Il modello del commissario straordinario

La gestione della cultura affidata al ruolo emblematico del commissario straordinario

Prende sempre piu corpo e vita nella attuale geografia dei musei in crisi il modello gestionale, tipo protezione civile, del commissario straordinario, figura emblematica e complessa, ma soprattutto oscura alla luce delle ultime inchieste emerse circa il reale ed effettivo potere che si cela dietro questa carica; è qui il caso di parlare dei quattro tra i maggiori siti in Italia: in nome dell’emergenza sono stati nominati a Pompei, Uffizzi, Brera e Roma i rispettivi incarichi di commissari straordinari. Nella Pinacoteca di Brera a Milano è stato nominato Mario Resca, affiancato dalla società Ales, che si trova a gestire un fondo, ancora da reperire, di 5milioni di euro; negli uffizzi di Firenze troviamo Elisabetta Fabbri; nelle aree archeologiche di Roma ed Ostia vi si sono successi dapprima Guido Bertolaso ed ora, in seguito agli impegni del capo della protezione civile in Abbruzzo, Roberto Cecchi; ed, infine, nell’area archeologica di Pompei Marcello Fiori, all’epoca dell’incarico responsabile dell’ufficio emergenze della protezione civile.

Questa è la mappa dei 4 maggiori siti italiani affidati in gestione all’operato dei commissari straordinari per superare la fase di crisi e difficoltà, la messa in sicurezza dei siti, la loro manuntenzione e la preparazione per il 15esimo anniversario dell’unità d’Italia; la motivazione è sempre la stessa: fare in fretta. Le modalità veloci sono quelle che hanno sempre caratterizzato le situazioni di emergenza, in cui giocano un ruolo cruciale fattori come l’efficienza dei mezzi, la rapidità di intervento, l’attribuzione ad uno solo di poteri assoluti di scelta su chi, come e con quali modalità intervenire.

Occorre attentamente una riflessione circa il ricorso a questo tipo di gestione straordinaria alla luce delle recenti inchieste che hanno stravolto la stessa protezione civile e la figura del commissario straordinario con pieni poteri e, delle possibilità, che il malaffare si possa ramificare anche nel settore dei beni culturali, attirato dagli svariati affari milionari che ruotano intorno ai cantieri della cultura.
Si tratta di analizzare sul perchè si faccia uso di questo modello gestionale che, limitato alle sole situazioni emergenziali, trova sempre piu’ spazio e legittimazione dalle istituzioni anche per la gestione di quelle che situazioni emergenziali non sono; qui appaiono i limiti di gestione che rappresenta nient’altro che l’estremo modello organizzativo amministrativo tradizionale che porta i cittadini a divenire meri assistiti, soggetti e corpi passivi, utenti o clienti privi di capacità e conoscenze, confliggendo con quei nuovi modelli di gestione partecipata, non piu’ indirizzati al semplice ascolto dei cittadini ma alla condivisione.

Il modello dell’amministrazione condivisa centrato sul paradigma sussidiario presuppone un convergere di soggetti pubblici e privati verso il comune obiettivo rappresentato dall’interesse generale; quando il museo agisce dentro il paradigma dell’amministrazione condivisa, non si interroga solo su cosa i cittadini possono eventualmente fare, bensì si dispone ad offrire loro il sostegno necessario per assumersi autonome responsabilità nella promozione della cultura, della conoscenza, della bellezza; non si tratta di una dicotomia bensì di un incontro tra i due; o per meglio dire un incontro capace di generare valore aggiunto per entrambi.