L ' esperienza americana nel campo della promozione dell ' innovazione sociale e della partecipazione civica ci dice che è possibile immaginare una regia nazionale per la cura dei beni comuni

La cura civica dei beni comuni in Italia è già  una realtà  fatta di soggetti organizzati per contribuire allo sviluppo sociale, civile e anche economico del nostro Paese. Manca, viceversa, la percezione da parte delle istituzioni pubbliche dell’esistenza di questa ” rete invisibile ” che coinvolge complessivamente migliaia di cittadini attivi e, con essa, la promozione di una politica pubblica volta a favorire questo impegno.

Crisi e mancanza di risorse pubbliche

L’assenza di sensibilità  della politica nazionale verso questo tema è questione annosa. Aggravata in questi ultimi anni dalla crisi economica che ha costruito l’alibi perfetto per giustificare l’indifferenza delle istituzioni.  Non c’è dubbio: la crisi economica ha aumentato la disuguaglianza di reddito e di ricchezza e ha progressivamente eroso le opportunità .  Le risorse pubbliche diminuiscono in tutta Europa e gli Stati fanno fatica a offrire le tradizionali risposte keynesiane in un momento di contrazione delle spesa pubblica.
In realtà , non è affatto detto che l’impegno pubblico non possa esercitarsi in nuove forme, specie quando questo servirebbe per rafforzare l’impegno civico per la cura dei beni comuni. Un esempio efficace viene dagli Stati Uniti.

L’esempio degli Stati Uniti

Qui le diseguaglianze di reddito e di ricchezza hanno raggiunto livelli che nonsi vedevano dal 1920, le tendenze demografiche e i cambiamenti tecnologici stanno ridefinendo la struttura del lavoro e accrescono il disagio sociale, i conti pubblici americani sono malmessi con un debito stellare e un deficit già  molto elevato e gli investimenti e la domanda sono profondamente depressi.

Certo, il presidente Obama ha stabilito programmi ambiziosi per promuovere opportunità  per tutti gli americani: la riforma sanitaria, gli investimenti nell’istruzione, l’aumento del salario minimo.  Tuttavia, proprio a causa dei vincoli di bilancio, il finanziamento del governo federale per una serie di programmi speciali – quelli rivolti alla scuola materna, all’educazione della prima infanzia, allo sviluppo della forza lavoro e della formazione e quelli che beneficiano la popolazione più vulnerabile e a basso reddito – rischia di cadere ad un minimo storico.

In una situazione del genere, diventa essenziale migliorare il rapporto costo-efficacia dei programmi di governo.  Proprio per questo, l’amministrazione Obama, da una parte cerca di affinare la valutazione delle prestazioni offerte dai programmi in corso e, dall’altro, di riallocare i fondi dai programmi meno efficaci a quelli più efficaci.

Al tempo stesso, Obama sta usando la leva delle risorse del governo federale con due obiettivi: incentivare il settore privato al fine di sviluppare nuovi programmi; sostenere le organizzazioni non profit alle quali sempre più si chiede di fornire servizi essenziali alle persone (benché le risorse non tengano il passo con la domanda crescente).

Un Ufficio federale per l’Innovazione sociale e la Partecipazione civica

Si spiega cosìl’istituzione del  White House Office of Social Innovation and Civic Participation nei primi mesi del 2009. Con questa iniziativa, Obama ha riconosciuto che per realizzare la promessa di maggiori opportunità  per tutti gli Americani, il Governo deve fare alcune cose: investire in soluzioni innovative capaci di raccogliere le nuove sfide sociali; collaborare con una serie di soggetti – settore privato, realtà  no profit, comunità  degli affari e investitori – con i quali raggiungere quegli obiettivi sociali e finanziare e sviluppare quelle soluzioni.

In sostanza, Obama cerca di coinvolgere diversi soggetti della società  civile americana nel processo di elaborazione delle politiche. Sa che, in questo modo, può determinare programmi più efficaci dove impiegare le risorse pubbliche, individuare e sfruttare nuove risorse, promuovere e diffondere buone pratiche, sviluppare modelli basati sul mercato per sostenere programmi di successo.

Il Fondo americano per l’Innovazione sociale

Tra i primi effetti di questa politica, c’è l’istituzione del Social Innovation Fund, un fondo che incarna un nuovo approccio dell’amministrazione in un momento di finanziamenti pubblici federali insufficienti e che funziona come un ” Fondo di fondi ” : opera attraverso intermediari, crea partnership con il settore privato, amplificando l’impatto delle risorse federali. Il fondo offre sovvenzioni pubbliche a soggetti sociali come le fondazioni, le organizzazioni non profit e imprese sociali.  Ma, rispetto a quelle pubbliche, mobilita il triplo di risorse da parte delle imprese private.

In pratica, gli intermediari si occupano di investire in organizzazioni non profit ad alto impatto che cercano di creare e realizzare programmi efficaci per lo sviluppo delle comunità  e dei territori. I finanziamenti possono essere rinnovati se, alla luce di una valutazione, i programmi mostrano di avere un buon impatto. Questo approccio è simile a quello utilizzato dai  venture capitalist che investono nei primi passi di una start-up, rinnovando i finanziamenti solo se la start-up cresce e dimostra di avere un impatto.

Ad oggi, il Fondo ha assegnato oltre 175 milioni di dollari e ha catalizzato più di 420 milioni di dollari provenienti dalla disponibilità  di capitali privati. In questo modo, più di 200 organizzazioni della società  civile hanno ricevuto risorse.  Il Fondo (e il suo modello di finanziamento innovativo)godono di un sostegno bipartisan al Senato americano tanto che il bilancio 2014 omnibus ha ulteriormente aumentato le risorse (dai 47 milioni di dollari di partenza ai 70 milioni di quest’anno).

Una collaborazione vincente tra soggetti civili e istituzionali

Ma c’è di più. Coerentemente con l’obiettivo di investire in ciò che funziona, l’amministrazione ha anche aperto la strada al programma Pay for Success Financing con l’obiettivo di promuovere e diffondere l’innovazione sociale.

Come funziona? Il Governo fissa un determinato obiettivo sociale (per esempio, la riduzione della recidività  tra i giovani delinquenti o l’incremento dell’istruzione per la prima infanzia per le popolazioni vulnerabili), un programma per affrontarlo e obiettivi misurabili specifici. Poi attira un investitore per finanziare il programma.  L’investitore partecipa all’impresa, attratto da un investimento di capitale promettente nel caso in cui il programma riuscisse a soddisfare l’obiettivo.  L’investitore non riceve alcun rimborso se il programma non riesce a produrre risultati.

Questi contratti offrono un approccio win-win ai partecipanti: le organizzazioni no-profit si assicurano una nuova fonte di denaro per un programma sociale;  l’investitore può ottenere un rendimento, ma sopporta il rischio;  il governo paga solo per il ‘successo’.  Inoltre, il pagamento da parte del governo deriverà  dai risparmi ottenuti dal successo del programma.

Nell’autunno 2011, il presidente Obama ha riunito funzionari statali e comunali per un brainstorming sulle applicazioni più promettenti del modello Pay for Success negli Stati Uniti.  Da allora, quasi 50 milioni dollari sono stati investiti in questo tipo di operazioni in Massachusetts, New York e Utah, e vi è crescente interesse bipartisan per questo modello a tutti i livelli di governo in tutto il paese.A livello federale, l’amministrazione Obama ha proposto più di 80 milioni di dollari nel bilancio federale 2015 per questo tipo di programmi pilota con l’obiettivo di incoraggiare l’innovazione in settori come la giustizia minorile, sviluppo della forza lavoro e risultati scolastici.

Una regia nazionale per i beni comuni

L’esperienza americana nel campo della promozione dell’innovazione sociale e della partecipazione civica ci dice che è possibile immaginare una regia nazionale che, senza costringere l’autonoma iniziativa dei cittadini in percorsi obbligati, possa avere caratteristiche promozionali proprio nella logica dell’articolo 118 della Costituzione. Anche in un periodo di contrazione della spesa pubblica.
Il premier Matteo Renzi ha più volte menzionato nei suoi programmi (quello del 2012 per le primarie di coalizione e quelle del 2013 per le primarie per la segreteria del Pd) un impegno specifico per il Terzo settore e per la promozione dei beni comuni. Perché non prende esempio da Obama? L’esperienza americana dimostra che una regia nazionale per la cura condivisa dei beni comuni non soltanto è possibile, ma funziona.