Una sfida culturale al concetto di periferia come degrado e marginalità

SUPER, il Festival delle Periferie, è lento e itinerante. Nasce a Dicembre 2015 attraverso l’associazione culturale TumbTumb, per dare forma narrativa a tutto ciò che esiste, nasce e si attiva nelle periferie di Milano. Abbiamo intervistato Federica Verona, che dal 2004 fa parte di TumbTumb, svolgendo attività di ricerca, come architetto e urbanista, nell’ambito delle tematiche relative al disagio abitativo.
Negli anni vengono prodotti una serie di incontri e progetti che si concentrano su alcune tassonomie specifiche dei territori: sport, abitare, verde,cultura, playgrounds, trasporti, lavoro, tempo libero. Ad oggi SUPER è un grande archivio di pratiche, azioni, realtà rappresentato attraverso continue forme immediate, performative e popolari che coinvolgeranno un largo pubblico.

L’identità dei contesti

Il festival delle periferie ha così favorito l’emersione delle esperienze di realtà attive e spesso informali capaci di generare azioni dal basso, rispondere a bisogni e desideri, valorizzare interi quartieri. Grazie a una borsa di studio della European Cultural Foundation, dopo aver partecipato nell’aprile 2017 al workshop di Ideacamp, insieme a realtà provenienti da tutta Europa, Super ha attivato un ciclo di laboratori con l’obiettivo di coinvolgere di nuovo, dopo i tour, tutte le 160 realtà ascoltate in questi due anni di lavoro. 5 laboratori tematici ai quali le realtà incontrate sono state invitate a partecipare: la vita tra le case, risignificare, essere piccoli essere grandi, per un’idea di capitale sociale, il racconto dei racconti. Ogni laboratorio è stato facilitato da professionisti e accompagnato da testimoni esterni che, dopo aver seguito la prima parte che si svolgeva a porte chiuse, hanno restituito il lavoro nella seconda parte aperta al pubblico. Nei primi mesi del 2018 viene prodotto “Appunti per una città riflessiva”, un documento che riassume in poche e dense pagine il percorso svolto sino ad ora.

Come nasce l’idea di SUPER e in che senso vi definite un festival lento? 

L’idea nasce dalla voglia di provare a mettere in discussione il concetto “periferia uguale degrado” e l’idea che la periferia sia luogo da ricucire, rimarginare. SUPER vuole sfidare questo stereotipo spesso presente nelle prime pagine dei giornali, nelle campagne elettorali. Con un gruppo di lavoro eterogeneo: per citarne alcuni, abbiamo Carlo Venegoni e me che siamo architetti, Chiara Lainati è antropologa, Filippo Romano è fotografo, Nicla Dattomo urbanista, Gianmaria Sforza designer, Michele Aquila insegna Interaction design, Mirko Spino cura la comunicazione web e ha fondato Wallace Record, etichetta musicale indipendente. Tutte queste competenze vengono messe a disposizione e in discussione, a titolo volontario. Nel 2015 TumbTumb inizia a lavorare ad un festival pensandolo su un ciclo di 3 giorni: ben presto si è rivelato un percorso più lungo durato 3 anni.

SUPER è un festival lento, perché chi l’ha creato si è voluto regalare il dono della lentezza per conoscere a fondo quello di cui si voleva parlare. Vengono organizzati 23 tour per i quartieri di Milano, parlando con 160 realtà attive (associazioni, gruppi informali, singoli individui) che promuovono, in un grande palinsesto continuo, attività di vario tipo: riqualifica zone abbandonate trasformandole in orti condivisi, creando palestre di Parkour che coinvolgono i ragazzi delle case popolari, organizzando feste di vicinato o per i bambini; le botteghe abbandonate riaprono per fare artigianato in zone poco battute, riuscendo ad attirare addirittura l’attenzione dei quartieri vicini. Ognuno di loro fa tutto questo grazie ad un grandissimo senso di volontariato civico che viene riconosciuto pochissime volte, nonostante sia una rotella fondamentale dell’ingranaggio che riattiva le periferie. A seguito dei tour vengono nuovamente coinvolte le 160 realtà, facendole sedere ai tavoli di 7 laboratori tematici, denominati “7 giornate di SUPER”, grazie ad un bando della European Cultural Foundation. Da questi laboratori viene sviluppato “Appunti per una città riflessiva”, documento dedicato alla città, a chi la governa e se ne prende cura. A distanza di 3 anni dall’inizio, si è deciso di fare una festa finale ad Ottobre 2018. Una tre giorni in cui i progetti attivati provocheranno uno sguardo “altro” rispetto a come siamo abituati a guardare, o a non guardare, la periferia. In cantiere ci sono ad oggi 10 progetti autoriali pensati da ognuno del gruppo di Super: io lavorerò sulla 9091, Michele Aquila sta costruendo un percorso di 100 km da fare attorno alla periferia, Nicla sta lavorando sull’artigianato e sul tema del lavoro, oltre che, insieme a Gianmaria Sforza, sulla progettazione di un’app che serve a individuare i luoghi dove si produce innovazione e progettualità. Filippo Romano, in occasione della mostra 999 domande sull’abitare in Triennale, ha coinvolto gli abitanti della periferia e li ha guidati nell’attivare un progetto fotografico di ognuno di loro che si è concretizzato nella realizzazione di alcuni book dummy. Carlo Venegoni, Elena Dragonetti e Francesca Marconi hanno lavorato a Internazionale Corazon: un progetto che ha visto coinvolti gli studenti del Liceo Artistico Caravaggio e i Sambos de Corazon, un gruppo di danzatori sudamericani.
La festa del 13-14-15 Ottobre 2018 sarà quindi anche l’occasione per fare il punto della situazione, per capire come il lavoro fatto sino ad ora ha coinvolto e aiutato le realtà incontrate, provando a parlare non solo di Milano ma cercando di avere uno sguardo nazionale e internazionale.

Quanto è importante il linguaggio usato nella vostra esperienza e cosa non vi piace nella narrazione “comune” sulle periferie?

Va premesso che le 160 realtà coinvolte non sono assolutamente rappresentative della periferia nel suo complesso. SUPER non pretende di avere il quadro definitivo della situazione attuale, nonostante abbiamo visto, osservato, sperimentato nell’arco di 3 anni. Sarebbe improbabile avere una fotografia di insieme perché le realtà cambiano, nascono, si ingrandiscono o spariscono. Anche sulla base di questo vorremmo riprendere i tour e continuare l’osservazione diretta sul campo.
SUPER ha capito e verificato che l’idea di “periferia uguale degrado” non funziona e va messa in discussione. Le realtà sono attive, dal basso rispondono a domande effettive e certe, sanno ri-significare spazi e regole, muovendosi spesso al di fuori dalle logiche istituzionali. Questo secondo SUPER è una risorsa, perché queste realtà sono antenne preziose. Grazie a loro è lampante che pagare l’occupazione di suolo pubblico o la Siae per fare una festa di quartiere sia controproducente per uno sviluppo sociale e culturale dinamico. C’è il rischio che la regola reprima l’iniziativa. Lo stesso vale per la partecipazione ai bandi o la richiesta di piccoli contributi: non sempre per una realtà volontaria è facile districarsi tra regole, rendicontazioni e meccanismi complessi. Anche in questo le realtà attive potrebbero essere risorsa, per inventare strade verso la semplificazione. Inoltre la loro presenza e la loro azione genera capitale sociale. Dà valore ai quartieri senza snaturarli, e questo è fondamentale se si vuole parlare del potenziale delle periferie oggi.

Fare rete è un tema molto contemporaneo, ma quali sono gli ostacoli? La rete riesce davvero a muoversi in autonomia dopo una fase di “accompagnamento”?

Durante le Sette giornate di SUPER è stato appunto chiesto alle realtà attive incontrate durante i tour di sedersi allo stesso tavolo per ragionare su questioni e temi comuni. Nonostante facessero parte del medesimo territorio o quartiere, è emerso che per loro, sedersi e dialogare insieme, non era così frequente.
Spesso accade che diverse realtà svolgono attività simili ma al capo opposto della città, senza mai essere interconnesse, senza condividere oneri e onori di ciò che fanno con dovizia e pazienza nel tessuto urbano e sociale.
Il percorso progettuale di SUPER vorrebbe continuare anche su questa linea, permettendo di portare avanti lo scambio tra realtà attorno a temi concreti. Solo così si possono snocciolare questioni dirimenti che hanno a che fare con bisogni urgenti che, raccontati insieme, hanno più efficacia che mossi da un singolo. E’ chiaro che ogni realtà si sappia muovere in autonomia, rispetto a quel che fa, ma la mancanza di una visione complessa e complessiva della situazione generale di quel che in periferia accade, è uno svantaggio. Giustamente si dedica molto tempo a problematiche vere ed estreme, ma guardare alle risorse attive, nel lungo periodo, può essere un buon modo per sviluppare dei progetti comuni, dove le istituzioni possano accompagnare processi che vengono dai cittadini stessi. I cittadini sono i primi agenti di comunità.

Parliamo di Idea Camp e la borsa di studio di European Cultural Foundation. Come vi hanno supportato? In cosa consiste il processo?

Elena Dragonetti ha partecipato nel marzo del 2017 a IdeaCamp, un summit dove vengono invitati ragazzi di ogni parte d’Europa a presentare progetti. Tre giorni di confronto e scambio con l’obiettivo di ragionare su come arricchire il progetto iniziato. Raccolte le riflessioni è bastato scrivere un progetto molto sintetico e concreto che la European Cultural Foundation ha per fortuna deciso di finanziare, anticipando il 70% del finanziamento. Questo è stato un passaggio importantissimo perché molto spesso quando si partecipa ai bandi, in generale, serve avere dei fondi a garanzia o chiedere un prestito alla Banca.
Il modello di European Cultural Foundation è funzionale e davvero interessante. A Ideacamp avevano suggerito di lavorare sull’esito di quanto ascoltato durante i tour e sulla possibilità di consolidare una rete. E’ qui che nascono le 7 giornate di SUPER. A Dicembre 2017 viene attivato un primo laboratorio alla Casa della Carità, dal quale sono susseguiti altri 6 momenti itineranti, l’ultimo svolto insieme a Fondazione Feltrinelli in occasione di Arch Week e About a City a Maggio 2018. Ogni membro di “TumbTumb” è stato affiancato da facilitatori: insieme hanno riguardato il materiale raccolto identificando i temi sui quali lavorare: La vita tra le case, facilitato da Jacopo Lareno e Ambra Lombardi, Risignificare pratiche e luoghi, facilitato da Lorenza Salati e Giulio Focardi, Essere grandi e essere piccoli, facilitato da Barbara di TOmmaso, Per un’idea di capitale sociale, facilitato da Rosanna Prevete e Il racconto dei racconti, facilitato da Jacopo Tondelli. Le 7 giornate di SUPER avevano una parte a porte chiuse a cui hanno partecipato circa una sessantina di realtà conosciute in tour ed un momento pubblico dove alcuni testimoni privilegiati che avevano seguito la discussione (Stefano Laffi, Manoukian, Matteo Colle, Marco Carta, etc), rilanciavano la discussione lanciando spunti e riflessioni. L’esito dei 7 laboratori è “Appunti per una città riflessiva”, uno strumento che viene distribuito a istituzioni, players e attori che governano e hanno a cuore Milano.

Milano ha recentemente approvato il Regolamento per i beni comuni, con un’attenzione particolare alle periferie. In base alla vostra esperienza, lo strumento dei patti di collaborazione potrebbe essere di supporto ai processi di rigenerazione urbana dal basso? 

Il Regolamento per i beni comuni è uno strumento intelligente e utilissimo, anche se ci vorrà tempo per fare in modo che diventi un processo assodato. In un’epoca come questa, dove vince l’individualismo, dove diventa difficile riconoscere e salutare semplicemente il vicino di casa, è invece fondamentale rilanciare strumenti per la cura di ciò che è comune. Senza retorica partecipativa ma a partire da questioni concrete: dall’ascolto alla mappatura, sino alla relazione che va costruita tra processi e pratica.

SUPER vista dagli abitanti e SUPER vista dalle istituzioni: come avete percepito questi sguardi differenti sulla vostra proposta di valore. 

Dal punto di vista delle istituzioni, il progetto SUPER è rispettato e riconosciuto. I rapporti con il Comune sono ottimi, con Fondazione Cariplo, che in parte finanzia il progetto c’è un dialogo continuo; TumbTumb ha poi avuto l’occasione di dire più volte la sua in contesti importanti, al Politecnico, in Triennale, ultimamente all’assemblea di Federabitazione Habitat a Roma, e poi abbiamo una bella sintonia con Fondazione Feltrinelli.
In generale certo, può capitare che il Festival delle Periferie venga visto come naïf, talvolta un po’ elitario, perché guardiamo una parte delle periferie, ma ci vuole tempo , siamo molto piccoli e questa è stata la nostra prima volta.  Di sicuro siamo persone che hanno deciso di mettere a disposizione il loro tempo e le proprie competenze da individui liberi, facendo nel nostro piccolo, politica.

 

Cover credits: Filippo Romano