La fondazione (di origine) bancaria ha fatto il suo ingresso nel numero delle comunità  che, spontaneamente e dietro loro impulso, sono in grado di organizzare la promozione e l'esercizio delle "libertà  sociali"

L’Autore prende spunto dalle sentenza 3 e 31 del 23 della Corte Costituzionale per ripercorrere le tappe che hanno portato all’istituzione delle fondazioni: la legge del 1888 che rendeva le casse di risparmio “enti morali” personificati; i connotati pubblicistici confermati nella disciplina delle stesse nel XX secolo; la cd legge Amato-Carli che determinava una scissione tra “ente conferente” e “banca conferitaria”; la successiva riforma Ciampi che accentuava la privatizzazione e ribattezzava gli enti conferenti “fondazioni”.

L’analisi si sofferma sulle disposizioni della legge finanziaria per il 22 e nella particolare mutazione degli scopi attribuiti alle fondazioni stesse ricollocate nell’ordinamento come “enti di finanziamento delle autonomie territoriali” per sopperire ad una “diminuzione di investimenti diretti statali e a nuovi trasferimenti di risorse, personale e mezzi al sistema delle autonomie locali”. La prospettiva di un co-finanziamento solleva il problema dell’influenza dello Stato nell’erogazione e nella destinazione delle risorse da parte degli enti autonomi.

L’esame del regolamento attuativo della riforma prevista dalla legge 488 del 21 da parte del Consiglio di Stato ha consentito un primo indiretto e preliminare vaglio di costituzionalità della riforma complessiva. Partendo dalla stretta connessione tra fondazioni e autonomie locali in relazione soprattutto ai poteri di nomina attribuiti agli enti stessi, il Consiglio di Stato ha evidenziato la natura pubblicistica assunta dalle prime e le relative conseguenze in materia di appalti e regole dell’evidenza pubblica.

Nell’articolato quadro delineato si inserisce la sentenza n. 3 della Corte Costituzionale, in sui viene chiarito che le fondazioni sono “persone giuridiche private, dotate di piena autonomia statutaria e gestionale”, e più in particolare “soggetti dell’organizzazione delle libertà sociali”. La transizione da enti creditizi a enti dell’ordinamento civile appare così conclusa, a fortiori le Regioni non hanno alcun potere sull’ordinamento delle fondazioni.

Con la sentenza n. 31 la Corte si sofferma sulla natura delle fondazioni e le colloca nell’ambito delle autonomie sociali, riduce ampiamente la portata innovativa della riforma attraverso un’interpretazione delle disposizioni impugnate che ne depotenzia il senso complessivo e attraverso “vere e proprie abrogazioni interpretative” di espressioni ambigue, annullando il disegno di “pubblicizzazione” delle fondazioni.

L’Autore ritiene l’intervento della Consulta una riscrittura complessiva della legge, ricollocandola all’interno dei parametri e dei principi di base che erano rimasti immutati.

Da sottolineare il richiamo all’utilità sociale che costituisce una finalità delle fondazioni e le inserisce di diritto nell’alveo dell’ultimo comma dell’art. 118 della Costituzione in cui è sancito il principio di sussidiarietà orizzontale. Il riconoscimento della circostanza per cui taluni interessi possono essere perseguiti tanto dal settore pubblico quanto da quello privato, senza che la natura degli interessi precluda uno dei due interventi, porta l’Autore a richiamare, oltre all’art. 118, l’art. 38 della Costituzione,e ad evidenziare come questo principio costituisse una scelta di fondo del Costituente, nella quale si assiste alla coniugazione della libertà e della responsabilità.

L’introduzione della categoria delle “libertà sociali”, la cui promozione spetta alle fondazioni, “evoca un tipo di società in grado di autodeterminarsi e organizzarsi (…) per diffondere beni della vita la cui elargizione è collettiva”.

BALBONI E., Sussidiarietà, libertà sociali, coerenza della normazione e disciplina delle fondazioni di origine bancaria, in Giur. cost. 23, 3149 ss.