenti per il diritto interno, stante il rilievo che ha assunto nel nostro ordinamento la disciplina della concorrenza nelle relazioni di contenuto economico.

 

1 A titolo meramente esemplificativo si possono ricordare le sentenze: corte di giustizia, 23 aprile 1991, causa C-41/9, in Racc., 199, I, 1979; 17 febbraio 1993, cause C-159/91 e C-16/91, in Racc., 1991, 637, p. 17; 16 novembre 1995, causa C-244/94, in Racc., 1995, 413.
2 Cfr. corte di giustizia, 24 ottobre 22, C-82/1 P, in Racc., 22, I, 9297.
3 Cfr. corte di giustizia, 25 ottobre 21, C-475/99, in Racc., 21, I, 889.

 

 



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