Quando i lettori diventano editori

Contro le inadempienze del giornalismo tradizionale, è in arrivo quello 'on demand'

In passato il giornalismo apparteneva ai grandi editori, ai gruppi di interesse, ai partiti. C’era dunque la convinzione che l’opinione pubblica fosse un’emanazione di poche voci “ufficiali”, contenuta all’interno di circoli elitari. I media in seguito si sono moltiplicati, è cresciuta la concorrenza per attrarre il maggior numero di lettori, quindi di gruppi pubblicitari, ma di certo non è aumentata la quantità delle informazioni pubblicamente rilevanti né la loro qualità.


Online e non profit: un binomio vincente

Nel 21 prende avvio una nuova fase: per la prima volta il premio Pulitzer, maggior riconoscimento giornalistico mondiale, è andato ad un sito online. Non solo una pubblicazione su internet ma anche non profit. Propublica.org, “journalism in the public interest”, dirama contenuti con licenza Creative Commons, liberi quindi di essere citati e riproposti altrove. Lo scopo della redazione, composta da 32 persone, è infatti proprio quello di mettere a disposizione dei più importanti giornali statunitensi, gratuitamente, storie di pubblico interesse dotate di “forza morale”. Articoli dunque che possano risvegliare la coscienza del cittadino, formarlo e dunque renderlo attivo.

Nel momento in cui le fonti che esprimono opinioni stanno proliferando, quelle che si occupano di fatti, su cui le stesse opinioni si costruiscono, stanno pericolosamente diminuendo o convergendo, per gli scarsi profitti che queste generano. Ecco dunque che Propublica.org, grazie all’azione di sovvenzione e di follow-up dei cittadini, vuole riempire questo vuoto.


Un giornale… tanti piccoli editori

Il crowdfunding è la parola chiave di alcune attività di successo negli Stati Uniti. Dopo la campagna elettorale vincente di Barack Obama, che tra le novità ha registrato le tantissime piccole donazioni effettuate da gente comune, è il momento del giornalismo: Spot Us è un progetto non profit che si propone di aiutare i giornalisti a trovare fondi per i propri articoli attraverso contributi di piccola entità. Una volta proposto un tema, vengono stabiliti anche una somma da ottenere e una data di scadenza: se i soldi richiesti vengono raccolti, l’inchiesta sarà realizzata. Le proposte per gli articoli possono arrivare sia dai cittadini che dai giornalisti e, se un qualsiasi giornale volesse dei diritti parziali sui pezzi realizzati, dovrebbe pagare per averli: quei soldi tornerebbero così ai membri della community che hanno finanziato l’inchiesta, sotto forma di crediti da reinvestire in altri articoli.

Il giornalismo on demand è prossimo a sbarcare in Italia. In Dig-it, la risposta italiana a Spot Us, a decidere se un articolo merita di essere scritto e pagato saranno i suoi potenziali lettori. Anche in questo caso dunque si vuole agire in maniera trasparente e democratica, senza dover ricevere input editoriali, evitando di cadere in inutili bassezze per necessità pubblicitarie, e soprattutto tenendo a distanza pressioni indebite.


Giornalismo dal basso

Innovazioni che potrebbero cambiare radicalmente il modo in cui la cittadinanza si costruisce un’opinione: questa attività creatrice è sì un bene pubblico intangibile ma anche il punto di partenza necessario per ogni iniziativa di tutela e di monitoraggio dei servizi dello Stato. E se una ricerca ha evidenziato che i consigli personali e le opinioni pubblicate su internet dai consumatori sono le forme di advertising ritenute più affidabili, il giornalismo non può che trovare giovamento dagli impulsi che provengono dal basso.