L ' elaborazione di uno studio che mitighi ogni dubbio interpretativo.

E ' tempo che pubblico e privato si mettano ad un tavolo per ridiscutere i propri ruoli

Tanto si è detto e si continua a dire, spesso a sproposito, sulla sussidiarietà orizzontale, interpretando in modi diversi quel famoso quarto comma (articolo 118 della Costituzione) che l’ha introdotta in Italia.

Attraverso la prima elaborazione dello studio sulla sussidiarietà orizzontale nel quadro delle relazioni tra pubblico e privato, di cui si è parlato durante il seminario, Carla Bassu e Daniele Donati hanno cercato di fare un po’ di chiarezza. Presente all’incontro anche la terza anima del progetto, Fabio Giglioni (università di Roma Sapienza e caporedattore della sezione Giurisprudenza di Labsus).

Esternalizzazioni e sussidiarietà

Spesso si tende a confondere quelle che sono forme di esternalizzazione a privati di funzioni e attività proprie della pubblica amministrazione con casi di sussidiarietà orizzontale pura.
Nel suo intervento Carla Bassu ha delineato le principali differenze tra i due diversi istituti, riassumibili in tre punti essenziali:

  • l’atteggiamento della pubblica amministrazione che, nel caso di esternalizzazioni, è sicuramente tenuta a garantire l’iniziativa dei privati, ma che in caso di sussidiarietà, non deve solo garantirla, ma anche favorirla come da dettato costituzionale, presupponendo quindi, una vera e propria azione positiva da parte dell’apparato pubblico;

  • l’oggetto che, per le esternalizzazioni è rappresentato da un’attività di servizio pubblico, mentre per i casi di sussidiarietà orizzontale, da attività di interesse generale;

  • le dinamiche procedurali con particolare attenzione all’assunzione dell’attività. Quando si tratta di esternalizzazioni, infatti, l’assunzione dell’attività è in prima battuta della stessa amministrazione pubblica che, soltanto in una seconda fase, ovvero in quella di programmazione e di erogazione, decide di affidarla ai privati. Nelle esperienze di sussidiarietà, invece, l’assunzione è ab origine dei cittadini.

La sussidiarietà per un adeguato livello di garanzia

I tempi cambiano, i ruoli tra pubblico e privato si ridefiniscono ed emergono nuove esigenze sociali.

Né l’imposizione fiscale, né un sistema di welfare all’avanguardia, possono ormai essere sufficienti per la lotta alle disuguaglianze e per il raggiungimento di adeguati livelli di garanzia sociale. Bisogna iniziare a percorrere anche altre strade: una di queste, dice Daniele Donati, è sicuramente la sussidiarietà.

La sussidiarietà, non come valore in sé, ma come principio e strumento per perseguire un valore. Tale principio non deve essere inteso in termini di alternanza, o peggio, di competizione tra pubblico e privato; neanche come dirigismo pubblico dell’iniziativa privata, ma come una terza dimensione che, collocandosi tra le due già esistenti e consolidate (Stato e mercato), e rispettandone le regole fondamentali, collabora con esse al raggiungimento dell’interesse comune.La stessa terminologia utilizzata, sussidiarietà, evoca l’idea di aiuto e non di scontro.

Donati ha poi letteralmente sviscerato il quarto comma dell’articolo 118 della Costituzione per spiegarne gli aspetti principali e soprattutto per dimostrarne la precettività. Quattro i termini e le espressioni all’interno della disposizione degne di nota:

  • il verbo “favoriscono” riferito a Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni, che non vuole indicare una mera possibilità, ma un vero e proprio dovere da parte di tutti i soggetti indicati;

  • L’espressione “cittadini singoli e associati” che, se da una parte racchiude in sé quell’idea di persona umana e del suo pieno sviluppo come la ritroviamo all’articolo 3, comma secondo, della Costituzione, dall’altra insinua dei dubbi relativi al fatto che anche le imprese potrebbero rientrare nell’espressione in esame. Diverse sono le opinioni in merito, ma Donati afferma che non ci sono elementi tali da impedire ad un soggetto con lucro di partecipare all’interesse generale;

  • “L’autonoma iniziativa” che, appunto, in quanto autonoma, non deve essere stimolata da sovvenzioni, incentivi o quant’altro da parte della pubblica amministrazione che possono invece aver luogo solo in una fase successiva, ma non in quella dell’iniziativa; e, infine,

  • l’espressione “attività di interesse generale”.

Ma che cosa si intende precisamente per interesse generale?

La risposta più giusta è quell’interesse che è di tutti e la cui cura arricchisce qualunque soggetto, indistintamente; se così non fosse, si tratterebbe di interesse collettivo ma non di interesse generale. Non si parla però di distribuzione di poteri tra privati. Un’attività suscettibile di potere autoritativo, infatti, non può essere svolta in regune di sussidiarietà.

Conclusioni

Affinché la sussidiarietà possa essere una possibile e adeguata risposta ai vari problemi sociali e civili che possono presentarsi, deve essere accompagnata da altri due principi molto importanti: la differenziazione (innanzitutto territoriale) e la flessibilità. Il principio di sussidiarietà orizzontale, infatti, non è solo un enunciato, ma prende vite e forme sempre diverse, in un progetto sempre più ambizioso che non si svolge nelle aule del Parlamento, ma nelle nostre città.