Un'interpretazione estensiva del diritto di difesa dei beni paesistici

Le associazioni ambientaliste hanno un eccezionale diritto di difendere interessi paesistico-culturali

La sentenza

Pur non essendo intervenute nel primo grado di giudizio, alcune associazioni ambientaliste avevano presentato appello contro una sentenza del T.a.r. Liguria in cui i giudici avevano negato l’adozione di misure cautelari per scongiurare l’eradicazione di un antico filare di pini marittimi situato in una piazza oggetto di riqualificazione architettonica.
Il tribunale di primo grado aveva accolto il ricorso contro la sospensione dei lavori di esecuzione del progetto – nelle more della valutazione dell’interesse culturale degli alberi – ritenendo che la presenza di una regolare autorizzazione, rilasciata dalla Soprintendenza ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 42/2004, non lasciasse margini di intervento. La Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici della Liguria aveva infatti precedentemente valutato gli alberi come elementi di alterazione del progetto originale della piazza, ritenendo che fossero stati piantati solo in un secondo momento.
Contro detta sentenza alcune associazioni ambientaliste decidevano comunque di presentare ricorso argomentando che i pini, poiché presenti nella piazza da più di settant’anni, sarebbero stati da considerare in ogni caso di interesse culturale sulla base dell’art. 12 del d.lgs. n. 42/2004.

Il commento

L’aspetto più interessante della decisione è che la sez. VI del Consiglio di Stato ha ritenuto ammissibile il ricorso e ha applicato la speciale legittimazione ad appellare prevista dall’art. 146, c. 12, del d.lgs. n. 42/2004. Per il collegio giudicante è impossibile distinguere tra le diverse ipotesi di autorizzazione paesaggistica previste dal codice, inclusa quella di cui all’art. 21: per esse non sussiste dunque alcuna differenza in punto di disciplina processuale.
Quando il giudizio amministrativo ha per oggetto una autorizzazione paesaggistica, la facoltà  di proporre appello delle associazioni ambientaliste – pur nel caso di mancata partecipazione al giudizio di primo grado – risulta in effetti giustificata dal pericolo che, altrimenti, l’autorizzazione riconosciuta legittima dal giudice di primo grado possa divenire definitiva. La ratio è dunque di evitare che si realizzi la concreta possibilità  di porre in essere, nell’immediato, interventi anche irreversibili ed irrimediabilmente pregiudizievoli per i valori paesaggistici (in tal senso si veda anche l’Adunanza plenaria n. 1 del 2007).
Certamente degna di nota è l’interpretazione fortemente estensiva delle previsioni concernenti la legittimazione a proporre appello in materia di beni culturali. Il riconoscimento alle associazioni ambientaliste del diritto di difendere, anche a condizioni eccezionali, un interesse generale che rischia di essere compromesso da una erronea valutazione dei fatti da parte dell’amministrazione competente è un implicito richiamo al principio di sussidiarietà  orizzontale custodito dall’art. 118, ultimo comma, della nostra costituzione.
Per quanto non ne abbia poi accolto le ragioni, anziché negare la possibilità  alle associazioni di ricorre in secondo grado, il giudice ha voluto che esse fossero invece parti nel processo, consentendo loro di esporre in contraddittorio le proprie ragioni. Ma ciò che più rileva è lo scopo per il quale tale legittimazione viene riconosciuta: la estrema difesa di interessi dell’ambiente o del paesaggio intesi – secondo le argomentazioni dalla corte – quali beni comuni.

LEGGI ANCHE: