Una proposta al Presidente della Repubblica

La sussidiarietà  non è un concetto. E' un progetto di riscatto realizzato dai cittadini

Non sappiamo, naturalmente, cosa dirà il Presidente. Ma ci permettiamo di suggerirgli che se si vuole far ripartire il Paese bisogna “ripartire dai cittadini”. Lo facciamo perché riteniamo che solo il Presidente Napolitano abbia oggi l’autorevolezza morale e politica necessaria per chiedere ai cittadini di impegnarsi in prima persona nella realizzazione dell’interesse generale.
Sarebbe straordinario se dal Presidente della Repubblica, simbolo dell’unità nazionale e garante della Costituzione, arrivasse un’esplicita “chiamata” alla cittadinanza attiva, così come una volta si chiamavano i cittadini alle armi per difendere il paese da un’aggressione.

L’abbiamo già fatto

Noi italiani siamo bravi a reagire alle emergenze (un po’ meno forse a gestire l’ordinaria amministrazione, ma questo è un altro discorso). Basta pensare a come uscimmo dalla crisi seguita alla sconfitta militare ed alla caduta del fascismo, grazie alla voglia di riscatto di un’intera generazione che dopo anni di guerra e di stenti si buttò a capofitto nella ricostruzione per raggiungere livelli di vita migliori. Ce lo siamo dimenticato, ma tra il 195 ed il 1973 i redditi degli italiani triplicarono. Non eravamo ancora ricchi come i tedeschi ed i francesi, ma comunque milioni di italiani per la prima volta in vita loro uscirono dalla miseria.
E anche nei cosiddetti “anni di piombo” tenemmo duro, non ci lasciammo impaurire né distrarre dai nostri doveri ed alla fine ne uscimmo senza troppi danni al sistema delle libertà fondamentali.

I nuovi avversari

Oggi ciò a cui dobbiamo reagire non sono, come nel dopoguerra, le distruzioni materiali e morali ereditate dalla guerra. Né, come negli anni Settanta e Ottanta, la follia omicida di piccoli gruppi di esaltati. Oggi gli avversari a cui dobbiamo opporci sono da un lato fuori di noi e si chiamano disoccupazione, impoverimento, riduzione di opportunità, dall’altro sono dentro di noi e si chiamano sfiducia, incertezza, paura del futuro.
Sono avversari temibili, ma non più di quelli che abbiamo già affrontato e vinto in passato. E anche questa volta la risposta dipende essenzialmente dai cittadini, perché noi abbiamo le risorse, le capacità e le idee che saranno risolutive per vincere questa battaglia.
Siamo noi cittadini le truppe sussidiarie, quelle da chiamare in campo quando lo scontro volge al peggio. Lo scrivevamo già nel maggio 26 in una lettera aperta all’allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, ricordandogli da un lato che i cittadini sono portatori di competenze che potrebbero dare un contributo prezioso alla rinascita di un Paese stanco e sfiduciato, dall’altro che senza la collaborazione dei cittadini le istituzioni non ce la possono fare a risolvere i sempre più numerosi e difficili problemi di una società come la nostra.

Una nuova forma di libertà

La Costituzione, affermando che le istituzioni debbono favorire "l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà " (art. 118, ultimo comma), legittima finalmente i cittadini ad essere soggetti attivi e quindi a realizzare, insieme con le istituzioni, l’interesse generale.
Ed il bello di questa nuova forma di libertà solidale e responsabile fondata sulla sussidiarietà è di essere alla portata di tutti, perché essere cittadini attivi non richiede chissà quali doti o competenze. E’ sufficiente fare cose concrete, anche molto semplici, prendendosi cura di quei beni comuni il cui mantenimento ed arricchimento è nell’interesse di tutti.

La "sovranità pratica" dei cittadini attivi

Come ricordava Giuseppe Cotturri in un suo editoriale, "Decenni di pratica della partecipazione democratica, prima attraverso i partiti, poi in forme più libere e maggiormente aderenti alle realtà del territorio, hanno prodotto consapevolezze diffuse dell’importanza di non delegare ma esercitare il proprio potere per quanto possibile direttamente.
Il bisogno di buona politica è rientrato nella Costituzione con l’art. 118, quarto comma: il cittadino che con autonoma iniziativa realizza l’interesse generale cambia i termini del problema. Non organi rappresentativi del potere di maggioranza, ma cittadini comuni, quindi minoranze per definizione, possono agire per la realizzazione dell’interesse generale. Non ‘rivendicare da’, ma ‘agire per’ una autonoma e diretta realizzazione di beni comuni. Si tratta del riconoscimento di una inedita ‘sovranità pratica’ dell’attivismo civico: quando esso si manifesta, le istituzioni rappresentative sono obbligate a stargli dietro: ‘favorire’ tali iniziative, dice la norma, quindi accoglierle e accompagnarle positivamente.

Minoranze, ma fondamentali

L’introduzione di questo principio segna la cessazione del primato della politica rappresentativa e afferma, come mai prima nella storia, il primato del costituzionalismo democratico. I cittadini attivi sono per definizione minoranze; non sono quindi sostenuti da alcuna legittimazione rappresentativa. Non l’hanno cercata, né il ristretto numero consente di presumere alcunché in questa direzione. La loro legittimazione è data dalla corrispondenza dell’attività, che essi svolgono, a un interesse generale quale non può essere definito altro che dalla Costituzione. E’ l’aspetto oggettivo (risultato dell’attività) non quello soggettivo (attore particolarmente legittimato) quello che conta.
Cosicché, anche se le leggi finiscono per corrispondere sempre più a soli interessi di maggioranza, il riferimento di iniziative civiche alla Costituzione, cioè al patto fondativo, permette di ricercare dal basso corrispondenza a valori comuni e fondanti della comunità. L’azione dei cittadini attivi, nella normativa che si sta affermando, si legittima per la concreta realizzazione di fini e beni comuni, valori e diritti universali e fondamentali, che le Costituzioni hanno depositato nella storia e che altalenanti governi e variabili maggioranze politiche abitualmente trascurano o, addirittura, con leggi fatte a colpi di maggioranza violano.

Il costituzionalismo democratico

Tutto ciò significa che, per imporre ai Governi il rispetto della Costituzione, il nuovo potere riconosciuto alla cittadinanza attiva apre un circuito virtuoso tra forze sociali diffuse e Costituzione. Se il costituzionalismo democratico è solo cultura separata di giuristi, professori e giudici, può facilmente soccombere alle irruenze, alle prepotenze, all’arbitrio della politica. Diversamente da quanto la migliore dottrina ha indicato i partiti hanno inteso di essere i soli depositari di un ‘potere costituente’ integro e illimitato. Con questo tipo di interpretazioni, il potere politico elude le regole e le garanzie che un secolare sviluppo del costituzionalismo ha inteso fissare, per mantenere il controllo sulla direzione di sviluppo delle vicende democratiche.

Democrazia e nuove forze di cittadinanza

Questo modo di porre il problema del cambiamento, sottoponendo a un controllo e a un indirizzo progressivo anche i poteri parlamentari, realizza un circuito nuovo e virtuoso tra tradizioni democratiche e nuove forze di cittadinanza. La mobilitazione anche minoritaria di queste fa dunque vivere le costituzioni, ne diventa forza propulsiva: tra impegno civico dei cittadini comuni e orientamento costituzionalmente garantista dei giudici – che appunto possono essere chiamati a valutare la corrispondenza dei singoli atti alla Costituzione – c’è una possibilità più larga di circolazione positiva e inedita di valori e criteri costituzionali”.

La sussidiarietà è un progetto

Per questo oggi è possibile "ripartire dai cittadini, con i cittadini", fondando sulla sussidiarietà una nuova alleanza fra istituzioni e cittadini contro la crisi. Un nuovo patto, come il new deal che Roosevelt propose all’America in un momento per gli Stati Uniti altrettanto drammatico.
Se infatti il Presidente chiamasse migliaia di cittadini, in tutta Italia, a mobilitarsi per realizzare l’interesse generale, prendendosi cura dei beni comuni insieme con le amministrazioni, l’effetto complessivo sarebbe straordinario, sia in termini di crescita del livello della convivenza civile, sia in termini pratici, di miglioramento della qualità della vita di tutti.
Sarebbe come un’iniezione di ricostituente per un organismo debilitato, perché una società con una forte presenza di cittadini attivi è una società in cui tutti vivono meglio ma è anche una società più competitiva, in quanto la cittadinanza attiva è un fattore potente di innovazione dell’intero sistema.
In questo senso più che un principio o una parola d’ordine la sussidiarietà è un progetto. Un progetto di riscatto realizzato da cittadini attivi, responsabili e solidali.