L'Illuminismo padre della ragione contro il Medioevo tempo di beni comuni

Vitale vede nell'Illuminismo e nei suoi insegnamenti il tempo in cui nacquero i diritti dell'uomo e del cittadino

La “filosofia” del saggio

Nel pamphlet nulla è lasciato al caso. A partire dalla suddivisione dell’opera articolata in pars destruens e pars construens, le quali danno la suggestione al lettore di entrare in un vero e proprio saggio di critica, come il titolo evoca. Una critica però che sia costruttiva, riprendendo dall’Illuminismo il suo meglio. L’autore si riferisce quindi alla ferma opposizione e alla volontà  di scacciare i dogmatismi e le superstizioni per far rivivere il dialogo e la conoscenza, in nome della ragione e non come culla “del mero individualismo possessivo, e in particolare di quel processo di accumulazione originaria del capitale che continua a riproporsi in forme sempre più distruttive” attraendo ogni cosa al mondo delle merci e del mercato.

Il punto di vista di Vitale, che poi è anche il primum movens dell’opera, è l’opposizione alla quasi ossessione per la lex mercatoria imperante e alla privatizzazione ad ogni costo, ma anche a chi per combattere questo propone di tornare nel Medioevo, tempo cui si riferisce invece Mattei nel suo libro “Beni Comuni. Un manifesto“. Medioevo considerato invece, in questo testo, come un tempo buio e per nulla desiderabile, poiché sinonimo di una prospettiva olistica della società  in cui tutto è totalizzante. “L’ideologia benecomunista sembra non sapere o non voler riconoscere quanto dolore si annidasse con molta probabilità  in quelle vite, quanta fame e quante carestie, quanta sottomissione a pratiche comunitarie orribili e discriminatorie nei confronti dei soggetti più indifesi”, dice l’autore. E cosìsi confrontano nel saggio due visioni del mondo, due risposte diametralmente opposte al medesimo problema.

Pars destruens

Vitale dedica gran parte della sua analisi critica al pensiero di Mattei, al punto che potremmo definire questo saggio come una risposta a “Beni Comuni. Un manifesto”, poiché viene preso come punto di riferimento ideologico di un’intera scuola di pensiero e anche di azione (l’autore accenna anche ad alcuni casi concreti di lotta per la difesa dei beni comuni).

Vitale vede nella volontà , giusta e condivisibile, di dare una risposta e una rotta nuova alla nostra società  (di cui i referendum hanno segnato un passaggio importantissimo) un approdo sbagliato. Le teorie dei benecomunisti sono proposte disorganiche e superficiali, che se trovassero realizzazione concreta mostrerebbero subito la loro contraddittorietà , in quanto frutto di un autoinganno.

Inoltre Vitale solleva quattro questioni che paiono senza risposta e pertanto preoccupanti: quale sia la definizione di beni comuni, visto che di questo termine negli ultimi anni se ne fanno gli usi più diversi; a chi sono comuni questi beni e quindi a quale categoria, se mai esista, appartengono; come è possibile conciliare la nostra Costituzione, nella quale i beni sono o pubblici o privati, con le idee dei “benecomunisti” e quindi quale sia il ruolo della nostra Carta; quali soggetti e a che titolo dovrebbero occuparsi dei beni comuni e della loro gestione.

Solo rispondendo a questi quesiti con chiarezza e sistematicità , si possono dare delle soluzioni concrete ai bisogni della nostra comunità  e delle speranze ai giovani.

Pars construens

L’ultima parte del saggio racchiude invece le osservazioni dell’autore sugli “orrori dell’ideologia neo-liberista e dell’ (in)civiltà -mondo”. Vitale sostiene che le idee imperanti abbiano cancellato il pensiero critico, costringendoci a pensare al futuro solo come un prolungamento del presente e non come un qualcosa di diverso e nuovo, da costruire. La nostra cultura è dominata da credo infallibili che non riusciamo a mettere in discussione e che hanno portato ad una egemonia culturale che è l’opposto del pensiero laico e liberale, dal quale nasceva il Costituzionalismo moderno.

Da questa riflessione e analisi sorgono le proposte di Vitale. L’autore racchiude in un decalogo finale, la sua visione su quel che debba essere la direzione futura della nostra società . A tal proposito ritiene indispensabile, non abbandonare l’Illuminismo e la modernità  politica per sostituire questa visione con la romantica favola bucolica del Medioevo.

“Solo, ancora una volta, un po’ di sporco Illuminismo”, questa è la conclusione di Vitale e del suo saggio.

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