Un movimento di libertà  culturale

Ostacolare le riproduzioni, opporsi alle straordinarie potenzialità  della fotografia digitale, tassare la ricerca vuol dire soffocarla e mercificarla

L’articolo 107 del Codice dei beni culturali premette che vi è necessità  di munirsi di un’autorizzazione dell’autorità  competente per poter procedere alla riproduzione di un bene culturale; l’articolo 108, nel suo testo originale, rincara la dose, prevedendo corrispettivi legati alla riproduzione dei beni culturali, il che significa che l’utente, lungi dall’essere agevolato verso la strada della conoscenza, deve pagare per poter riprodurre un bene culturale: sono fatte salve le riproduzioni richieste per uso personale, per motivi di studio o per finalità  di valorizzazione.

Un’importante novità  viene introdotta con il decreto legge ” Art Bonus ” (d.l. 83/2014), che finalmente ha autorizzato la libera riproduzione di qualsiasi bene culturale: gioia effimera per i frequentatori di biblioteche ed archivi, perché, in sede di conversione del medesimo decreto in legge, arriva la doccia gelata nella forma di un emendamento restrittivo che esclude dalla libera riproduzione i beni archivistici e bibliografici, per i quali si ritorna al vecchio regime di richieste di permessi e tariffe. La discrasia che si viene a creare tra il trattamento riservato ai beni bibliografici ed archivistici e gli altri beni classificati come culturali appare pretenziosa ed ingiustificata. Altrove, lo sforzo attuato dagli istituti culturali volge proprio nel senso inverso, ossia nel rendere a portata di tutti anche questa tipologia di beni: basti pensare che la New York Public Library ha messo a disposizione del pubblico, utilizzando licenze libere anche per il lucro, un archivio in versione digitale di 180 mila documenti tra mappe, manifesti, manoscritti, spartiti, disegni, fotografie, lettere, testi antichi!

Come si sa, peggio ancora che non avere un diritto è l’averlo assaporato per troppo poco, vedendoselo sottratto ingiustificatamente ed arbitrariamente. Al fine di recuperare il valore sostanziale e costituzionalmente ispirato di un libero accesso alla cultura, un gruppo di studiosi ha sostenuto la necessità  di rivedere l’emendamento restrittivo per ripristinare lo spirito originario del decreto ” Art Bonus ” , cosìda agevolare al massimo la ricerca scientifica condotta ogni giorno da centinaia di ricercatori e professionisti dei beni culturali. L’obiettivo è quello di arrivare ad una definitiva liberalizzazione di riproduzioni delle fonti storico-documentarie normalmente disponibili alla libera consultazione in archivi e biblioteche, riproduzione da attuarsi tramite dispositivi quali fotocamere o smartphone personali nel pieno rispetto delle norme a tutela di privacy e diritto d’autore. Per sensibilizzare l’opinione pubblica, è sorto un movimento denominato ” Fotografie libere per i beni culturali ” , che ha raccolto fin dall’origine numerose adesioni.

“Il Movimento” dice Mirco Modolo, ricercatore di Archeologia presso l’Università  di Roma Tre e fondatore del Movimento, “sostiene l’esigenza di rendere libere le riproduzioni, cioè gratuite e svincolate da autorizzazione preventiva. L’obiettivo è modificare l’articolo 108 facendo venir meno la formula di esclusione dei beni bibliografici e archivistici, attualmente presente. Un altro nodo di dibattito è quello delle immagini da pubblicare in sede scientifica, sottoposte alle previsioni di una circolare del 2005 che prevede la pubblicazione gratuita sotto le 2000 copie ed i 77 euro di prezzo di copertina: si tratta però di una circolare ministeriale, mentre per gli enti locali vige il far west con prezzi da capogiro”.

Il Movimento ha sviluppato una proposta di modifica dell’articolo 108 per estendere nuovamente la libera riproduzione alle fonti documentarie conservate in archivi e biblioteche e per smussare le ambiguità  dell’attuale testo normativo. Sul solco delle linee guida culturali espresse dal decreto ” Art Bonus ” , il Movimento richiede di rendere libere le riproduzioni di beni archivistici e bibliografici con mezzo proprio: libere cioè da autorizzazione preventiva per attività  non lucrative (studio, ricerca, pubblicazioni scientifiche non a scopo di lucro), libere dal pagamento di corrispettivi di riproduzione per l’utilizzo del mezzo proprio (salvo il rimborso delle spese sostenute dall’amministrazione nel caso in cui l’utente decida di ricorrere ad un servizio esterno di riproduzione) e libere infine dal pagamento di canone d’uso per attività  di studio e pubblicazioni scientifiche non a scopo di lucro. La proposta è spiegata ed illustrata all’interno della pagina web del Movimento: a tale appello hanno aderito non solo numerosi addetti del settore, ma anche personaggi noti del mondo della cultura e del diritto (tra gli altri, Umberto Eco, Salvatore Settis, Gregorio Arena, Massimo Bray, Massimo Cacciari, Andrea Carandini, Stefano Rodotà …) e migliaia di individui comuni che hanno riconosciuto l’importanza di questa iniziativa.

Simile proposta, fatta vibrare mediante i mezzi di comunicazione, ha destato attenzione e raggiunto le sedi parlamentari e governative. Colà , dove si puote ciò che si vuole, si è aperto, pur tra mille titubanze, uno spiraglio per intraprendere una modifica dell’attuale testo dell’articolo 108.

Grazie all’attività  di sensibilizzazione del Movimento, il 12 maggio 2015 è stata presentata una interrogazione parlamentare rivolta al Ministro Franceschini per chiedere di estendere nuovamente la libera riproduzione alle fonti documentarie conservate in archivi e biblioteche. Alla interrogazione hanno fatto seguito ben due disegni di legge che propongono di modificare il Codice dei Beni Culturali nella parte in cui disciplina la riproduzione dei beni culturali secondo lo spirito del Movimento: un disegno di legge è stato depositato alla Camera dei Deputati il 5 agosto, l’altro al Senato il 10 settembre. Entrambi prevedono la gratuità  della riproduzione con mezzo proprio di beni bibliografici e archivistici per finalità  di ricerca nel rispetto delle norme poste a tutela del diritto di autore e privacy, con facilitazioni per gli studiosi nella pubblicazione di immagini di beni culturali in edizioni a stampa scientifiche ed educative a tiratura limitata. In data 12 ottobre, il Consiglio Superiore per i Beni culturali e paesaggistici ha approvato una mozione in cui si chiede di garantire agli utenti la gratuità  delle riproduzioni di documenti effettuate con mezzi propri. Infine, il 10 dicembre lo stesso ministero, attraverso il Sottosegretario Mibact Ilaria Borletti Buitoni, nel rispondere all’interrogazione parlamentare, ha confermato la volontà  dell’Esecutivo di apportare la modifica richiesta, in modo da introdurre specifiche ipotesi di liberalizzazione in materia di riproduzione dei beni culturali, ulteriori rispetto a quelle già  previste, per garantire la libera riproduzione anche dei beni bibliografici ed archivistici. Il sottosegretario ha evidenziato la necessità  di includere anche il patrimonio archivistico e librario nell’ambito della liberalizzazione, riconoscendo che, al riguardo, sono sorti diversi movimenti della società  civile e accademici, doverosamente ascoltati dall’amministrazione, che hanno evidenziato il ritardo dell’Italia rispetto a quanto avviene in altri Paesi europei.

“Il tema della libera ricerca si incrocia con quello del libero riutilizzo dell’immagine dei beni culturali e della documentazione scientifica detenuta dall’amministrazione pubblica. Oltre alle sacrosante prerogative di tutela e valorizzazione” auspica Mirco Modolo, “c’è da augurarsi che l’amministrazione possa operare anche per dilatare sempre di più gli spazi della ricerca, concedendo a chiunque dati e strumenti, sia esso un funzionario, un ricercatore, un libero professionista o un semplice appassionato: una sfida di democrazia della cultura, che auspichiamo possa essere fatta propria dal ministero, perché alla tutela si affianchi anche, con pari dignità , la valorizzazione della ricerca attraverso accesso aperto, libera circolazione e condivisione dei dati”.

I prossimi tempi diranno se quanto è stato seminato avrà  prodotto frutti concreti: la tanto auspicata modifica dell’articolo 108 potrebbe anche magicamente spuntar fuori dal cilindro del legislatore in uno dei testi normativi attualmente in elaborazione. Pare mancare davvero poco al raggiungimento di un obiettivo tanto elementare quanto osteggiato tra mille pregiudizi. Nel frattempo, tramite i consensi raccolti, si è riscontrata lieta conferma del desiderio di accesso alla cultura in gran parte della popolazione, confermando quanto assodato non solo dall’articolo 9 della nostra Costituzione, ma anche dal buonsenso: la cultura deve essere a disposizione di tutti, poiché il bene culturale non è soltanto l’opera d’arte, ma è l’insieme delle testimonianze di una civiltà , la cui conoscenza ci è necessaria per capire com’eravamo, chi siamo e cosa stiamo diventando. Da decenni, ormai, appare evidente l’assurdità  di una concezione autoreferenziale della cultura e concetti come ” promozione ” , ” valorizzazione ” , ” fruizione ” sono principi ispiratori dell’intero settore dei beni culturali. Se questi sono i presupposti, ci si aspetta il massimo impegno da parte della Pubblica Amministrazione a diffondere la conoscenza dei beni culturali posti sotto la propria tutela.