L'esperienza dei lavoratori argentini che si riappropriano della dignità  del proprio lavoro

Occupa, resiste, produce è il motto di migliaia di operai argentini che hanno deciso di occuparsi in prima persona di qualcosa che li riguarda da vicino: il lavoro

The Take è la risposta di Klein alla domanda che le viene spesso posta: esiste un alternativa al capitalismo? La risposta fornita in questo documentario è sì, e la si argomenta scegliendo in maniera emblematica il caso argentino, paese che come definito dall’autrice stessa non è povero bensìè stato reso povero da una fallimentare politica neoliberale che ha portato l’Argentina dall’essere la punta di diamante del Fondo Monetario Internazionale al suo collasso, ed i suoi abitanti dall’essere il ceto medio più benestante dell’America Latina alla soglia di povertà .

Tre anni dopo gli scontri in Plaza de Mayo a Buenos Aires e con lo sfondo la lotta per la presidenza tra l’ex presidente Menem e colui che poi vincerà  le lezioni Kirchner, Klein e la sua troupe raccontano le vicende di un gruppo di lavoratori della Forja San Martà­n, fabbrica meccanica chiusa e abbandonata a causa della crisi economica e della mala gestione, che decidono di riappropriarsi della dignità  del proprio lavoro occupando la fabbrica e portando avanti autonomamente la produzione.

Nel corso del documentario assistiamo dunque alla lotta degli operai della fabbrica attraverso uno dei suoi rappresentanti e ne seguiamo le vicende personali nonché le lotte organizzative e politiche. Grazie ad un registro molto naturale, che commuove senza scadere nella facile trappola del sentimentalismo, entriamo dunque in casa di Freddy Espinoza. Una casa in cui quotidianamente si deve scegliere se pagare i debiti o occuparsi delle due figlie piccole e dove, nonostante la scelta risulti scontata, si  aspira ad una stabilità  in cui non ci si debba porre un simile problema.
Gli operai della Forja San Martà­n, ognuno con la propria storia, facendosi portatori non di un’ideologia in senso lato ma diventando semplici rappresentanti di un’alternativa concreta per il proprio benessere e la propria autorealizzazione, affrontano una complicata battaglia legale per poter beneficiare dell’espropriazione che gli consentirebbe di riprendere la produzione. Il caso presentato non è isolato, al contrario, centinaia di imprese argentine hanno intrapreso lo stesso percorso verso un autogestione condivisa e responsabile riunite nel Movimiento Nacional de Empresas Recuperadas, un movimento che racchiude centinaia di casi di imprese occupate e recuperate. Il loro motto è semplice ed efficace:  occupare, resistere, produrre. I differenti casi raccontati hanno tutti la stessa origine, gli operai trovandosi disoccupati, con fabbriche chiuse e senza alternative lavorative decidono di riunirsi in cooperative autogestite portando avanti la produzione in contesti in cui i processi amministrativi e decisionali vengono presi seguendo meccanismi di democrazia partecipativa in cui ogni voto ha la stessa importanza ed in cui il dibattito è di fondamentale importanza.

Altro caso pioniere nel Movimiento, presentato in The Take è quello della fabbrica di ceramica Zanà³n, occupata da anni dai propri operai e sopravvissuta a diversi tentativi di sgombero grazie soprattutto all’appoggio e il favore della comunità  che assiste quotidianamente alla differenza tra la precedente gestione, rappresentata in modo piuttosto macchiettistico attraverso un’intervista al formale proprietario della fabbrica, e l’attuale autogestione degli operai che al motto di ” Zanà³n è della gente ” è riuscita a proporre un modello di sviluppo funzionale non solo agli stessi operai ma alla comunità  intera.

Il documentario The Take propone spunti di riflessione e soprattutto esempi di come si possa trovare una risposta funzionale, concreta e nata dal basso alle conseguenze reali e quotidiane dell’applicazione di determinate politiche neoliberali. Attraverso processi partecipativi orizzontali e basati su principi di solidarietà  e uguaglianza migliaia di operai argentini hanno saputo riscrivere il proprio destino e anche se tuttavia non c’è la pretesa di considerare tale pratiche la risposta universale ad ogni conflitto o situazione rappresentano una realtà  da tenere in considerazione.

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