Le seconde generazioni e i diritti di cittadinanza

Le seconde generazioni: alcuni dati

I tempi sono maturi per tali cambiamenti. Infatti, come evidenziato dall’ultimo Dossier Caritas, nel complesso i minori stranieri presenti in Italia ammontano quasi ad un milione, con un tasso di crescita annuo di oltre 1mila unità . Tra questi, le seconde generazioni, vale a dire i figli di immigrati nati in Italia o arrivati nel nostro paese in età  prescolare, hanno superato le 6mila unità  nel 21, rappresentando oltre un decimo della popolazione straniera.

Nell’anno scolastico 21-211 gli alunni stranieri hanno inciso per il 7,9 percento sulla popolazione scolastica, percentuale ancora più elevata nelle scuole materne ed elementari. Il 42 percento (circa 3mila) di questi ragazzi è nato in Italia.

Quale cittadinanza?

In Italia l’acquisizione della cittadinanza si fonda sullo jus sanguinis e non sullo jus soli, segue pertanto la linea di discendenza da genitori italiani (almeno uno dei due).

La Rete G2 – Seconde generazioni ha elaborato una scheda riassuntiva sulle modalità  di acquisizione della cittadinanza per i figli di immigrati, ai sensi della Legge n.91 del 1992, che qui riassumiamo brevemente:

1. I nati in Italia da genitore non italiano regolarmente residente possono diventare italiani se, oltre a essere stati registrati all’anagrafe, hanno anche risieduto in Italia legalmente e fino alla maggiore età . In questo caso devono presentare al Comune di residenza una dichiarazione di voler acquistare la cittadinanza italiana e devono farlo prima di aver compiuto 19 anni. Se non si rispettano questi termini, si dovrà  fare la domanda per residenza ed aver risieduto per almeno 3 anni.

2. Per i figli di immigrati non nati in Italia non è attualmente previsto un percorso ad hoc, possono solo seguire i canali di accesso alla cittadinanza disponibili per i loro genitori: quindi per residenza (1 anni più dimostrazione di reddito minimo, criterio discrezionale ma spesso applicato, per questo la cittadinanza per residenza è già  stata rifiutata ad alcuni figli di immigrati che l’hanno richiesta) o per matrimonio con cittadino/a italiano/a.

3. La legge prevede che i figli di immigrati possano ricevere la cittadinanza italiana se i loro genitori riescono ad ottenerla. Ma questo può avvenire solo se il figlio è ancora minorenne quando il genitore diventa italiano e se i due familiari convivono in Italia. Visti i tempi lunghi e non certi della procedura di naturalizzazione, diventano cittadini quando i figli sono ormai maggiorenni e quindi senza possibilità  di assicurarla direttamente anche a loro.

Alcuni Comuni in Italia hanno lanciato campagne volte a favorire l’acquisizione della cittadinanza al compimento del diciottesimo anno e non oltre i diciannovesimo anno. In questo arco di tempo è prevista infatti una sorta di sospensione dello jus sanguinis che non tutti sfruttano adeguatamente, spesso per mancanza di informazioni al riguardo.

Da immigrati a cittadini

Una delle ragioni addotte dagli oppositori al cambiamento della legge sulla cittadinanza è quella relativa alla perdita di identità , secondo una prospettiva alquanto diffusa, che considera i processi migratori come fenomeni transitori ed emergenziali. Al contrario, essi si inseriscono in un contesto globale che impone di considerarli come un segno dei tempi. A partire da ciò andrebbero affrontate le questioni e le sfide che essi pongono, ivi compresa quella della cittadinanza. Il passaggio dall’emergenza all’integrazione passa infatti anche attraverso l’acquisizione dei diritti di cittadinanza, primo fra tutti quello di partecipare alla vita democratica del paese, esprimendo il proprio voto. La prospettiva ideologica con la quale spesso sono affrontate queste tematiche ne fa oggetto di strumentalizzazioni politiche, che poco hanno a che vedere con le reali aspettative ed esigenze della società  italiana.