Lipparini e Rabaiotti: “Strumento innovativo, semplice e diretto per favorire la collaborazione tra abitanti e amministrazione”
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Milano, approvata la delibera Beni Comuni: i patti per includere e rigenerare

Lipparini e Rabaiotti: “Strumento innovativo, semplice e diretto per favorire la collaborazione tra abitanti e amministrazione”

La delibera contiene i principi cardine in virtù dei quali sperimentare sul campo l’amministrazione condivisa, individuandone gli ambiti di applicazione, le procedure, le finalità: un documento strategico espressamente apripista verso l’adozione del Regolamento. Tanti i riferimenti contenuti nel testo a quella elaborazione teorica e pratica cara alla nostra rivista, da Elinor Ostrom all’evoluzione giurisprudenziale italiana in materia: dalla storica sentenza delle Sezioni Unite sulle valli da pesca venete – che sposava la definizione di beni comuni offerta dalla Commissione Rodotà – al Regolamento per l’amministrazione condivisa promosso da Labsus, e al cui approccio è interamente informata la delibera.
La proposta è stata presentata congiuntamente dall’Assessorato alla Partecipazione, Cittadinanza Attiva e Open data e da quello alla Casa e Lavori Pubblici guidato da Gabriele Rabaiotti, che sottolinea come il coinvolgimento del suo assessorato sia da attribuire soprattutto alla possibilità della valorizzazione sociale di spazi come i pianoterra delle case popolari. “Valorizzazione sociale che poi vuol dire culturale, formativa…  che ci permette di non considerare quella meramente economica”.
Un connubio importante, quello della partecipazione con i lavori pubblici e l’abitare, che ci proietta immediatamente nella cornice di senso della rigenerazione urbana “dal basso” e dei patti di collaborazione come strumenti di resilienza e inclusione sociale. Aggiunge Rabaiotti: “Quello che ci auguriamo è che strumenti come i patti di collaborazione ci diano modo di essere più rapidi, ed efficaci, nell’intercettare le proposte delle comunità locali. In una maniera diversa da quella tradizionale, troppo spesso lenta e inefficace”.
Abbiamo rivolto qualche domanda a caldo all’assessore alla Partecipazione Lorenzo Lipparini, che ha promosso il progetto anche grazie all’interlocuzione avviata con Labsus due anni fa, a partire dal convegno “Milano città condivisa” organizzato insieme con Fondazione Cariplo.

Il percorso per arrivare sin qui è durato oltre un anno. Quale valore politico dare all’approvazione all’unanimità da parte della Giunta?

È stato un percorso lungo, ma proprio per questo è stato possibile coinvolgere sia internamente sia esternamente all’amministrazione tutti gli attori potenzialmente interessati: l’area del Verde urbano, che aveva già esperienze come quella dei giardini condivisi; le Politiche sociali, che hanno la responsabilità sui beni confiscati alla criminalità; le Case popolari e la Direzione periferie. Grazie agli eventi pubblici come quelli organizzati da Labsus, inoltre, è stato possibile un ingaggio a monte di associazioni, social street e gruppi informali di cittadini.

Approvazione in Giunta delle linee guida, sperimentazione dei patti per un anno, deliberazione del Regolamento in Consiglio. Milano è il primo Comune ad adottare un iter di questo tipo. C’è una visione particolare dietro questa strategia “empirica”?

L’idea è innanzitutto di rendere la strategia subito operativa, quindi non una mera dichiarazione di principio. Rivendico fortemente questo metodo di lavoro: l’amministrazione condivisa produce innovazione, è un modello innovativo che in quanto tale deve essere validato, così come gli effetti delle politiche che mettiamo in atto. Si tratta di una visione strategica che è indice di una consapevolezza: sulla complessità dei processi politici, amministrativi, sociali.

Veniamo alla sperimentazione: pensate di costruire un ufficio centrale ad hoc? Quale ruolo è invece demandato ai municipi?

Seguiremo il modello messo in campo con il bilancio partecipativo: con quest’ultimo realizzeremo le opere pubbliche richieste dai cittadini, con i patti di collaborazione le faremo vivere. Quindi sarà l’Ufficio Partecipazione a coordinare le azioni e ad assicurarne la trasversalità, a fare in modo che ogni area coinvolta possa contribuire con le sue competenze specifiche. I municipi avranno un ruolo chiave, in quanto “antenne” sul territorio. Sarà inoltre predisposto un tavolo interdisciplinare che vedrà il coinvolgimento dei dirigenti dei vari settori interessati.

Alla base dei patti di collaborazione c’è l’idea della coproduzione di scelte pubbliche, attraverso la pratica sociale della condivisione: di competenze, capacità, risorse… Questo discorso vale anche per i contesti considerati più “difficili”? Nel testo sono presenti diversi riferimenti, impliciti ed espliciti, alle periferie… dove peraltro si collocano le aree individuate per la sperimentazione.

L’attenzione alle periferie è un elemento caratterizzante. L’idea è che per una vera rigenerazione non bastino i soldi per le opere pubbliche (che sono fondamentali), ma sia necessario riattivare le energie sociali presenti, dando loro strumenti per intervenire, nel quadro dell’amministrazione condivisa. A partire dalla valorizzazione delle risorse pre-esistenti, dalle realtà che già sono attive: con loro l’amministrazione lavorerà fianco a fianco per trovare altri interlocutori ed incrementare le possibilità di un impatto concreto.

Come anticipato, per l’avvio immediato si propongono alcune aree dislocate in diverse zone della città: Piazza Tirana, largo A. Balestra; 
aree verdi di via del Cardellino e di via Cesariano; Anfiteatro Martesana; aree pedonali in via Micene e in via Abbiati. A queste aeree possono naturalmente esserne aggiunte altre, proposte anche dai cittadini, purché in linea con i criteri e le procedure previsti.
Utilizzi di carattere continuativo sono invece previsti per due beni immobili (un bene confiscato alla mafia e uno in disuso da diverso tempo) e per il campo da bocce del parco Franca Rame, situato nel quartiere Adriano.
Da sottolineare infine l’apertura della delibera ad un’estensione dei patti anche ad altre iniziative già dotate di cornice regolamentare in ambito comunale e municipale, come ad esempio “l’assegnazione ad associazioni giovanili di immobili comunali destinati ad attività culturali e del tempo libero”, il verde, gli orti urbani e i giardini condivisi, “l’assegnazione di spazi ad associazioni non riconosciute o gruppi informali per le attività istituzionali“: ambiti definiti “in continua crescita e diversificazione, che si avvantaggerebbero dall’essere ricondotti ad una disciplina semplificata e coordinata”.

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