Società  miste e sussidiarietà 

In qualsiasi momento è possibile verificare i requisiti soggettivi delle società  miste per la partecipazione a gara
La decisione
La decisione concerne un ricorso d’appello di iniziativa di una società  mista che in primo grado si era vista annullare l’aggiudicazione di un appalto di servizi, promosso da un comune diverso dagli enti che hanno dato vita alla società  appellante. Il consiglio di stato respinge tale ricorso, confermando in sostanza il giudizio di prime cure, rilevando che la costituzione di società  miste costituisce un’eccezione al ricorso al mercato e, pertanto, la sua previsione, garantita dalla normativa nazionale, deve trovare un’applicazione restrittiva con riferimento in particolare alla possibilità  di svolgere la propria attività  al di fuori dei territori dei comuni che ne hanno garantito la costituzione. In particolare il giudice, pur non accedendo a una soluzione che sancisca il divieto assoluto per le società  miste di svolgere attività  extraterritoriali, ritiene che sussistono logiche e giuridiche ragioni per consentire agli organismi pertinenti di verificare, già  in sede di accertamento dei requisiti soggettivi, l’ammissibilità  alla partecipazione di gare di società  miste. Secondo questo orientamento l’onere della dimostrazione che l’attività  extraterritoriale non produca conseguenze negative a danno delle comunità  rappresentate dagli enti che costituiscono le società  miste spetta alle società  medesime.
Il commento
La sentenza affronta il tema della legittimità  dell’attività  extraterritoriale delle società  miste. Le questioni che si dibattono in proposito sono note: da un lato, vi è un orientamento negativo, che è quello accolto dalla pronuncia in commento, in virtù dell’osservazione che le società  miste, godendo di una posizione di vantaggio attribuito dall’affidamento diretto di servizi pubblici per gli enti che le hanno costituite, quando agiscono al di fuori dei territori degli enti costitutivi, finiscono per distrarre risorse pubbliche per finalità  che non hanno nessun collegamento con gli interessi delle comunità  di riferimento e, oltretutto, alterano le condizioni di parità  delle armi sul mercato perché concorrono con altre imprese private potendo contare su risorse aggiuntive; dall’altro, vi è invece un orientamento positivo che trae la propria convinzione dall’osservazione che una società  commerciale, una volta costituita, non può essere limitata nella sua azione senza comprimerne l’autonomia imprenditoriale che deve essere naturalmente assicurata a ogni impresa.
Il consiglio di stato, dopo aver ricordato la diffidenza che l’ordinamento comunitario ha sviluppato nei confronti di questo tipo di società  e dopo aver osservato come l’articolo 13 della legge n. 248 del 26 pretenda l’esclusività  dell’attività  nei confronti dei soggetti costituenti da parte delle società  partecipate, ha motivato la limitazione delle società  miste invocando anche il principio di sussidiarietà  orizzontale; a tenore di tale motivazione è possibile dedurre che il principio sia assunto come rafforzativo della concorrenza nel mercato, come obbligo in sostanza delle amministrazioni di rivolgersi a soggetti privati per la gestione di servizi, salvo limitate eccezioni. In altra parte della motivazione il principio è addirittura accostato all’articolo 41 della costituzione, che sancisce la libera iniziativa economica privata. Il collegamento tra società  miste e sussidiarietà  serve al giudice per affermare che il ricorso alle società  miste non è da considerare una soluzione ordinaria per lo svolgimento di servizi e, dunque, pur essendo consentito dall’ordinamento nazionale, il ricorso a esse deve essere accompagnato dalla verifica concreta di una serie di condizioni concrete senza le quali si violerebbe il principio richiamato.
Come si è avuto modo di osservare anche in altre circostanze, il collegamento tra sussidiarietà  e iniziativa economica privata non appare convincente, specie se questo si traduce nella soluzione semplicistica che la prima sarebbe rafforzativa della seconda. Pertanto, ancorché le conclusioni del giudice siano condivisibili e in parte anche le motivazioni che ne sono a supporto, suscita perplessità  il richiamo del principio di sussidiarietà  per la risoluzione di questa controversia.


ALLEGATI (1):