Lo straordinario esordio di Benh Zeitlin e il suo " Re della terra selvaggia "

Lo stile fiabesco, l ' impegno morale e politico ed un'emotività  romantica fanno del film un elemento di pregevolissima fattura

Immerso in un panorama da cui si riesce ad estrarre solo un anacronismo ben espresso e la caratterizzazione di una serie di non luoghi egregiamente raccontati, il regista mette in scena la travagliata storia di una comunità  di individui che abitano una fantomatica ” grande vasca ” , di cui non si comprende l’origine, situata a ridosso del mondo civile e civilizzato, messo in sicurezza da un’enorme diga che ne esclude però il villaggio dei protagonisti. Una zona ad eterno rischio inondazione a causa dei frequenti uragani che la martoriano, all’interno della quale la piccola Hushpuppy vive in compagnia del padre, nel ricordo della madre defunta, immersa in un habitat indefinito costituito dall’incastro fra una comunità  di individui, la natura selvaggia e la lontananza ideale dalla civiltà  moderna, che dista in realtà  solo pochi chilometri.

Quando l’ennesimo uragano minaccia le baracche del villaggio, il burbero padre scopre di essere affetto da un male incurabile ed inizia un percorso educativo che porterà  Hushpuppy a diventare una ragazza autonoma e in grado di affrontare da sola le insidie che la vita della grande vasca le riserverà .

Sarà  grazie alla sinergia sorta negli anni fra la giovane, interpretata magistralmente da Quvenzhané Wallis, e la selvaggia natura circostante, mista a quell’educazione di ferro ricevuta dal suo papà , un ottimo Dwight Henry, mai rassegnato al rammarico per non aver avuto un figlio maschio, che porterà  Hushpuppy a poter affrontare con coraggio tutti gli ostacoli interpostisi sul suo percorso di vita.

Reso celebre dal pianto dichiarato di Barak Obama e famiglia all’uscita dal cinema, Re della Terra Selvaggia presenta il sicuro pregio di permettere la soddisfazione di un pubblico più che mai eterogeneo; lo stile fiabesco, l’impegno morale e politico ed un’emotività  romantica fanno del film prodotto da Dan Janvey, Josh Penn e Michael Gottwald, un elemento di pregevolissima fattura.

Uno scenario insolito quello raccontato da Zeitlin che, grazie ad un eccessivo quanto efficace utilizzo di prolungate scene di silenzio, riesce a comunicare la sinergia creatasi tra la piccola protagonista e l’ecosistema circostante; una denuncia sommessa nei confronti delle infinite velocità  della società  contemporanea che presenta però il pregio di non cadere mai in una banalità  già  nota che imporrebbe di collocare impietosamente il film nel paniere dei triti lungometraggi-denuncia, in compagnia dei più celebri e pubblicizzati Avatar e Pochaontas.

La giovane protagonista veste i panni dell’innocente ed incolpevole spettatrice del disastro (accresciuto dalla costante ricerca di progresso dell’umanità ) che però, ed è questa la grande innovazione apportata dall’opera, sa di poter recuperare il bandolo della matassa solo abbandonando i grovigli della frenesia moderna, rinsaldando l’offuscato binomio uomo-natura.

Un ritorno al passato in cui la mistica ed inquieta ” Pacha Mama ” sposerà  le ambizioni e le responsabilità  di un’esile fanciulla mettendola alla prova davanti alla sua più accanita manifestazione terrena che, nei panni di orribili creature mitologiche, verrà  però sconfitta dalla sua potente tranquillità .

Una Madre Natura che sostituisce il Dio terreno per ergersi a vero deus ex machina in grado di comunicare tutto il suo disagio, rappresentando l’ibrido, mai cosìmagistralmente espresso, tra il Dio degli uomini e la natura scientifica, in cui solo un rinnovato e rispettoso rapporto fideistico tra le persone e l’ecosistema permetterà  quindi la sopravvivenza del sodalizio.

Il messaggio è chiaro e cerca di convincere il suo pubblico a comprendere che grazie all’ascolto delle esigenze della natura, come l’ Hushpuppy del film a cui piace sentire il battito del cuore delle creature, si potrà  garantire ed esigere rispetto dall’universo, ed è chiara  l’esortazione alla buona condotta e all’aiuto nei confronti del prossimo, tramite cui soddisfare le esigenze della globalità , con una sorta di ossequiosa vocazione Roussoviana.

Sarà  quindi il ritorno alla comunicazione diretta tra natura e individuo a fornire a quest’ultimo la consapevolezza della necessità  dell’impegno di ognuno per poter arrivare a garantire un appagante rispetto del bene comune. Un impegno individuale che, secondo il regista, porterà  ogni singolo cittadino a garantire un benessere tripartito: al suo prossimo, all’universo circostante e, non ultimo, a se stesso.