Nuovi indicatori del benessere sociale?

Dalla "religione dei numeri" al modello di bottom-up: un percorso partecipato

Sarkozy ha voluto la nascita della commissione nel febbraio 28 con l’obiettivo di elaborare un nuovo indice, più adeguato del Pil, nel rilevare l’effettivo benessere sociale. Unico componente italiano della commissione è il presidente dell’Istat, Giovannini.

Il Pil sembra faticare nel riflettere il livello di sviluppo economico e sociale di un paese ma anche inadeguato a cogliere le sfaccettature della recessione mondiale. E’ dopo la Dichiarazione di Istanbul che si intende creare un modello bottom-up: sviluppare una discussione democratica che parta dal basso nel ridefinire cos’è il progresso. I tre gruppi di lavoro della commissione si sono occupati rispettivamente di Gross domestic product (Gdp), qualità della vita e sostenibilità, basandosi su due grandi sistemi: ecosystem e humansystem. Il progresso della società deve essere inteso come un incremento del benessere equo e sostenibile, come si evince anche dal Global project dell’Ocse. Migliorare i modelli di policy making e valutare come le politiche incidano sul benessere e non sulla crescita è il passo da compiere.

La "de-pilazione"

Il presidente del Cer, Giorgio Ruffolo, ha ricordato che il Pil “misura tutto, eccetto ciò che rende la vita degna di essere vissuta” (R. Kennedy, Kansas University, 1968). Il padre del Pil è sicuramente Simon Kuznets, che riceve l’incarico, nel bel mezzo della crisi, dal presidente Roosevelt, di elaborare una misura dell’economia. Kuznets, aggiunge Ruffolo, aveva circoscritto il Pil all’area del mercato, come somma di transazioni. Oggi, invece, è necessario integrare la contabilità economica con i basic needs. Anche nella Strategia di Lisbona ci si esprime in tal senso. E’ intervenuta al dibattito anche Elisabetta Segre, dipartimento di Economia e membro Lunaria, che ha illustrato, nell’ambito della campagna Sbilanciamoci, il Quars, indice di qualità dello sviluppo regionale.

Il senso civico

L’accountability di un governo o dei cittadini rappresenta uno stock di capitale: difficile da accumulare ma facile da dissipare. Luigi Zingales, nel suo articolo, propone un’altra misura del benessere: il senso civico. Quando i politici, i cittadini, prestano attenzione agli obiettivi di lungo periodo e una norma viene avvertita come bene comune, il benessere del paese cresce, la collettività tutta può trarne benefici. I costi sociali e legali dovrebbero indurre ad accumulare questo tipo di “capitale”. Zingales riporta l’esempio del manager che, pagato non solo in base ai profitti annuali ma anche sulla base del valore futuro dell’impresa, sarà meno incentivato a sacrificare obiettivi di lungo periodo a favore di quelli di breve periodo. Dunque misure di performance alternative saranno utili per valutare il benessere sulla base di traguardi futuri. Anteporre il bene collettivo all’interesse particolare è possibile solo se percepito come norma comune. Così le amministrazioni funzionano meglio e l’economia progredisce. In fondo discutere degli indicatori, vuol dire discutere degli obiettivi di una società (Amartya Sen).

"Growing for progress"

Il rapporto Stiglitz si chiude con tre messaggi che rappresentano più un auspicio per il futuro che la nascita di “nuovi indicatori”. Il primo punto è che la sostenibilità si misura con le proiezioni, ma al momento si è in grado di individuare solo rischi di “insostenibilità”. La metrica dei prezzi non è più possibile. Il secondo messaggio riguarda l’aspetto normativo: ogni paese dovrebbe costituire una tavola rotonda per capire come misurare il benessere e cosa intendere per benessere. Il terzo messaggio, infine, prospetta la valutazione di riferimenti globali. I paesi più sviluppati possono indirizzare più risorse alla sostenibilità ma sono anche rei dell’ “insostenibilità” climatica. “Non abbiamo trovato il santo Graal, né l’indicatore unico del progresso, ma stiamo facendo passi avanti verso un nuovo paradigma economico. La complessità non può ridursi a un numero e questo è il primo dei nostri messaggi. Il secondo è che bisogna passare dall’attenzione spasmodica alla produzione a una valutazione del benessere effettivo”, conclude Giovannini.