Le università  come operatori economici

E ' nell'interesse comunitario consentire la partecipazione alla più ampia gamma di soggetti nelle gare di servizi'

La sentenza

La Corte di giustizia è chiamata a offrire l’interpretazione delle disposizioni della direttiva 24/18 relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi con riferimento in particolare all’accesso alle procedure di gara di servizi. La questione verte sulla possibilità di un consorzio di università e amministrazioni pubbliche di partecipare a una gara di affidamento di servizi. In particolare il giudice europeo deve verificare se la definizione di ‘operatore economico’ possa essere utilizzata per soggetti istituzionalmente votati a perseguire interessi generali.

Molti sono i nodi da dover affrontare in un caso del genere. Il primo concerne la possibilità di un ente pubblico di essere considerato operatore economico ai sensi della direttiva in questione. La Corte di giustizia osserva in proposito che non solamente gli enti pubblici rientrano esplicitamente all’articolo 1, n. 8, primo e secondo comma, tra gli operatori economici ma che tale inclusione sta anche a significare che sono previsti organismi che non perseguono scopi di lucro, che non hanno struttura d’impresa e che neppure hanno una presenza continua sul mercato.

Il secondo aspetto da risolvere riguarda la possibilità di attribuire qualità di ‘soggetto offerente’ a operatori prescindendo dalla valutazione se si tratti di persone fisiche o giuridiche e anche dal fatto se abbiano uno status di diritto pubblico o di diritto privato. Secondo la corte di giustizia queste discriminazioni sono irrilevanti ai fini della determinazione di operatore economico: ribadendo una giurisprudenza consolidata, la Corte sostiene che il punto dirimente per la qualificazione di operatore economico è rappresentato dai profili oggettivi collegati all’attività concreta intrapresa e non a profili soggettivi.

Il terzo nodo da affrontare è relativo alla possibile alterazione della parità di posizioni che si può determinare quando a partecipare siano soggetti, come quelli di cui si controverte, che godono di finanziamento pubblico. A tal proposito la Corte sostiene che, se è vero che questa condizione può determinare un’alterazione della parità dei concorrenti, essa non può da sé bastare per legittimare l’esclusione di un soggetto dalla partecipazione a gara. Andrà valutata concretamente l’incidenza del finanziamento sull’attività che s’intende fornire, per la cui cosa occorre un supplemento di indagine che non si fermi al solo dato descrittivo.

Il giudice pertanto conclude l’esame della questione ritenendo che soggetti quali università o istituti di ricerca e loro associazioni possono essere considerati operatori economici alla stregua della direttiva europea sugli appalti.

Commento

La sentenza appare molto rilevante perché fornisce con chiarezza alcuni indicatori, per la verità spesso ribaditi dalla corte, che consentono di limitare al minimo esclusioni dalla partecipazione alle gare pubbliche. Ne consegue che, diversamente da quanto spesso sostenuto, l’idea di concorrenza protetta che emerge è molto più ricca di quella che la vede limitata alle sole imprese private dedite al profitto. È una concorrenza che attiene non solo ai meri profili economici, ma anche ai modelli organizzativi. La forma non rileva; quel che conta per l’ordinamento europeo è la capacità di saper soddisfare una domanda a prescindere dal dato organizzativo. Non importa dunque neppure che il soggetto in questione persegua uno scopo di lucro, né che riceva o meno finanziamento pubblico: questi elementi possono avere un’incidenza sull’offerta, ma ciò va valutato nel concreto e non in astratto come condizione pregiudiziale di esclusione.

Peraltro la corte arriva anche a sostenere che la legittimazione dell’offerta prescinde anche dal fatto che il soggetto in questione presti direttamente l’attività posta in gara: è sufficiente dimostrare che abbia i mezzi per adempiere agli obblighi a cui si sottopone in forma di subappalto, ferme restando ovviamente le responsabilità nei confronti della stazione appaltante.

D’altra parte tale tesi appare condivisibile anche per un altro evidente motivo che la stessa Corte ricorda: se tali soggetti non fossero considerati operatori economici, essi potrebbero stipulare contratti con le amministrazioni aggiudicatici in modo libero sostanzialmente eludendo le norme comunitarie in materia di parità di trattamento e trasparenza sulla base di presupposti meramente formali.

La sentenza riveste particolare importanza, insomma, perché manifesta un orientamento aperto rispetto alla concorrenza che non viene confusa né con la privatizzazione, né con l’adozione di uno speciale regime giuridico. Ne risultano avvantaggiati quei soggetti privati e pubblici organizzati in modo diverso da quello d’impresa qualora sappiano davvero soddisfare con originalità e capacità una domanda di servizi.



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