Obblighi di pubblicazione e trasparenza da parte delle pubbliche amministrazioni e accesso civico

L'accesso civico non può essere condizionato dall'approvazione di un regolamento preventivo da parte della pubblica amministrazione volto a selezionare gli atti da rendere pubblici

La sentenza

In questa causa il Collegio giudicante è chiamato a pronunciarsi sul ricorso proposto dall’associazione Cittadinanzattiva Onlus contro il Ministero dell’Istruzione, dell’Università  e della Ricerca (Miur) per l’annullamento del provvedimento per mezzo del quale il Ministero stesso rigettava l’istanza di accesso civico, previsto dall’art. 5 del d.lgs. 14 marzo 2013 n.33, presentata dall’ente ricorrente nel settembre 2013.

Il ricorrente aveva richiesto al Miur l’accesso ad una serie di informazioni contenute nell’Anagrafe dell’edilizia scolastica, a quelle raccolte attraverso la mappatura degli elementi non strutturali e alle informazioni analitiche relative alla presenza di certificazioni di agibilità  statica, di adeguamento sismico, igienico-sanitarie, e di prevenzione di incendi di tutte le 41.483 sedi scolastiche; richiedeva inoltre informazioni sulla mappatura delle barriere architettoniche, degli interventi relativi alla rimozione dell’amianto e sulla presenza del Documento di valutazione dei rischi e del Piano di evacuazione.
L’associazione ricorrente lamentava il fatto che le informazioni contenute nel documento generale dell’ ” Anagrafe Edilizia Scolastica ” non fossero esaustive in quanto contenenti informazioni parziali, relative solamente a circa 33.000 edifici scolastici.
L’Amministrazione resistente, d’altra parte, rigettava l’istanza di accesso civico sostenendone l’assenza dei presupposti per due motivi: innanzitutto i dati e le informazioni di cui era richiesto l’accesso non rientrerebbero nelle categorie documentali per le quali il d.lgs. 33/2013 imponeva automaticamente la pubblicazione in quanto non si rinverrebbe ” nella normativa di riferimento una precisa disposizione dalla quale paia scaturire un obbligo generalizzato di pubblicazione ” ; in secondo luogo il Miur richiama l’art. 52 del d.lgs. 82/2005 dal quale si desume che   l’accessibilità    alle informazioni pubbliche ” deve essere oggetto di preventiva regolamentazione da parte delle Amministrazioni tramite appositi provvedimenti finalizzati a disciplinarne l’esercizio e le relative facoltà  di accesso telematico e di riutilizzo delle informazioni eventualmente presenti nelle rispettive banche dati ” .
Il Collegio ha ritenuto infondati entrambi i motivi di diniego.
Ciò è dedotto innanzitutto da quanto stabilito dalla lettura degli artt. 7, comma 1 della l. 11 gennaio 1996 n. 23 e 52, comma 1 del d.lgs. 7 marzo 2005 n. 82: il primo infatti attribuisce univocamente al Ministero la responsabilità  della costituzione e dell’aggiornamento periodico della banca dati, sebbene con la collaborazione degli enti locali interessati, implicando quindi l’esclusiva legittimazione passiva del Ministero relativa all’istanza di accesso civico a dati e informazioni riguardanti detta Anagrafe; il secondo impone chiaramente l’obbligo generale di pubblicazione esteso al catalogo di tutti i dati, i metadati e delle relative banche dati, con la sola eccezione dell’Anagrafe tributaria.
Inoltre il Collegio rileva che affermare che la mancata adozione di uno specifico regolamento esecutivo differisca l’efficacia dell’obbligo di pubblicazione, e quindi il diritto all’accesso civico, significherebbe sostanzialmente abrogare l’art. 5 del d.lgs. n.33 del 2013.
Per questi motivi il Tar ordina al Ministero resistente di permettere l’accesso civico richiesto ai documenti, dati e informazioni indicati nell’istanza.

Il commento

In questa sentenza si tratta dell’accesso civico, disciplinato dall’art. 5 del d.lgs. n.33 del 2013, e qui definito come ” una nuova forma di accesso ” , diversa cioè dal diritto di accesso previsto dagli artt. 22 e segg. della legge n. 241 del 1990.
L’art. 5 stabilisce infatti che ” L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nel caso in cui sia stata omessa la loro pubblicazione ” , svincolando cioè innanzitutto tale diritto all’accesso da requisiti soggettivi di legittimazione attiva.
Il decreto richiamato, anche detto ” decreto trasparenza ” , riorganizza la normativa esistente riguardante l’amministrazione aperta basata sui tre pilastri di trasparenza, partecipazione e collaborazione: esso stabilisce nuovi obblighi per la pubblica amministrazione in materia di pubblicità , trasparenza e diffusione delle informazioni, collegandoli di fatto al potere di cittadini ed enti di controllare che le pubbliche amministrazioni vi abbiano adempiuto. Nel caso in cui ciò non avvenga, infatti, esso prevede la possibilità  della richiesta di accesso civico che, secondo quanto disposto dall’art. 5 comma 1, ” non è sottoposta ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente, non deve essere motivata, è gratuita e va presentata al responsabile alla trasparenza dell’amministrazione obbligata alla pubblicazione di cui al comma 1 ” .
Tale istituto, che dunque supera la necessità  della motivazione e della prova dell’interesse ad agire, è previsto come strumento per la prevenzione della corruzione e per il controllo diffuso sull’operato dell’amministrazione, ma vuole anche e soprattutto rendere più semplice l’accesso alle informazioni per favorirne l’uso ed il riuso nell’ottica di una sempre maggiore collaborazione tra amministrazione e cittadini. Il lungo cammino verso la trasparenza, intesa come ” accessibilità  totale delle informazioni ” concernenti sia l’organizzazione che l’attività  delle pubbliche amministrazioni, mira a raggiungere grandi obiettivi cioè ad attuare il principio democratico di eguaglianza, imparzialità  e buon andamento, ma essa è soprattutto, in quanto sinonimo di totale apertura dell’amministrazione pubblica, ” condizione di garanzia delle libertà  individuali e collettive, nonché dei diritti civili, politici e sociali ” .
La sentenza fuga quindi ogni dubbio interpretativo circa le norme di non facile interpretazione che si sono susseguite nel tempo e conferma l’effettiva portata del significato e dei risvolti del concetto di trasparenza e della pubblicità  dei dati. In questa ottica l’accesso civico rappresenta forse il principale strumento di garanzia perché permette a chiunque di far valere il proprio diritto di potersi interfacciare, anche attraverso l’uso delle nuove tecnologie digitali come la richiesta della pubblicazione di dati e informazioni sui siti web istituzionali, con amministrazioni aperte e trasparenti al servizio del cittadino.

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