I programmi politici dei candidati a confronto

Il 10: quel numero conteso tra dibattiti televisivi e programmi politici

Potrebbe essere una svolta storica nella politica britannica, da sempre dominata dalle due forze maggioritarie, laburisti e conservatori ora potrebbe aprirsi uno spiraglio anche per Clegg. Analizzando i programmi politici dei candidati di Downing Street si nota che i temi cruciali si focalizzano sull’economia e la società civile con uno sguardo alle politiche sociali, all’immigrazione e alla green economy.

David Cameron e il suo programma

È vero: a volte le parole non contano, a volte le definizioni non sono poi così rigide e le idee cambiano…persino quelle dei conservatori. È fortemente innovativo il manifesto di David Cameron, leader del partito conservatore britannico. Lo si intuisce fin dal titolo: “Invitation to join the Government of Britain”.

Si precisa, fin da subito, il senso di una simile esortazione: si vuole che la cittadinanza partecipi attivamente alla vita sociale, nell’idea di fondo che il governo da solo non sia in grado di rivoluzionare lo status quo, anche quando questi si sia dimostrato fallimentare e che i veri cambiamenti necessitino invece della mobilizzazione di milioni di persone con un obiettivo comune. La posizione dell’Inghilterra è, oggi più che mai, difficile: da un lato, deve fronteggiare problemi di grande portata, colpita com’è stata dalla crisi finanziaria dell’autunno 28 e, dall’altro, non può ulteriormente rimandare quei cambiamenti strutturali di cui è ormai chiara l’urgenza.

È ciò che Cameron sottolinea già nell’introduzione del suo programma: quando parla della necessità di costruire un nuovo modello economico che dipenda meno dai servizi finanziari, considerati troppo volatili.
Per affrontare problemi di simile portata non è però sufficiente, ed ecco l’idea davvero innovativa, attendere che qualcuno intervenga dall’alto, c’è bisogno invece che cittadini, famiglie, imprese, sia grandi che medio-piccole, piccoli risparmiatori e così via agiscano insieme per risollevare le sorti della Nazione. Ogni singolo cittadino dovrebbe chiedersi cosa può fare in prima persona ed essere in tal senso responsabile verso la comunità, secondo quell’idea di sussidiarietà e partecipazione attiva alla vita pubblica che ci sentiamo di promuovere.

Il governo, in UK, e ancor più nel nostro Paese, sembra aver assunto oggi, agli occhi dei cittadini, un ruolo antagonistico: una rocca di uomini, che compaiono solo negli schermi delle televisioni, pieni di belle parole a cui nessuno crede più . Si tiene la forma e si dimentica la sostanza. L’idea di base di questo manifesto, per contrasto, sembra restituir vita ad un’idea “di sostanza”, in quanto tale applicabile indipendentemente dallo schieramento politico, dalle origini culturali e persino dalle forme di governo. Si caldeggia la necessità di muovere insieme, in quanto collettività, al fine di raggiungere uno stato di maggior benessere economico, sociale, ambientale.

Nel manifesto del partito conservatore si leggono una serie di iniziative volte a favorire la partecipazione dei cittadini alla vita sociale. Si dà maggiore importanza al terzo settore e alle organizzazioni di volontariato, che vengono a ricoprire un ruolo centrale nella gestione di servizi locali, come ad esempio quelli dell’istruzione. Lì dove il cittadino non sia gestore del servizio, egli mantiene comunque un ruolo attivo, essendo deputato a controllare la qualità del servizio stesso.
Si vuole rendere i singoli in grado di scegliere in quale struttura ricevere la prestazione (ad esempio con riferimento alla sanità) e, perché questa scelta sia consapevole e funga quindi da incentivo per chi eroga il pubblico servizio, si intende implementare un regime di trasparenza.
Da qui l’obbligo di pubblicare, on-line, indicatori di performance (ad esempio delle cliniche sanitarie).

Due i concetti che troviamo alla base della riforma dei servizi pubblici locali promossa dal partito conservatore britannico: prossimità e accountability. Dal controllo statale ad una responsabilità sociale , dal “Big Government” alla “Big Society”.
Da qui la volontà di strutturare un apparato decisionale ed esecutivo maggiormente decentrato, che trasferisca potere ai livelli locali di governo e sfrutti al meglio le potenzialità di imprese sociali, charity e organizzazioni di volontariato sia per la gestione e la fornitura dei servizi pubblici sia al fine di sradicare problemi sociali di ampia portata. Per esse si prevedono, inoltre, nuove forme di finanziamento, in particolare ad opera di una Big Society Bank appositamente instituita.

Grande attenzione è data alle potenzialità dei cittadini attivi: lo Stato deve stimolare azioni ed imprese sociali e formare nuovi responsabili di comunità, che aiutino i singoli individui a divenire parte di un gruppo di cittadinanza attiva. Si intende dare, ad esempio, la possibilità ad alcuni genitori di fondare nuove scuole o a piccole comunità di prendersi cura di amenità locali quali parchi e librerie. Si prevede che i comitati di quartiere acquistino maggior potere all’interno del sistema di pianificazione del territorio locale. Secondo questa nuova forma di planning system, infatti, i neighbourhoods potrebbero specificare il tipo di development che desiderano per la loro area, definendo dei veri e proprio “piani di quartiere”, da inserire poi nel più generale piano di programmazione locale.

Per finire, si intende dare maggior voce ai cittadini: votare una volta ogni 4/5 anni non è sufficiente! Si propone perciò: che ogni petizione con più di 1 mila firme sia oggetto di discussione in Parlamento; che sia prevista una piattaforma on-line in cui tutti i cittadini possano commentare le leggi in discussione in Parlamento in quel momento; che sia possibile aprire un referendum locale su qualunque issue riguardante il territorio se il 5 per cento della popolazione di quella zona lo richieda; che sia assicurato alle communities il diritto di fornire servizi locali.

La riforma è ampia e – al di là dell’esito delle elezioni – dimostra un cambiamento nella filosofia politica occidentale, che conduce verso cittadini più attenti e partecipi e verso un nuovo “patto sociale”, che si basi su rapporti orizzontali più che verticali. Quest’impostazione sembra, peraltro, richiamare un’idea già presente nelle parole di Martin Westlake segretario generale del Comitato economico e sociale europeo che, alla terza assemblea generale Rena (autunno 29), inneggiava alla “partecipatory democracy ".
Non basta più la sola democrazia rappresentativa e diretta ma c’è bisogno di una reale partecipazione dei cittadini alla vita sociale delle nazioni e della stessa comunità europea. Dalla rocca alla cruda terra: questo passaggio di ritorno al modo reale e quotidiano del vivere sociale deve avvenire tanto a livello di governi nazionali quanto nelle istituzioni comunitarie.

Nick Clegg e il suo Manifesto

Si parla di una riscossa del “vessillo giallo”, il caratteristico colore del partito liberale, per i sorprendenti risultati di questi giorni. I sondaggi, infatti, sembrano sorridere al LibDem. Molti si interrogano sul ruolo di Clegg e The Guardian si spinge oltre ipotizzando un Obama inglese.

Il programma “Change that works for you – building a fairer Britain” si propone di sviluppare quelli che Clegg definisce i “four steps to a fairer Britain": fair taxes, fair chance, fair future e fair deal. Quella di Clegg non è una sorta di “wishful list” ma un programma concreto il cui fondamento è il concetto di fairness, ossia: giustizia, merito, diritti civili, norme rigide ma eque per affrontare l’immigrazione e la sicurezza pubblica. Intende offrire una proposta concreta ai cittadini per catturare quell’elettorato deluso da Brown e non convinto del tutto da Cameron.

Il primo step del manifesto affronta il problema delle tasse. Risulta già chiaro il titolo della proposta: “Put money back in your pocket”; per chi ha un reddito non superiore a 1 mila sterline non pagherà le tasse, mentre aumenteranno per chi possiede redditi più alti.
Il secondo step attiene alla questione dell’istruzione, implementare il diritto allo studio puntando sul merito ed evitando che le condizioni economiche della famiglia di provenienza siano una discriminante negli studi. Creare classi con un numero di studenti ridotto in modo tale che ognuno possa essere seguito one to one. Investire nelle scuole per garantire, appunto, fair chance for every child.
Il terzo step attiene all’economia e al futuro del paese. Cercare di incrementare gli investimenti verso le imprese, uno sforzo che dovrebbe essere sostenuto dalle banche. Proteggere il real business dice il libDem. Le nazionalizzazioni di Brown dopo il credit crunch (stretta creditizia) non hanno migliorato la situazione economica britannica, per questo Clegg punta ad ruolo più responsabile delle banche.
Ultimo step è quello che riguarda più direttamente la politica. Cleaning up politics, si legge nel manifesto. Cercare di restituire credibilità alla politica, “ripulirla” in un certo senso.

Bisogna osservare, però, che proprio su questo punto si sono scatenati gli attacchi della stampa britannica, dopo il secondo dibattito televisivo trasmesso da Sky e da Bbc world news. Si è scoperto, infatti, che tre businessmen fecero donazioni per un anno sul suo conto personale per un ammontare di 75 sterline al mese, pari a circa 85 euro. Clegg si è difeso spiegando che quei soldi servivano a pagare un suo assistente.

Continuando ad analizzare il programma del leader LibDem si legge di una Gran Bretagna più verde con nuove opportunità per la comunità, quella in cui ogni cittadino si attiva per la cura dei propri spazi e collabora con le autorità per combattere la minaccia del crimine. Ad esempio si prospetta un rafforzamento della giustizia lavorando sulla riabilitazione dei detenuti puntando, altresì, a regole eque per l’immigrazione.

Infatti, alla voce Your community, si sottolinea: “Liberal democrats believe in strong communities, where local people can come together to meet local needs, enjoy a pleasant local environment, and feel free from the threat of crime”.

Sul fronte della sicurezza pubblica, Clegg intende rafforzare il numero di poliziotti per le strade, stimati come la longa manus della giustizia e cambiare il “sistema di immigrazione” rendendolo più giusto.
La normativa sull’immigrazione deve essere rigida ma giusta. In passato il governo ha visto fallire la sua politica migratoria, spiega Clegg, perché non è stato raggiunto l’obiettivo dell’integrazione, il caos sembra dominare e il numero dei clandestini è imprecisato. Allora come rispondere all’emergenza?
Con una serie di mosse che trovino il giusto equilibrio tra “firm” e “fairness”:
– rafforzare i controlli alle uscite dei porti e degli aeroporti;
– rendere sicuri i confini con le forze di polizia del National Border Force;
– combattere contro il lavoro nero e garantire l’integrazione a quegli immigrati che lavorano regolarmente. Aiutare, poi, quanti vivono in Gran Bretagna da almeno dieci anni, anche senza un regolare permesso di soggiorno, purché parlino inglese ed intendano vivere per molto tempo sul suolo britannico, così da regolarizzare la loro posizione incamminandosi verso la strada della cittadinanza. Un discorso questo che non vale per chi arriva ora in Gran Bretagna.

Si parla anche del diritto a “decent home” per i cittadini e del trasporto pubblico. Migliorare il trasporto pubblico tagliando le emissioni di carbone senza limitare le possibilità di spostamento per i cittadini, questo l’obiettivo precipuo. Investire, poi, nel trasporto pubblico migliorando le linee ferroviarie e garantendo piste ciclabili.

A ciò si ricollega la necessità di assicurare a tutti “a green and pleasant land” attraverso l’obiettivo “zero waste”. Questo vuol dire ridurre il packaging e puntare al riciclo, tutelare la biodiversità, proteggere le aree verdi irrigidendo le norme sulla costruzione di edifici contro il “garden grabbing”.

Per quanto riguarda il capitolo dedicato alla politica, dal titolo Fair politics, Clegg è diretto: “(…) put the power back where it belongs: into the hands of the people”. Osserva, infatti, che è soprattutto grazie al contributo dei cittadini che sono possibili le riforme e soprattutto sono i cittadini stessi che, vivendo la realtà quotidiana, possono essere portavoce di soluzioni ai problemi locali. Per questo bisogna puntare ad una politica decentralizzata. Il governo locale deve essere più recettivo dei bisogni e dei problemi dei cittadini. E’ necessario, altresì, implementare il Sustainable Communities Act Amendement Bill, che riconosce alle comunità locali il diritto di proporre azioni riguardanti le proprie zone per migliorare la sostenibilità. Il potere decisionale deve essere redistribuito nelle mani di tutti i cittadini e delle comunità locali. Il passaggio è chiaro: da Westminster ai cittadini.
Dare la possibilità ai britannici di sapere chi governa rettamente e “punire” i parlamentari corrotti, riconoscere maggiori poteri al parlamento scozzese e all’assemblea del Galles puntando al decentramento.

Ultimo obiettivo decisivo del programma riguarda le libertà civili, restoring your freedoms. Si prevede l’introduzione di un Freedom Bill e della riforma del Public Order Act per ristabilire il diritto a protestare. Si punta anche a garantire il giornalismo investigativo nonché liberi dibattiti.

A leggere il programma di Clegg si ha l’impressione che più che essere la "terza posizione", quella nuova, sia invece, almeno per la politica interna, più conservatrice dei Tory. Ma Clegg ama definire la sua politica meritevole e concreta; non intende fare promesse che non può mantenere.

Gordon Brown e “All future fair for all”

Gordon Brown, invece, nel suo programma "All future fair for all" usa slogan “blairiani” tanto che Peter Mandelson, super ministro dell’industria, blairiano antelitteram, sottolinea che “è la naturale evoluzione” delle politiche precedenti e definisce il manifesto come “Blair plus”.
Gli obiettivi centrali del manifesto possono essere riassunti in tre punti:
-Ripresa economica;
-protezione dei servizi pubblici e rafforzamento della società;
-una nuova rotta per la politica.

Partiamo dalla ripresa economica, cosa propone Gordon Brown?
La possibilità è quella di puntare su settori innovativi e sulla tecnologia con particolare attenzione ad una economia più verde. Brown intende riformare le banche, modernizzare le infrastrutture e sostenere i settori privati che investono in un’economia hi-tech. Al contrario i Tories, incalza Brown, intendono rispondere al deficit operando esclusivamente dei tagli non investendo nel futuro economico del paese. Ha assicurato, il primo ministro in carica, che non aumenterà la pressione fiscale se non l’Iva che comunque non colpirà i settori più sensibili come l’alimentazione, il vestiario e i libri scolastici.

Per quel che riguarda il settore dei servizi pubblici e del rafforzamento della società Brown parte dal primo elemento per la crescita di un paese: l’educazione. Garantire il diritto all’istruzione investendo più risorse nelle scuole, con maggiori poteri ai genitori sul personale scolastico e lezioni di sostegno agli alunni delle elementari che restano indietro o presentano difficoltà.

Per quanto riguarda, invece, la salute, si legge nel programma, la volontà di porre gli interessi del paziente al centro dell’attenzione migliorando il servizio sanitario nazionale (National health service) portando le cure a casa del paziente come dialisi e chemioterapia. Scuole, ospedali, e tutti quei servizi pubblici che non raggiungono gli standard stabiliti saranno sostituiti da aziende virtuose che si saranno distinte nell’erogazione dei medesimi servizi con la possibilità di rimuovere i manager pubblici inefficienti.

Inoltre, si parla dell’aumento dei salari minimi e della possibilità di non alzare le tasse sui redditi individuali mantenendo al livello più basso possibile quelle sulle aziende.

La sicurezza pubblica, invece, passa per un rafforzamento delle forze pubbliche e per una normativa più rigida sull’immigrazione che si rifà all’australian style, un sistema a punti per cui è obbligatorio l’inglese per l’immigrato e lo svolgimento di un lavoro che sia necessario all’economia britannica.
“Perché- ribadisce Brown- venire in Gran Bretagna è un privilegio e non un diritto”. Una posizione rigida, quella del primo ministro in carica, in netta opposizione con Clegg.

Un punto su cui si sofferma Brown nel programma è quello della comunità, della possibilità di puntare sullo sport e sulla cultura riconoscendo un ruolo attivo al volontariato e alle imprese sociali. Far in modo che i servizi pubblici siano erogati sempre di più anche dalle imprese sociali con investimenti crescenti mediante la Social Investment bank (simile all’impegno di Cameron).
Per quanto concerne il volontariato Brown ritiene che debba far parte del percorso formativo dei giovani che dovrebbero dedicare almeno 5 ore alla propria comunità già all’età di 19 anni riscoprendo il tema della cittadinanza nelle scuole.

Un altro tema degno di nota è quello della “green recovery”. Gli obiettivi da realizzare sono essenzialmente quelli di raggiungere il 4 percento di elettricità low-carbon entro il 22 e creare 4mila posti di lavoro “verdi”; raggiungere l’obiettivo “zero waste” (come Clegg) impiegando materiali riciclabili e biodegradabili; incrementare le aree protette ed assicurare la Green belt (la cintura verde- è una norma che regola lo sviluppo urbano e che prevede un’area verde, fatta di parchi, boschi, terreni coltivati, attorno ai centri abitati per evitare una sconsiderata proliferazione di costruzioni) e rendere, infine, più facile una vita verde attraverso la formula “pay as you save” dotando le case di dispositivi di isolamento termico e garantendo ai pensionati sconti sulla bolletta.

Il capitolo conclusivo del manifesto laburista attiene alle riforme istituzionali, ormai inevitabili visto lo scandalo delle spese dei parlamentari. Ecco allora i referendum sulla riforma del sistema elettorale (first-past-the post) e della Camera dei Lord. Ai cittadini sarebbe riconosciuta anche la possibilità di “destituire” i parlamentari poco virtuosi, un po’ come la filosofia nickiana del “cleaning up politics”.

Domani avrà luogo il terzo dibattito televisivo e forse quello decisivo centrato sull’economia. Intanto si profila l’ombra dello “Hung Parliament” in cui non vi è un partito che abbia l’effettiva maggioranza.
Comincia il conto alla rovescia che designerà il nuovo inquilino di Dowing Street.