Raccolta fondi e welfare di prossimità . Fundraising e people raising per le professioni del sociale

Il fundraiser quindi tramite la comunicazione mette in comune e condivide il valore intrinseco dell ' organizzazione non profit. Si fa creatore di reti e relazioni e mette in comune il capitale non monetario dell ' organizzazione non profit per consentirle di raggiungere la propria missione sociale

Il volume è una vera e propria cassetta degli attrezzi per chi vuole fare fundraising e people raising per le organizzazione del non profit. Il testo è stato scritto a più mani da un gruppo di studiosi ed esperti: Luciano Zanin appunto, insieme a Michela Zaffonato, Davide Moro, Laura Lagli, Paolo Duranti, Bernardino Casedei e Martina Visentin. Questo manuale del fundraiser nasce nell’ambito del LISES – Laboratorio per l’Inclusione e lo Sviluppo Educativo e Sociale, la collana diretta da Vincenzo Salerno che fa capo al Corso di Laurea triennale in Scienze dell’Educazione – Educatore Sociale dello IUSVE (Istituto Universitario Salesiano Venezia). L’obiettivo del LISES è quello di studiare e analizzare il mondo del terzo settore fornendo anche gli strumenti necessari al non profit per affrontare al meglio le sfide e i cambiamenti sociali ed economici in corso. E per questo motivo arriva un intero volume dedicato al fundraising e people raising, ossia alla raccolta di fondi e alla mobilitazione di volontari, che possano supportare l’attività  dell’organizzazione non profit per il raggiungimento della propria missione sociale. Si tratta di uno degli aspetti che molto spesso vengono ignorati o poco curati all’interno delle numerose attività  portate avanti dalle organizzazioni non profit, ma che rappresenterà  sempre di più un fattore strategico e di sostenibilità  nel lungo periodo. Infatti la diminuzione delle risorse pubbliche sta spingendo le organizzazioni non profit a dover immaginare nuovi modelli e servizi che possano consentire di creare una nuova relazione con i propri donatori, sostenitori e destinatari. Gli autori ricordano infatti che la prima regola del fundraising è ” le persone donano a persone per aiutare persone ” . Questa visione fortemente umanista è forse l’aspetto più interessante del volume, che tiene sempre ben in mente al lettore che oltre a tecniche e strategie, il centro dell’attività  del fundraising è la relazione.

Il community fundraiser

Gli autori propongono un nuovo approccio alla figura del fundraiser. Esso non deve essere soltanto un esperto di marketing che applica sterilmente le tecniche e le strategie convenzionali. L’aspetto più importante, soprattutto per le organizzazioni non profit che hanno una missione sociale da compiere, è che il fundraiser deve essere un vero e proprio acceleratore di processi innovativi di organizzazioni e sistemi. A questo si ricollega tutto il fenomeno dell’innovazione sociale, ossia della creazione di ” nuove idee (prodotti, servizi e modelli) che rispondono a bisogni sociali e creano nuove relazioni e collaborazioni. In altre parole, innovazioni che sono ‘buone’ per la società  ma che allo stesso tempo migliorano la capacità  di agire della società  ” (Murray et al. 2010). Le organizzazioni non profit hanno al loro interno un enorme capitale non monetario, che è il capitale sociale e relazionale, una risorsa scarsamente disponibile nella nostra società  e di cui tutti vanno alla ricerca. Come giustamente fanno notare gli autori, la stessa pubblicità  ormai non mira più a vendere solo un prodotto, bensìun’emozione, una relazione, un senso di identità . Le organizzazioni non profit sono ricche di tutto questo, devono solo saperlo comunicare. La comunicazione, dal latino cum (insieme) e munis (ufficio) significa propriamente ” comune ” e ” condiviso ” . Il fundraiser quindi tramite la comunicazione mette in comune e condivide il valore intrinseco dell’organizzazione non profit. Si fa creatore di reti e relazioni e mette in comune il capitale non monetario dell’organizzazione non profit per consentirle di raggiungere la propria missione sociale. Tutto questo è possibile grazie allo speciale legame che si crea tra il donatore che ha un bisogno/desiderio di donare e il beneficiario che ha invece bisogno di aiuto per cambiare la propria situazione. Gli autori mettono in evidenza come l’attività  di fundraising sia da affrontare in maniera molto professionale e con le adeguate risorse in termini di competenze professionali dedicate. Nonostante questo, visto anche il panorama italiano composto perlopiù da piccole e piccolissime organizzazioni, ogni presidente di associazione o dirigente di cooperativa sociale dovrebbe avere un bagaglio di conoscenze sulle principali strategie di fundraising, sulle tecniche maggiormente utilizzate e le norme che ne regolano il funzionamento in Italia. Gli autori invitano ad immaginare un futuro nel quale le organizzazioni non profit, superati i pregiudizi molto spesso dannosi nei confronti del denaro, possano serenamente praticare il fundraising in questa nuova accezione, creando reti e relazioni, avviando collaborazioni a livello locale, e vivendo il territorio come una risorsa comune, con l’obiettivo di aiutare e sostenere i più deboli, nell’ottica di fare impresa sociale seguendo i principi della sussidiarietà  orizzontale.

LEGGI ANCHE: