Quattro saggi
La Biblioteca di Labsus ha il piacere di proporre quattro diversi contributi del Prof. Giuseppe Vecchio, Ordinario di Diritto Privato presso l’Università di Catania.

Si tratta di quattro distinti interventi, tutti destinati alla pubblicazione in altre sedi, ma costituenti, sostanzialmente, tappe coordinate di un vero e proprio itinerario di riflessione in ordine al rapporto tra il significato della costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà "orizzontale" e l’opportunità, discussa nell’ambito del dibattito privatistico, di una formale revisione della disciplina positiva di cui al Titolo II del Libro I del Codice Civile, in materia di persone giuridiche.

Primo saggio

Il primo saggio, "Libertà di iniziativa assistenziale e formazione del concetto di ‘sussidiarietà orizzontale’ nella giurisprudenza della Corte Costituzionale" (in corso di pubblicazione in un Volume promosso dalle "Edizioni Scientifiche Italiane", per la Collana "Cinquanta anni della Corte costituzionale", e dedicato alla disciplina delle persone giuridiche e delle associazioni) costituisce una sorta di introduzione "quadro" alla ricostruzione offerta dall’Autore e merita, per ciò solo, una peculiare considerazione.
Muovendo dall’idea che il principio di sussidiarietà orizzontale, seppur all’origine non formalizzato, non fosse affatto ignoto ai lavori della Costituente e fosse stato viceversa tradotto nell’intrinseca definizione testuale di alcune delle più significative disposizioni della Carta (artt. 2, 4, 18, 29, 3, 31, 33, 38, 39, 41, 42, 43, 44 e 45), l’articolo si propone di dimostrare come le potenzialità di una simile ispirazione, sostanzialmente finalizzata alla promozione e alla tutela dell’autonomia privata in quanto orientata a scopi "sociali", si siano progressivamente manifestate già nel corso della storia della Repubblica ed indipendentemente dall’esplicita recezione positiva del concetto.
Una particolare attenzione, nel testo, è dedicata a due specifiche vicende, giudicate, sul punto, di centrale valore: l’approvazione, nel 1991, della legge sul volontariato, la quale "afferma e attualizza un principio di grande importanza che, dalla legislazione Crispina di fine ‘8 in poi, era stato sistematicamente ignorato dallo Stato: il principio di collaborazione tra pubblico e privato e la piena legittimità dell’autorganizzazione privata nel campo dell’assistenza"; l’evoluzione della giurisprudenza costituzionale in ordine al tema della qualificazione delle persone giuridiche di origine privata svolgenti attività di interesse generale (con specifico approfondimento, nella fattispecie, di quanto statuito dalla Consulta circa il regime disciplinare delle IPAB nonché, dopo la riforma del 21, con riguardo alle fondazioni bancarie), giurisprudenza la cui rilevanza andrebbe tutta individuata "nella continuità del riferimento al principio di libertà lungo tutto l’arco della vicenda istituzionale del rapporto tra pubblico e privato".
Quest’ultimo punto si rivela assai significativo.
Secondo l’Autore, la Corte costituzionale, occupandosi della definizione dell’ambito disciplinare delle organizzazioni private che perseguono fini di interesse generale, avrebbe già indicato la via più corretta per attribuire significato al principio di sussidiarietà, oggi espressamente contemplato: essa, infatti, contribuendo alla costruzione del "tipo (o dei tipi) di diritto privato" di quelle medesime organizzazioni, avrebbe sancito "il punto di svolta di un sistema che non ha più la necessità di attribuire natura pubblicistica anche ai soggetti per regolare la funzione".
Il richiamo al principio di sussidiarietà orizzontale, quindi, così come contenuto nel comma quarto dell’art. 118 della Costituzione vigente, consentirebbe all’interprete, per un verso, di dare ordine al "diritto privato speciale" in cui si risolve la "legislazione segmentaria" di settore, che in tal modo assurge al ruolo di "risposta positiva dell’ordinamento all’istanza di pluralismo contenuta nella Carta", per altro verso, di "giustificare e costruire sulla base di un principio fondamentale il criterio di differenziazione tra pubblico e privato, tra autonomia e autorità, tra sociale e individuale, autorizzando l’approfondimento di una nuova possibile prospettiva di analisi di diritto civile".

Dal tentativo concreto di sondare la praticabilità della chiave di lettura così sintetizzata hanno origine gli altri tre saggi.

Secondo saggio
Il secondo, infatti, è rivolto proprio ad esporre alcune considerazioni prodromiche circa gli orientamenti dogmatici che, alla luce di quanto sopra descritto, sarebbe opportuno seguire in sede di riforma del Titolo II del Libro I del Codice Civile ("Il sistema degli enti non profit nella prospettiva di riforma del Titolo II del Libro I del Codice Civile", testo provvisorio inviato al Convegno annuale della Società degli studiosi di diritto civile, tenutosi a Capri nel 25).
Lo sforzo ermeneutico in esso condotto consiste espressamente nell’isolamento, in seno alla complessa legislazione speciale, di alcuni elementi disciplinari, tali da poter rappresentare il nucleo comune di una futura normazione generale delle organizzazioni private non perseguenti fine di lucro, ovvero di alcune esigenze essenziali, attorno alle quali concentrare l’attenzione del legislatore e della dottrina.
In particolare, premesso che dovrà essere proprio il legislatore a costruire "una sorta di catalogo delle attività non lucrative di interesse generale" e a disciplinare "con un necessario sistema di ‘regulation’ ambiti ed effetti tra i limiti definiti dal mercato e dal sistema delle decisioni dell’autorità politica", l’Autore individua sette snodi critici: a) la costituzione di un sistema efficiente di pubblicità funzionale (albi e/o elenchi); b) la predisposizione di forme effettive di controllo circa il rispetto, da parte dei soggetti svolgenti attività di interesse generale, dell’esclusività dello scopo sociale; c) la definizione di un adeguato regime delle risorse e della loro pertinente utilizzazione; d) la garanzia, in sede di elaborazione delle strutture di "governo" di tali enti, della logica della "democraticità funzionale al perseguimento dello scopo legale"; e) la riaffermazione del principio di conoscibilità pubblica dell’attività degli enti; f) lo stabilimento di un equilibrio coerente tra la definizione certa e satisfattiva delle eventuali ipotesi di "crisi" dell’attività sociale e la salvaguardia della mission concretamente perseguita; g) la capitalizzazione, in sede ermeneutica, degli indizi ricostruttivi emergenti dalla nuova disciplina positiva della trasformazione eterogenea introdotta dalla riforma delle società commerciali, la quale confermerebbe che il sistema delle organizzazioni non profit sarebbe del tutto autonomo ed originale sia rispetto al tradizionale modello delle associazioni a scopo puramente privato, sia nei riguardi del modello del Titolo V del Codice Civile.
Nel contributo in questione, peraltro, merita una specifica segnalazione l’affermazione con la quale esso si chiude, poiché con essa l’Autore riprende l’ispirazione argomentata nel primo saggio: ribadire la localizzazione civilistica della disciplina della sussidiarietà orizzontale non significa ribadire la priorità di una logica appropriativi, bensì equivale ad evidenziare che le attività svolte in regime di sussidiarietà e con finalità di solidarietà, di cittadinanza partecipativa e di autonomia sociale si qualificano come private "per un regime di reciprocità e di legame sociale che non può sottostare ad alcuna logica pubblicistica".

Terzo saggio
Anche il terzo saggio ("Libertà di associazione e tecniche di tutela di interessi economicamente rilevanti nella welfare society", parimenti presentato al Convegno annuale della Società degli studiosi di diritto civile, durante l’edizione caprese del 26) si sviluppa lungo i medesimi binari, nel tentativo, ancora una volta, di evidenziare quali siano stati, già in tempo anteriore alla positivizzazione costituzionale del principio di sussidiarietà, i momenti più importanti del percorso che ha condotto l’ordinamento repubblicano a riconoscere un’autonoma e peculiare dignità disciplinare ai fenomeni dell’"associazionismo economico".
Quest’ultima categoria viene utilizzata dall’Autore quale sintomatico trait d’union lessicale, ovvero quale concetto capace di unificare tutte le esperienze in cui il legislatore si è occupato del perseguimento collettivo di fini ideali e/o sociali mediante svolgimento di attività economicamente rilevanti.
Una particolare menzione si può effettuare con riguardo ad un’osservazione assai importante: il pieno riconoscimento normativo del fenomeno così descritto è sovente transitato attraverso un processo di lenta ridefinizione terminologica degli utili raccolti da tali organizzazioni ("rimborsi", "proventi"); proprio in questa prospettiva, infatti, è stata via via ammessa la possibilità, per simili enti, di acquisire risorse funzionali allo scopo socialmente significativo anche mediante l’esercizio di attività economiche ausiliarie o sussidiarie.

Quarto saggio
Un ruolo del tutto diverso deve infine riconoscersi al quarto saggio ("Trasformazioni sociali e mutazioni delle scienze giuridiche nella prospettiva delle tecniche di valutazione", destinato agli "Scritti in onore di Franco Leonardi", in corso di pubblicazione per la Casa Editrice "Il Mulino").
Il testo si presenta quale riflessione di carattere teorico-generale avente ad oggetto l’imporsi progressivo e interdisciplinare di una vasta e complessa normativa tecnica, finalizzata, per lo più, alla predisposizione di strumenti predefiniti di "valutazione", ed orientata, sostanzialmente, alla soddisfazione di esigenze diffuse di controllo e di responsabilizzazione.
Nel contesto della riflessione svolta nei precedenti saggi, un simile contributo svolge una funzione, per così dire "euristica", di significativo valore: l’Autore, infatti, individua nelle tecniche di valutazione emergenti in seno all’esperienza diretta degli operatori privati "il linguaggio che consentirà di ridefinire il rapporto tra sfera pubblica e sfera privata, garantendo una omogeneità di rappresentazione ed esplicitazione delle motivazioni e delle scelte".
In altri termini, se è vero, da una parte, che le logiche tradizionali dell’autorità pubblica rappresentativa cedono gradualmente il passo a fenomeni di diffuso neoistituzionalismo e di affermate esperienze di democrazi apartecipativa, con forte ricorso, anche in via di sola prassi, ad una marcata procedimentalizzazione di tutti i processi decisionali, è altrettanto vero, dall’altra, che proprio l’esperienza delle tecniche di valutazione, adottate dalle nuove "istituzioni" private in funzione del soddisfacimento di esigenze collettive, sta favorendo l’emersione di un comune tessuto connettivo, dotato di una precettività del tutto originale.