Differenze e prospettive per il futuro

Sussidiarietà  e integrazione i migliori antidoti contro il disagio urbano

La compresenza di diversi fattori, quali l’esclusione sociale, la marginalità, la mancata integrazione, la crescente precarietà economica possono costituire il terreno fertile per la manifestazione di comportamenti razzisti e xenofobi, fino a sfociare in vere e proprie forme di guerriglia urbana, come è accaduto a Parigi nel 25 con la rivolta delle banlieus. La ricerca ha avuto per oggetto sei diverse realtà territoriali: due a Milano (zona 2 e zona 7), due a Roma (quartieri Torpignattara e Tullio). Inoltre, sono state studiate due città di media grandezza facenti parte della cintura metropolitana di altre grandi città: Acerra in provincia di Napoli e Chieri in provincia di Torino.

I risultati

I risultati della ricerca sembrano, almeno per il momento, scongiurare il pericolo che le periferie italiane possano divenire il teatro di scontri come è accaduto in Francia. L’espansione delle periferie italiane non ha infatti seguito lo stesso percorso e l’immigrazione ha trovato diverse forme di radicamento sul territorio. In Italia inoltre, il degrado e l’immigrazione non sembrano ancora coincidere: gli immigrati vivono spesso nel degrado abitativo, ma hanno accesso al mondo del lavoro, anche se in maniera precaria, accettando tale condizione perché in ogni caso è ritenuta migliore rispetto a quella dei paesi di provenienza. A ciò si aggiunge il fatto che il tema dell’integrazione culturale non è ancora ritenuto una priorità, come accade invece in Francia e in altri paesi europei.

L’integrazione al primo posto

Vincenzo Cesareo nel presentare i risultati ha posto l’accento sulla necessità di favorire l’integrazione, proponendo otto punti a partire dai quali garantire questo obiettivo:
1) interventi costanti di riqualificazione del territorio, perché il degrado genera degrado;
2) riduzione della concentrazione di immigrati provenienti da paesi a forte pressione migratoria;
3) l’esistenza di servizi adeguati;
4) responsabilizzazione degli abitanti del territorio al fine di garantire controllo e sicurezza;
5) osservanza delle regole da parte di tutti coloro che vivono su un determinato territorio, anche tramite iniziative finalizzate all’acquisizione e alla condivisione delle regole stesse;
6) collaborazione e coordinamento tra le istituzioni, con la conseguente diffusione e valorizzazione delle “buone pratiche”;
7) promozione di forme di sussidiarietà orizzontale e valorizzazione delle risorse presenti sul territorio;
8) monitoraggio dei fattori di rischio in aree urbane sensibili e comunque potenzialmente sedi di tensioni e di conflitti.

Sussidiarietà e integrazione

Gli otto punti proposti sembrano essere uniti tra loro da un sottile filo rosso che guarda al territorio come ad una realtà dinamica, capace, se debitamente sollecitata, di produrre gli anticorpi per la risoluzione dei problemi che potrebbero sorgere al suo interno. Spesso l’immigrazione costituisce infatti la cartina di tornasole di questioni già presenti sul territorio, contribuendo a farle emergere e ad acuirle.
Il fatto che le periferie siano spesso dei grandi quartieri dormitorio, “non luoghi” privi di identità, le rende ad esempio un terreno fertile per l’insorgere di forme di disagio, capaci di degenerare in veri e propri conflitti. Al contrario, la presenza di dinamiche relazionali, di attività culturali e non solo assistenziali, di interventi di recupero da un degrado spesso avanzato, potrebbero tradursi in forme di collaborazione tra cittadini e istituzioni, nello spirito della sussidiarietà orizzontale, capaci di ridare alle periferie urbane quel senso del luogo che costituisce al tempo stesso il miglior antidoto contro ogni forma di disagio urbano.