Regolamento sulla collaborazione tra cittadini e amministrazione per la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione dei beni comuni urbani.

Gestione condivisa e rigenerazione diventano strumenti programmatici

Le prime novità le si trovano già tra i principi guida posti ad orientare l’azione del Comune e dei cittadini attivi nella cura dei beni comuni. Infatti, sono aggiunti il principio di pari opportunità e di contrasto alle discriminazioni, in ogni loro forma, e quello di prossimità e territorialità, con cui si riconoscono le comunità locali come livello privilegiato per la definizione dei patti di collaborazione.

Rimangono le tre forme classiche di collaborazione, dunque la cura, la gestione condivisa e la rigenerazione. Tuttavia la loro definizione, specie delle ultime due, viene sottilmente ridisegnata (art. 2). Gestione condivisa e rigenerazione sono infatti concepite entrambe come strumenti programmatici anziché come interventi puntuali, ma mentre la prima riguarda la semplice fruizione collettiva dei beni comuni urbani, la seconda mira a un più complesso recupero dei medesimi. Cura e gestione condivisa possono essere tanto occasionali, quanto costanti e continuative, mentre la rigenerazione, dal canto suo, è prevista come temporanea o permanente (art. 6).

Più ampio è poi il contenuto dei patti di collaborazione, ai quali si chiede – in aggiunta a quanto normalmente previsto – la puntuale definizione degli strumenti, da un lato, di coordinamento e governo tra cittadini attivi ed amministrazione, dall’altro, di partecipazione, dunque rivolti al coinvolgimento delle altre formazioni sociali attive sul territorio.

Un altro rilevante profilo di innovazione, rispetto al regolamento bolognese, riguarda i profili organizzativi dell’ente. Il regolamento dispone (art. 7, c. 2) che con determinazione del direttore generale venga istituito un gruppo di lavoro per l’istruttoria e la valutazione delle proposte di collaborazione, il quale potrà dotarsi di uno sportello per i rapporti con i cittadini. Occorre sottolineare, inoltre, che il gruppo di lavoro si presenta come un organo collegiale a struttura flessibile: qualora necessario per l’esame di specifiche proposte di collaborazione, potrà convocare le circoscrizioni o gli altri uffici competenti non già rappresentati nel gruppo, assicurando una maggiore efficienza dell’azione amministrativa. Inoltre, il regolamento afferma programmaticamente la volontà di promuovere ed organizzare percorsi formativi, per i propri dipendenti e non solo, finalizzati a diffondere la cultura della collaborazione con i cittadini attivi.

Puntualmente disciplinate dal regolamento sono anche le modalità di manifestazione dell’assenso del comune alla formazione dei patti di collaborazione, che si differenziano a seconda che i patti medesimi rientrino tra le forme di collaborazione ordinarie (art. 8), tra quelli stipulati a seguito di una consultazione pubblica (art. 9) o di una proposta spontaneamente presentata dai cittadini attivi (art. 10).

Un’altra importante novità del testo torinese, rispetto al regolamento ideato originariamente da Labsus, consiste nell’esclusione esplicita della possibilità che l’amministrazione possa destinare contributi in denaro a favore dei cittadini attivi. Nonostante ciò, le misure di sostegno a disposizione sono assai ampie ed includono la possibilità che siano forniti materiali di consumo e dispositivi di protezione individuale, l’affiancamento ai cittadini attivi di dipendenti comunali, l’assunzione diretta di oneri per la realizzazione degli interventi, come le spese di utenza e manutenzione nonché il riconoscimento di esenzioni ed agevolazioni fiscali.

Si segnala, infine, come il regolamento di Torino precisi che la proposta di collaborazione non può in alcun modo configurarsi come surrogato di servizi essenziali che devono essere garantiti dal comune secondo le leggi e i regolamenti vigenti. L’amministrazione torinese dimostra, in tal modo, di aver ben compreso e sposato la concezione di sussidiarietà orizzontale e di collaborazione civica propria di Labsus, dove il cittadino attivo non è chiamato a supplire alle mancanze dell’amministrazione né a sostituirvisi, ma collabora con essa per una più proficua gestione di beni comuni, nell’interesse generale.



ALLEGATI (1):