An Urban LAb in Mottola in order to build networks and (re)generate an abandoned building and its surrounding

Nel corso dell’anno i gestori e gli utenti si sono scontrati con gioie e dolori del fare impresa sociale. Uno spazio che da chiuso è diventato aperto nel vero senso della parola. I primi segni del cambiamento sono stati dettati dal colore dato alla struttura: un portone azzurro pervinca con un battiporta dorato aperto tutta la giornata, proprio per permettere a tutti di entrare senza chiedere il permesso. Il secondo passo, interno, far sentire a casa tutti gli utenti rendendo lo spazio confortevole. Un altro passo ancora, nuovamente esterno, l’apertura soprattutto con il vicinato. Sotto lo sguardo indagatore, i gestori hanno cominciato ad augurare ogni giorno un ” buongiorno! ” e a farsi conoscere, per creare un clima amichevole e per dare una vera e propria sferzate di amore a tutti.

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Considerati dei folli, ” quelli del LabUM ” hanno invaso di palloncini rossi a forma di cuore la piazzetta antistante l’immobile attaccandoli ovunque (siepe, alberi, panchine), da regalare al paese come segno d’amore nel giorno degli innamorati. Un buongiorno diverso, strano ma molto apprezzato. E se le immancabili voci di paese dicono che si tratta di uno spazio chiuso, aperto solo a pochi, loro non si fanno abbattere anzi vanno avanti decidendo di condividere con tutti il momento più importante ed intimo della giornata: sveglia presto, forza di volontà  e forza fisica, fuori tavoli e sedie, apparecchiati a modo, in collaborazione con i bar della zona, organizzano e preparano la colazione da consumare insieme all’aperto.

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Piccoli gesti che hanno però conquistato il vicinato, facendolo sentire parte integrante della struttura tanto da vigilare su di essa. Cose semplici che hanno raggiunto al cuore la gente che ha iniziato ad avvicinarsi e a varcare la soglia di quel portone pervinca anche solo per dare un’occhiata e chiedere ” cosa state organizzando? ” . Un continuo work in progress che inizia a ricevere dall’esterno feedback positivi e partecipativi che deve al momento fare i conti con gli spazi interni limitati. Tra i sogni dei folli ci sono anche la realizzazione di una birreria/caffè letterario e di una residenza artistica non appena la burocrazia scioglierà  i suoi ultimi piccoli nodi.

La follia è l’elemento che li accomuna e che li guida in ogni passo, a costo zero. Credendo fortemente nelle potenzialità  sociali e comunitarie che un laboratorio urbano in un piccolo paese senza luoghi di aggregazione giovanile (e non) potrebbe offrire. Loro guardano a modelli già  affermati sul territorio e non si scoraggiano. Il ” fare rete ” è la loro filosofia di vita, e organizzano una serie di incontri tematici per realizzare i vari progetti rigorosamente abbozzati su fogli di carta e trovano nel Labsus (Laboratorio di Sussidiarietà ) l’ideale compagno d’avventura sul tema della sostenibilità  e della rigenerazione urbana. L’obiettivo è sempre lo stesso:  dare nuova vita agli spazi già  esistenti e che appartengono alla comunità , senza però stravolgere la storia e la natura dell’intera struttura.

E se per caso un giorno trovate il portone chiuso, date un’occhiata alla bacheca esterna: ci sarà  sicuramente un messaggio scritto a mano e attaccato con le puntine colorate.

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