I dati della pubblica amministrazione diventano bene comune

I cittadini accedono ai dati della pubblica amministrazione

Gli open data, conosciuti in Italia come “dati aperti”, sono una categoria di archivi e dati liberamente accessibili e utilizzabili da tutti, senza restrizioni di copyright, brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la produzione. Il governo inglese è stato il primo in Europa a sperimentare questo sistema, nell’intento di ridurre la distanza tra cittadini e istituzioni: i dati oggetto del sistema infatti sono quelli prodotti dalla pubblica amministrazione e dunque riguardanti in primis proprio i contribuenti.

I cittadini in effetti hanno apprezzato l’iniziativa e, come spiega Berners Lee dalle pagine del Times, dopo il rilascio dei dati sono seguite molte applicazioni: da quelle per trovare tramite il cellulare un dentista del servizio sanitario nazionale, alle aziende che utilizzano i dati disponibili sulla spesa per consigliare le autorità  locali su come ottenere il miglior rapporto qualità -prezzo, passando anche per quelle che rintracciano la linea autobus desiderata.

In questo senso gli open data non possono che qualificarsi come bene comune, mettendo a disposizione dei cittadini numerose risorse. Tuttavia non bisogna dimenticare il fondamentale ruolo della rete web, che si riconferma essere un potente mezzo di democratizzazione e sussidiarietà  grazie alla sua capacità  di raccogliere i dati di interesse pubblico e distribuirli alla portata di tutti.

Un impulso alla crescita e all’innovazione

Un ulteriore conferma è arrivata dalla relazione del novembre 211 del Ministero dell’economia e delle finanze del Regno Unito. Nel rapporto si riconosce il ruolo propulsivo dell’Open Data anche nel campo della ricerca medica e della tecnologia digitale, confermando la vocazione del sistema alla cura degli interessi della comunità . Berners Lee afferma inoltre che la realizzazione di questi prodotti e servizi può avere degli effetti positivi sull’economia.

Del resto a trarre beneficio dalla ricerca scientifica e dallo sviluppo della comunicazione tecnologica non sono solo i fruitori, vale a dire i cittadini, ma anche le imprese, come ad esempio le aziende di software, le case produttrici di tecnologia digitale e gli stessi sviluppatori di applicazioni, che realizzano proprio quei prodotti e servizi offerti al cittadino.

Se si pensa alle restrizioni a cui è sottoposta la spesa pubblica in questi tempi di crisi mondiale, è certo che l’economia non può che trarre vantaggi, affinché crescita e innovazione non restino immobilizzate ma, al contrario, vengano stimolate da questo nuovo bene pubblico che sono gli open data.

Open data in Europa…

Gli altri paesi d’Europa non si sono fatti attendere. Il rapporto della “Review of recent studies on PSI re-use and related market developments” ha stimato infatti che il valore corrente dell’informazione pubblica per i paesi membri dell’Unione europea è di circa 14 miliardi di euro all’anno. Alla luce di questi studi l’Unione europea ha lanciato l’iniziativa “Trasformare i dati dei governi in oro”annunciata in un comunicato stampa del dicembre 211. Il progetto è quello di modificare la direttiva numero 98 del 23 relativa all’utilizzo dei dati delle amministrazioni pubbliche per estenderne la portata anche a biblioteche, musei e archivi e ridurre i costi di riproduzione e divulgazione delle informazioni. Per l’occasione sarà  aperto un portale contenente i dati elaborati in materia dalla Commissione europea.

… e in Italia

In attesa che la filosofia degli open data venga introiettata anche nelle amministrazioni pubbliche italiane, si possono segnalare i primi passi sul cammino da percorrere. Infatti da due mesi è attivo il portale data.gov.it, mentre tra le Regioni si incontrano il Piemonte, con il sito dati.piemonte.it e il progetto ePart, avviato nel Comune di Udine.