Intervista doppia: le opinioni dell'assessore Mauro Platè, che ha promosso l'iter per l'adozione, e di Paola Merlini della cooperativa sociale Iride, che ha seguito il percorso sin dall'inizio

Un percorso sicuramente particolare è quello che ha intrapreso due anni fa la città di Cremona decidendo di sperimentare il modello dell’amministrazione condivisa. Nel 2015, infatti, la città lombarda ha aderito al progetto biennale di Labsus “Costruire comunità, liberare energie” finanziato dalla Fondazione Cariplo , che si è rivelato un bel trampolino di lancio per adottare il Regolamento per l’amministrazione condivisa dei beni comuni. E dopo la “fase di prova” protrattasi per ben due anni, durante la quale sono stati organizzati Laboratori civici – in collaborazione con Cisvol – per raccogliere eventuali proposte di patti di collaborazione, finalmente ora anche Cremona ha il suo Regolamento.
Per capire meglio cosa significhi un simile passo per Cremona, abbiamo deciso di intervistare l’assessore Mauro Platè e come referente per il Terzo settore la Dott.ssa Paola Merlini.

Assessore Platè, in cosa consiste, secondo lei, il valore aggiunto del Regolamento? Perché costituisce un’innovazione per il Comune di Cremona?

Per il Comune di Cremona l’adozione del Regolamento non solo costituisce un passo importante per l’individuazione e la promozione di forme chiare di partecipazione attiva, ma è uno strumento su cui provare a sperimentare un nuovo rapporto tra la cittadinanza e l‘amministrazione pubblica, rafforzando il dialogo tra questi soggetti ed innescando un processo di modifica nella percezione reciproca dei ruoli.
Infatti, offrire un quadro di riferimento centrato sul principio di sussidiarietà alle numerose iniziative promosse da cittadini impegnati nella cura e nella valorizzazione di un patrimonio comune consente sia di uniformare le forme di collaborazione sperimentate sul nostro territorio, stimolandone altre, sia di rafforzare l’idea che l’amministrazione comunale non svolga solo un compito regolatore ma anche di facilitazione delle attività dei cittadini e che, allo stesso tempo, i cittadini non siano solo portatori di opinioni, ma di proposte.
Per noi questo processo si inserisce strutturalmente nel lavoro di comunità finalizzato al rafforzamento del tessuto sociale e siamo convinti che lo stimolo alla cura e all’attivazione delle risorse locali sarà utile anche agli operatori sociali e ai servizi sociali che sono chiamati a coordinare, attraverso la progettazione territoriale, una rete di protezione delle situazioni di fragilità.

Anche Paola Merlini, portavoce del Terzo settore, sottolinea quanto il Regolamento possa favorire dialogo ed interazione tra istituzioni e cittadinanza organizzata in gruppi formali, non formali o come singoli.
Aggiunge inoltre: “Il valore aggiunto del regolamento consiste nella possibilità da parte dei cittadini di scegliere quali beni poter recuperare, rigenerare, per quali scopi, con quali possibilità e di quali beni di conseguenza poi farsi carico. E’ innovativo perché mette a sistema una modalità di lavoro che esiste da anni, nell’informalità dei legami e delle relazioni di microcomunità, dà visibilità all’impegno civico nelle sue diverse forme, lo rende riconoscibile all’esterno nel suo valore sociale e civico e crea apprendimenti di coesione sociale”.

Qual è stato il contributo apportato dai “Laboratori civici” nel costruire una cultura dell’amministrazione condivisa in particolar modo a Cremona, che rientrava fra i territori che non avevano ancora adottato il Regolamento?

Il contributo è duplice – sostiene Merlini – da un lato, è emerso nella fase di confronto sul senso di uno strumento come il Regolamento e su alcune parti contenutistiche dello stesso; dall’altro, sarà evidente nella seconda fase di vita del Regolamento, ossia post approvazione e quindi di promozione alla comunità. Il laboratorio civico, infatti, attivato in territori ben circoscritti e su questioni concrete, permette di dare voce ai possibili attori e di sperimentare in modo tangibile gli effetti del regolamento. È una sorta di banco di prova e di tenuta dei cittadini in questa nuova modalità di lavoro con l’ente locale.

Un punto di vista ampiamente condiviso dall’assessore Platè che, nel giudicare il Regolamento come un percorso istruttorio articolato che ha visto l’interesse della commissione consiliare e di diversi settori comunali e, soprattutto, il coinvolgimento di varie associazioni e di gruppi cittadini, fa notare quanto il contributo dei Laboratori condotti da Labsus sia stato determinate per costruire il processo e per affiancare al percorso amministrativo un percorso partecipativo.
“ I Laboratori civici – aggiunge Platè – sono stati quindi un’occasione importante per costruire, già prima dell’approvazione del regolamento, alcuni patti ed uno strumento per generare attenzione rispetto all’iter amministrativo e alla discussione consiliare”.

Il percorso del Comune è stato improntato, sin dall’inizio, a un costante dialogo con i cittadini: che influenza hanno avuto sull’adozione del Regolamento?

Merlini: La struttura del Regolamento nasce dal basso e questo sicuramente ne ha favorito la socializzazione e ne permetterà un uso e un’applicazione più consapevole. L’obiettivo, ora, è mantenere questo dialogo e non perderlo in una cornice giuridico-amministrativa. Lo strumento infatti deve garantire una dinamicità legata alla vita dei territori, delle comunità e dei suoi beni.

E dal punto di vista comunale? I cittadini sono stati determinanti per adottare il Regolamento?

Platè: Anche il Comune, grazie al supporto di alcuni funzionari, ha beneficiato di un dialogo costante con i diversi attori interessati ed è stato questo continuo confronto che ci ha permesso di calibrare il regolamento sulla nostra realtà locale, ma soprattutto di interrogarci sulle strutture da mettere a disposizione per concretizzare le proposte dei patti di collaborazione.

Il Regolamento è uno strumento molto utile, se sfruttato correttamente. Quale sarà il vostro impegno per fare in modo che non resti solo lettera scritta?

Lo sforzo dell’amministrazione – afferma Platè – si dovrà concentrare nel monitorare le modalità di lavoro intersettoriale all’interno dell’ente, per evitare che questo processo possa subire delle involuzioni. La scelta di portare avanti il percorso di approvazione con la sperimentazione di alcuni patti è stata voluta proprio per rendere da subito effettivo il regolamento e verificarne le potenzialità assieme alla società civile. Nel contempo abbiamo strutturato un piano di comunicazione e prevediamo di individuare ulteriori contesti di sperimentazione.

E il terzo settore invece, come intende affrontare questa sfida?

Il terzo settore – afferma Merlini – deve accogliere in pieno questa sfida e perché il regolamento non sia trattato come altri strumenti di gestione e affidamenti di beni/servizi, è necessario da parte del terzo settore un cambio di approccio e di ruolo. Da una parte l’esistenza del regolamento permette ai soggetti del terzo settore di essere attivatori di processi di cittadinanza attiva e di protagonismo, di giocare un ruolo di propulsori e di inclusione di cittadini nei percorsi decisionali delle comunità. Al tempo stesso chiede al terzo settore, in particolare alla cooperazione, di non sostituirsi alla cura e di non professionalizzare per forza la gestione dei beni, bensì di promuovere alleanze e condizioni affinché i cittadini siano co-costruttori e coproduttori di beni e servizi di welfare.

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