L’Autrice prende le mosse da una lettura riduttiva della partecipazione, affermatasi in dottrina all’ombra del meccanismo della rappresentanza politica, come strumento di correzione dei difetti di questa.
A favorire tale posizione di alterità della partecipazione rispetto alla rappresentanza, in un’ottica di contrapposizione e competizione, anziché di complementarità, vi sono i diversi approcci e linguaggi che hanno permeato il tema di un’ambiguità concettuale e semantica difficilmente riducibile ad unità.
Questo ha comportato l’inquadramento dell’indicata materia all’interno delle libertà politiche e agli istituti della democrazia diretta.
L’Autrice osserva, però, che vi è tutta una serie di prassi, sperimentazioni, dinamiche concertative ulteriori che ineriscono al “potere di fatto dei soggetti privati organizzati” e che sono ricondotte alla formula della cd. “democrazia partecipativa”.
Tale categoria viene principalmente usata in funzione descrittiva, mentre, per ricondurre le istanze partecipative, moltiplicatesi negli ultimi anni, all’interno del disegno costituzionale, è necessario recuperare la funzione normativa della democrazia partecipativa, che non si risolva, però, in una incontrollata proliferazione di norme ispirate ad esigenze di garanzia e controllo.
Per ricomporre questa tensione l’Autrice propone di elaborare una “teoria generale della partecipazione, con prioritario riferimento alla qualificazione delle posizioni giuridiche soggettive e delle relative garanzie di effettività”.
Per far questo è necessario ricondurre l’intera problematica al testo costituzionale, in particolare agli articoli 1, 2 e 3 della Carta, per analizzare il modello valoriale sotteso al principio di partecipazione.
L’elemento che appare, allora, necessario rinforzare è proprio la portata normativa del principio in esame e il modello della democrazia partecipativa risulta quello più indicato per consentire il dispiegarsi della “dimensione dinamica della partecipazione”, idonea a porre in comunicazione e in continuo confronto i soggetti pubblici e la società civile per “l’esercizio condiviso del potere”.
Le pretese partecipative richiedono, però, di essere tradotte anche in posizioni giuridiche soggettive chiare e intelligibili. L’Autrice analizza le diverse teorie che configurano il diritto di partecipazione ora come diritto individuale e inviolabile, oracome diritto posto all’interno delle libertà politiche, nel ristretto quadro della democrazia diretta.
La lettura preferibile appare quella che riconduce la partecipazione all’alveo dei diritti sociali, in quanto l’effettività è la condizione di esistenza dei cd. diritti di partecipazione. Risulta, allora, essenziale un intervento positivo dello Stato, nell’ottica di una politica redistributiva di informazioni e capacità.
E’ proprio attraverso l’integrazione del singolo all’interno della vita dello Stato e della comunità sociale che la partecipazione assurge a elemento imprescindibile di collegamento tra il principio personalista e quello solidarista, entrambi principi fondamentali della Carta costituzionale.
VALASTRO A., Stato costituzionale, democrazia pluralista e partecipazione: quali diritti?, in corso di pubblicazione in “Scritti in onore di Enzo Cheli”, Bologna, Il Mulino, 29.