Festa al parco dell'Acquasola per favorire l'incontro e il dialogo tra residenti e migranti

"Il gruppo è un comitato di quartiere, ad aderire sono i singoli cittadini, in primis chi vive o lavora nella via o nelle sue vicinanze. Il bello è aver creato una rete locale di solidarietà  che rimarrà  anche quando questa 'emergenza' sarà  passata"

11713753_1607596222851844_4225518531532940900_oGenova si stringe intorno ai migranti  di via Caffaro che da diverse settimane sono ospitati nell’ex casa di riposo di Via Caffaro al civico 10 che è dismessa da anni e in cui sono stati allestiti brandine e un presidio medico della Croce Rossa.
Il loro arrivo non era passato sotto silenzio nella palazzina di nove  piani che ospita 75 appartamenti ma, dopo le prime polemiche, in tanti hanno risposto all’appello del Comitato “Via Caffaro, via che accoglie” per una raccolta di scarpe, vestiti e prodotti per l’igiene personale destinati ai 71 rifugiati e richiedenti asilo.
Tra le tante associazioni che si sono mobilitate a   sostegno dei migranti  anche il Comitato per gli Immigrati e contro ogni forma di discriminazione che in una nota della presidente Aleksandra Matikj invita i liguri a segnalare atteggiamenti di stampo razzista o nazionalista per avere anche un   supporto sindacale.  

La festa

11224359_1607843902827076_5992868063838125229_nFocaccia semplice e con le cipolle, torte fatte in casa, ciliegie, uva e albicocche, inglese, africano e italiano si mescolano sui tavolini dell’Acquasola in una domenica pomeriggio afosa, ma piena di speranza: comitati e associazioni hanno organizzato una festa di accoglienza per i migranti ospitati nella struttura di via Caffaro e adottati dal quartiere. Erano 95, adesso sono 70. “I profughi sono arrivati il 26 giugno – racconta Susanna Neuhold, che ha dato vita al comitato cittadino – in pochi giorni sono comparsi i volantini di protesta nei portoni, il mercoledìsuccessivo ho aperto la pagina facebook intitolata ‘Via Caffaro, via che accoglie‘ e ho attaccato dieci volantini nella via, in pochi giorni siamo stati sommersi da offerte di aiuto e di solidarietà “.

Sono arrivati cosìpacchi di vestiti e di asciugamani, perchè nella struttura, di proprietà  dell’Inps e data in carico alla Croce Rossa, mancava di tutto. “La Croce Rossa ha fatto quel che poteva – racconta Pablo, dell’associazione anti-razzista 3 febbraio – ma tanti sono arrivati senza scarpe, e c’erano solo le ciabatte di plastica, in compenso gli abiti che avevano erano tutti invernali, cosìson stati distribuiti maglioni e felpe, con 36 gradi fuori diversi migranti hanno iniziato a circolare a torso nudo e subito c’è stata la rivolta da una parte degli abitanti vicini che hanno gridato allo scandalo, ma il problema è che questi ragazzi non avevano proprio niente. Alla fine le cose basta conoscerle davvero per superare tanti problemi. E la voglia di aiutare c’è, la nostra associazione segue tanti senegalesi e pakistani senza permesso di soggiorno, che vivono in modo precario, eppure sono stati i primi ad arrivare con pacchi di vestiti da offrire a questi profughi”.

La pagina facebook

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La pagina dacebook di ” Via Caffaro, via che accoglie ” conta più di 1000 iscritti e ha promosso per domenica 12 luglio, al parco dell’Acquasola, una vera e propria cena di benvenuto, aperta  a tutti, per condividere storie e racconti, confrontarsi e conoscersi intorno alla stessa tavola.
Questo strumento è utilizzato dall’associazione per spiegare, in tono pacato, che non si cerca lo scontro “ma il dialogo con chi vede una minaccia o un problema questa tranquilla presenza”.
E gli aiuti sono arrivati anche da fonti inaspettate, Mustafà , l’Imam della moschea di Prè, ha raccolto abiti, soldi e medicine nella sua comunità  e li ha portati. Non è una questione di religione, perchè i musulmani tra  gli immigrati di via Caffaro sono solo quattro, gli altri sono per la maggioranza cristiani, provengono infatti essenzialmente dal centro Africa, “sono persone che hanno bisogno – dice Mustafà  – e le nostre porte sono aperte a tutti”. La festa all’Acquasola è un altro piccolo momento di questo dialogo avviato per superare le barriere, il prossimo passo sono le lezioni di italiano, le offrirà  l’associazione “Semiforesti” alla biblioteca De Amicis.

Intervista al Comitato di quartiere Via Caffaro, via che accoglie

Da chi è stata promossa e come è stata organizzata questa iniziativa?
Il “comitato di quartiere” nasce come reazione spontanea di alcuni di noi, abitanti o lavoratori della via, alle rimostranze di altri abitanti che si dichiaravano contrari all’arrivo delle persone migranti in una ex casa di riposo di proprietà  INPS adibita d’emergenza alla loro ospitalità  e minacciavano azioni di vario titolo (azioni legali, blocchi stradali..). Cominciavano a comparire articoli sui giornali in cui non ci sentivamo rappresentati e abbiamo allora attaccato una decina di volantini nella via e creato una pagina facebook per far sentire anche l’altra voce di via Caffaro. Questa iniziativa ha avuto subito una grande risposta in termini di adesioni e sostegno.

Quali sono le associazioni e le organizzazioni coinvolte?
Il gruppo è proprio un comitato di quartiere, ad aderire sono i singoli cittadini, in primis chi vive o lavora nella via o nelle sue vicinanze, ma abbiamo ricevuto attestazioni di sostegno e offerte di aiuto da tutta Genova e anche da altre città  italiane. Crediamo che sia questo il bello di questa iniziativa: aver creato una rete locale di solidarietà  che rimarrà  anche quando questa “emergenza” sarà  passata.
Oltre ai privati cittadini, abbiamo ricevuto il sostegno da alcune attività  della via e da diverse associazioni del territorio che si occupano dei problemi delle persone migranti, in particolare le Associazioni 3 febbraio,  Semi Foresti  e la Comunità  di Sant’Egidio, che ha una casa famiglia per anziani proprio in via Caffaro.

La pagina facebook è stata usata per promuovere esempi di solidarietà ? Ha funzionato? Come è stata gestita?
La pagina è servita tantissimo a dare visibilità  alla nostra iniziativa ed alla situazione degli ospiti del centro. Sono arrivati tantissimi aiuti (vestiti, libri, anche piccole donazioni per far telefonare a casa gli ospiti del centro – alcuni di loro non sentivano da settimane le famiglie – e offerte di volontari, soprattutto per organizzare piccoli corsi di italiano, in attesa che la gestione del centro si strutturasse con analoghi servizi). Grazie alla disponibilità  della Croce Rossa, che ci ha sempre tenuto al corrente delle necessità  e dei bisogni degli ospiti, abbiamo potuto coordinare e indirizzare al meglio le offerte di aiuto, spiegando esattamente cosa serviva e quando.
Abbiamo sempre invitato ad andare direttamente al centro, non prevedendo un punto di raccolta a parte, in modo da promuovere la conoscenza con gli ospiti e gli operatori del centro.
Creare relazioni è stato fondamentale.
Facebook è stato utilissimo anche in qualità  di osservatorio privilegiato della situazione, presidio e stimolo anche verso le istituzioni, e per diffondere informazioni corrette e non dicerie sul centro e i suoi ospiti. In ultimo, ci permette di diffondere un modello di convivenza pratico, che sta funzionando.

Dall’articolo emerge il fatto che la cittadinanza fosse abbastanza divisa tra chi era restio e chi invece si è subito mobilitato per dare una mano, come sono stati gestiti i rapporti con quella parte dei cittadini più avversa alla questione migranti?
Subito dopo esserci “ritrovati” all’interno del nostro comitato di quartiere, ci siamo resi conto che la funzione del nostro gruppo poteva essere non tanto quella di contrapposizione quanto piuttosto quella di facilitare la convivenza fungendo da tramite tra residenti, ospiti, istituzioni e associazioni del territorio.
Abbiamo cercato di smorzare i toni e di porci in maniera pacata al dialogo ed all’ascolto verso chi si dichiarava contrario. Questo ha sicuramente permesso di allentare la tensione da entrambe le parti. La forza del comitato sta sicuramente nell’ampio sostegno ricevuto dalla cittadinanza, ma anche nel nostro pragmatismo al di là  di ogni ideologia. Il nostro non è buonismo, ci siamo trovati di fronte ad una accoglienza che era comunque inevitabile. E allora, invece di sprecare energie in contrapposizioni o proteste, proponiamo di confrontarci con i dati reali (e non con quelli percepiti), con singole persone e non numeri, e cerchiamo di dare il nostro piccolo contributo sul territorio.  

La cena/festa ha, a vostro avviso, favorito l’integrazione tra cittadini e migranti? Quante persone hanno partecipato tra cittadini, migranti e volontari?
Il nostro primo incontro, cui hanno partecipato circa 50 ospiti del centro e una trentina di genovesi, è stato importante per conoscerci fra di noi e con le persone ospiti del centro e dare loro le prime informazioni (ha partecipato anche l’avvocato Ballerini esperta in materia offrendo gratuitamente informazioni sugli aspetti legali della richiesta di asilo). Vogliamo ripetere questa iniziativa cercando di coinvolgere il più possibile la cittadinanza e far sentire persone e non numeri chi è oggi ospitato nel centro di accoglienza. E’ anche un’occasione per vivere e far conoscere le meraviglie della città  in cui viviamo, come i parchi cittadini.  

L’amministrazione comunale è stata coinvolta o è intervenuta in qualche modo?
Era presente anche l’assessora del comune di Fracassi, che si è impegnata a coinvolgere anche questa istituzione nel percorso di convivenza avviato. Il Comune, pur non essendo direttamente responsabile della gestione dell’accoglienza, ci ha coinvolto fin da subito come interlocutore e rappresentanza del territorio, insieme alla CRI e ad altre associazioni locali, e si è proposto di organizzare delle attività  di utilità  sociale per gli ospiti che avranno piacere ad aderire. Siamo certi saranno tanti quelli che lo faranno.  

Foto tratte dalla pagina Facebook:  “Comitato via Caffaro, via che accoglie”  

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