Come i social media ci aiutano a lavorare e a vivere bene in tempo di crisi

Questi servizi si definiscono collaborativi perché prevedono uno scambio tra pari, e digitali perché sono abilitati dalle nuove tecnologie

Esiste una fetta di popolazione che ha letto la parola crisi come una sola delle due facce della medaglia, al cui verso opposto è scritta, invece, la parola opportunità . Potremmo raccontare la resilienza, la tenacia e l’originalità  di chi in questi anni ha cercato, e ancora oggi lo sta facendo, proposte e risposte,  anziché limitarsi a protestare, con le parole di Hegel: ” Ogni negativo è insieme anche positivo ” .

Il mondo della sharing economy fa parte di questa storia di innovazione, rigenerazione e cambiamento dei nostri tempi, iniziata prima in contesti isolati, spesso attraverso iniziative episodiche, poi maturata e sviluppata attraverso un network di innovatori, siano essi utenti o fruitori e più spesso entrambi contemporaneamente, che sempre più sta diventando globale. Come spiega Mainieri ” Non c’era nessuna idea di voler cambiare il mondo dietro ai diversi servizi. Solo successivamente all’affermarsi di alcune di queste piattaforme, all’acuirsi della crisi […] queste piattaforme escono dalla loro dimensione individuale ed entrano a far parte di un movimento che condivide valori e un linguaggio comune ” . Ma sono i dati, in particolare, a fornirci la misura del fenomeno. Basti pensare che, secondo le stime di Collaboriamo.org, in Italia, Paese dove la sharing economy è approdata con qualche minuto ? di ritardo e non poche difficoltà , sono 138 le piattaforme che offrono tali servizi e il 13% degli italiani li ha già  usati almeno una volta. Uno dei dati più sorprendenti è, tuttavia, la diffusione del fenomeno, conosciuto dal 59% degli italiani, una cifra ben al di fuori dalla nicchia che fa presagire un futuro per l’economia collaborativa.

Cos’è la sharing economy? Le caratteristiche del modello e il ruolo della tecnologia

Una definizione univoca di sharing economy non è presente nel dibattito pubblico. Botsman e Rogers, che hanno portato alla ribalta questo nuovo modello socio-economico, parlano di consumo collaborativo nel loro celebre libro ” What’s Mine Is Yours: The Rise of Collaborative Consumption ” . Secondo Mainieri nella lettura presentata nel suo Collaboriamo!, si tratta, invece, di servizi collaborativi digitali poiché sono le piattaforme tecnologiche e i nuovi media a plasmare questo nuovo modello economico. Nella sua definizione ” per servizi collaborativi digitali si intendono quei servizi che mettono in contatto persone con persone attraverso piattaforme digitali (Internet, mobile, tablet e quant’altro) che permettono di condividere, scambiare o vendere direttamente prodotti, beni o competenze. Questi servizi si definiscono collaborativi perché prevedono uno scambio tra pari, e digitali perché sono abilitati dalle nuove tecnologie ” . Le piattaforme digitali costituiscono, dunque, l’ecosistema vitale entro cui nasce e si sviluppa il modello economico della sharing economy. Infatti le piattaforme di scambio sono l’elemento di novità  che distingue l’economia della collaborazione da altre forme di condivisione, anche del passato, come il baratto o i gruppi di acquisto. Tecnologia e social network, nell’analisi di Mainieri, giocano un ruolo fondamentale in questo tipo di innovazione per almeno tre motivi: hanno un effetto di amplificazione della condivisione, aprendo a uno scenario potenzialmente globale tale fenomeno; la tecnologia apre nuove e inedite opportunità ; la condivisione e la collaborazione diventano pratiche a portata di click!

L’economia collaborativa e la sussidiarietà  orizzontale. Quale possibile legame?

Una delle caratteristiche cardine della sharing economy è che questo modello socio-economico consente il passaggio dal possesso all’accesso al bene, attraverso collaborazione, condivisione e partecipazione. Ma anche fiducia, reciprocità  e responsabilità . Come sostiene Mainieri ” I servizi collaborativi digitali offrono tre generi di ricompense: economica, sociale e ambientale […] Tutti e tre questi benefici hanno un valore per il singolo individuo e un effetto positivo sulla collettività , e generano quell’individualismo collaborativo secondo cui l’interesse di ognuno corrisponde anche a quello della comunità  ” . I principi che reggono l’economia collaborativa sono dunque, anche se in un contesto strettamente economico e di ” mercato ” , in parte coincidenti con quelli che governano l’amministrazione condivisa dei beni comuni, come delineati dall’art. 3 del Regolamento per i beni comuni di Labsus e del comune di Bologna. La sensazione che si ha osservando le dinamiche attuali di innovazione economica, sociale, istituzionale e tecnologica, è di assistere ad una vera e propria rivoluzione copernicana dei rapporti sociali ed economici. Tale rivoluzione trova nella collaborazione la sua forza motrice e nella tecnologia ” la macchina a vapore ” . Il paradigma collaborativo sembra, infatti, iniziare a permeare tutto di sé e dilagare anche in contesti inaspettati, come il mondo della finanza e quello delle imprese, tradizionalmente volti al perseguimento del profitto in una logica di competizione.

 

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