La Corte dei Conti assolve i dirigenti comunali che non avevano sfrattato le associazioni assegnatarie di beni del Comune per fini sociali e culturali.

E’  di ieri la sentenza 77/2017 della Corte de Conti del Lazio  (il nostro commento) che dà  una svolta decisiva a quella che a Roma ha preso il nome di “Guerra dei Commons”, cominciata nell’aprile del 2015 con l’approvazione della delibera 140 che definiva le “linee guida per il riordino del patrimonio indisponibile in concessione“. Un provvedimento approvato dalla giunta Marino che serviva a migliorare la gestione del patrimonio indisponibile capitolino e che ha avuto come principale conseguenza quella di mettere alla porta moltissime realtà  cittadine con l’accusa di “danno erariale”.

La Corte dei Conti smentisce cosìil suo Procuratore e riconosce le finalità  sociali e culturali di questi spazi che legittimano il pagamento di un canone ridotto al 20% del prezzo di mercato, poiché “la scadenza del termine senza che fosse intervenuta la concessione definitiva o senza che la stessa fosse stata rinnovata, non cambiava la natura del bene e la sua utilizzabilità  alle stesse condizioni agevolate attuate con il provvedimento originario con conseguente impossibilità  di praticare, per esso, un prezzo di mercato.”  

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