Il business sociale al servizio della comunità 

Società  di capitali con responsabilità  limitata garantita da investitori o garanti, con speciali caratteristiche, create per le persone che vogliono condurre un business o altre attività  per il bene della comunità  e non per vantaggi del solo privato

E’ ovvio che anche il settore dell’associazionismo e della cooperazione sociale italiano è sviluppato sull’idea di essere al servizio delle persone e dei bisogni della società , il mio interesse però è rivolto ad analizzare come in UK si lavori più a stretto contatto con le realtà  locali, attraverso particolari forme di business.
Una premessa sul contesto britannico è sicuramente necessaria: nel Regno Unito le imprese sociali si sono sviluppate al seguito di una profonda riforma dello stato iniziata sotto i governi di Margareth Thatcher negli anni ’80 che hanno portato lo stato ad abbandonare gradualmente molte delle sue competenze a favore dello sviluppo del settore privato. Questo processo è proseguito nel corso degli anni fino ad oggi con l’agenda del Premier Cameron ” From the Big State to the Big Society ” .

Nel corso di questi anni, il rafforzamento del terzo settore, inteso come quell’insieme di organizzazioni che si pongono tra stato e mercato privato, ha portato al formarsi di nuovi tipi di business tra cui le imprese sociali. Certo questi cambiamenti sono ben noti anche in Italia, che è stata la prima in Europa ad approvare una legge sulla cooperazione sociale (381/91) e successivamente sulle imprese sociali (155/06).

L’impresa sociale nel Regno Unito

L’impresa sociale è di per sé una qualifica che può essere acquisita da diverse organizzazioni private. Ciò che ne definisce la valenza sociale è la natura del business che dev’essere guidato da chiari scopi sociali, con struttura e governance democratiche e rinvestimento dei profitti sulle attività  e nel patrimonio dell’organizzazione. Questi aspetti sono comuni sia nel nostro paese che nel Regno Unito, il di più che è stato fatto oltre Manica è l’approvazione di un’ulteriore forma di società , ovvero, le CICs.
Le intenzioni del legislatore furono di rispondere ad un quadro giuridico ancora troppo frammentato che non forniva forme adatte a coloro i quali fossero intenzionati ad operare nell’interesse delle comunità  locali. Il Regulator of CICs, l’organo nazionale di vigilanza sull’operato di queste organizzazioni le definisce in questo senso: ” Società  di capitali con responsabilità  limitata garantita da investitori o garanti, con speciali caratteristiche, create per le persone che vogliono condurre un business o altre attività  per il bene della comunità  e non per vantaggi del solo privato ” .
Il focus è quindi posto espressamente sul locale, il significato di comunità  può essere interpretato in diversi modi: popolazione di una specifica area, particolare gruppo sociale, etnico o religioso.

I fini che le organizzazioni si pongono sono di varia natura e possono essere:

– Tutela ambientale e riduzione dell’inquinamento.
– Salvaguardia del territorio e gestione di aree verdi.
– Servizi di supporto per re-inserimento lavorativo delle persone disoccupate.
– Gestione musei.
– Servizi per l’integrazione di persone immigrate.
– Lotta all’emarginazione delle minoranze etniche.
– Noleggio di attrezzature di vario tipo.
– Supporto dei progetti della comunità  locale.

In conclusione si può capire da questa prima descrizione che le CICs sono una particolare forma di impresa sociale, creata per saper leggere i bisogni locali e lavorare a stretto contatto con le comunità .
L’obiettivo di questo diario è di poter approfondirne la conoscenza attraverso vari esempi che possano essere d’ispirazione per il nostro paese al fine di poter ampliare il raggio di azione e migliorare le pratiche del privato sociale nella gestione della vita di comunità  e dei beni comuni.

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