Ne parla Gregorio Arena in un ' intervista di Note Modenesi

Si tratta di una " sana richiesta di partecipazione che non mette in discussione la legittimità  della delega " .

” I comitati sono un’espressione concreta della democrazia partecipativa deliberativa che è diffusa in tutto il mondo e che affianca, e integra, la democrazia rappresentativa ” . E’ con queste parole che il professor Gregorio Arena offre un’interessante interpretazione del ruolo e delle intenzioni dei comitati che oggi tendono a proliferare. Il problema che viene rilevato è che, nel nostro paese, la cultura politica sia abbastanza matura per leggere correttamente questo genere di fenomeni e tenda, piuttosto, a confonderli con attacchi o strumenti di delegittimazione del potere istituzionale.
” Invece queste forme partecipative non nascono come un’espressione di sfiducia verso gli amministratori della cosa pubblica, ma come volontà  dei cittadini di prendere parte, appunto, alle decisioni che riguardano la collettività  ” , ossia riprendendo possesso di parte della delega data originariamente agli amministratori. Il nucleo del problema sta proprio in una questione di delega: il modello amministrativo tradizionale era percepito e si autopercepiva, come un ” qualcun altro si prenderà  cura di ” . In un contesto radicalmente trasformato, i cittadini vogliono invece attivamente ” prendere parte alle decisioni che riguardano la collettività  ” senza mettere in discussione il meccanismo della delega. Il paradigma amministrativo però non sembra essere in grado di stare al passo di questa trasformazione ed i decisori pubblici si dimostrano incapaci di ” coinvolgere i cittadini di fronte alle opere pubbliche ” . E’ a causa di quest’incapacità  comunicativa che spesso i comitati si formano dopo, o durante, l’esecuzione di un’opera rilevante per la comunità : è chiaro che ” se i cittadini non si sentono consultati si ribellano ” , ha commentato il professor Gregorio Arena.
La soluzione ottimale suggerita nell’intervista (scaricabile online) sembrerebbe quella di riuscire a intersecare comitati e politica prima che il rapporto diventi violento, in altre parole ” accettare la fatica di coinvolgere oppure tenersi le piazze in rivolta ” .