Il diritto di accesso agli atti della pubblica amministrazione

Solo la piena informazione è garanzia di scelte razionali.

Per il Tar Campania, sentenza n. 124 del 27, la legittimazione del diritto di accesso esercitato per la tutela di interessi diffusi, astrattamente ammissibile in ossequio alle finalità  di democraticità  e trasparenza dell’azione amministrativa, in attuazione del principio di sussidiarietà  orizzontale, va contemperato con l’interesse della pubblica amministrazione a non subire eccessivi intralci alla cura dell’attività  istituzionale.

L’evoluzione della disciplina sull’accesso agli atti amministrativi

E’ passato molto tempo dal disegno di legge Nigro, presentato il 19 novembre 1987, nel quale l’accesso viene delineato come diritto di chiunque all’esame ed all’estrazione di copia di tutti i documenti amministrativi. Nel testo definitivo dell’articolo 22 legge n. 241 del 199, infatti, viene meno il collegamento al più ampio diritto all’informazione ponendosi come presupposto indefettibile la connessione con una situazione sostanziale giuridicamente tutelata. La successiva legge n. 15 del 25 intervenuta in materia, restringe ancor più i soggetti legittimati all’accesso (tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un «interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso »).
I dati ormai acquisiti in giurisprudenza sembrano dunque essere, da un lato, l’esclusione della coincidenza fra legittimazione a ricorrere in sede giurisdizionale avverso l’atto lesivo della posizione soggettiva e legittimazione all’accesso; dall’altro la non necessità  di dimostrare, a sostegno dell’istanza di accesso, la titolarità  di un interesse ulteriore e distinto rispetto a quello relativo alla conoscenza dell’atto ma solo la meritevolezza di questo, attraverso l’esternazione della motivazione.
Sulla base della meritevolezza si può ipotizzare un collegamento del soggetto con un bene riferibile ad un centro di riferimento di interessi ultraindividuali, imputabili ad una collettività , sulla base del concetto di cittadinanza amministrativa, il quale prende consistenza in relazione all’estensione dello status di cittadinanza europea, i cui contenuti si delineano trasversalmente nelle attività  economiche e sociali all’interno di tutti i cittadini dell’Unione. Questo concetto è qualificato principalmente dall’appartenenza alla collettività  locale nella quale il cittadino è titolare di pretese nei confronti dell’amministrazione ma è anche interlocutore necessario nell’esercizio del diritto di iniziativa tipico del principio di sussidiarietà  che vale, nel contempo, a fondare la responsabilità  sociale di ciascuno nel rendersi protagonisti della vita collettiva e concorrere, anche attraverso le compagini associative, al soddisfacimento delle esigenze e dei bisogni della collettività .
Le garanzie connesse ai nuovi contenuti della cittadinanza pongono pertanto le basi affinché la graduale apertura dell’amministrazione verso l’esterno consenta al cittadino di accedere all’attività  amministrativa ed al patrimonio documentale dello Stato e degli enti pubblici dando alla trasparenza un connotato più pregnante e consentendo l’esercizio di poteri di controllo e cooperazione.
Per converso, la legge attuale ragiona in termini di diritti e interessi contrapposti, ove invece il risultato che la commissione Nigro si prefiggeva di raggiungere era l’interazione delle forze presenti nel tessuto sociale, la composizione armonica dei ruoli che valesse a realizzare pienamente l’obiettivo della conoscenza, comprensione, controllo e condivisione.

Il diritto alla trasparenza

In questa ottica si comprende ancor più come il valore costituzionalmente protetto della libertà  di manifestazione del pensiero postuli il diritto di informazione, primo stadio del processo di comprensione, fino alla maturazione di un’opinione. Ciò prelude all’esercizio delle scelte le quali, nella misura in cui sono condivise dal tessuto sociale, sono tanto più in grado di orientare le scelte politico-amministrative. E’ chiaro che questa connessione può instaurarsi e funzionare in quanto l’informazione circoli il più liberamente possibile. Solo la piena informazione è, infatti, garanzia di scelte razionali e per converso, ogni ostacolo si traduce in depauperamento dell’esercizio di scelte libere e consapevoli.
Nella sentenza in commento l’adesione a tali concetti si scontra con il disposto in base al quale l’accesso è denegato nella misura in cui traspare l’obiettivo dell’istante di «porre sotto esame un intero settore di attività  dell’amministrazione, chiedendo l’accesso indiscriminatamente a tutti gli atti posti in essere in un determinato periodo, relativamente a determinate tipologie di affari o di materie », ciò che urterebbe con il dettato letterale della legge n. 241 del 199 ( «Non sono ammissibili istanze di accesso preordinate ad un controllo generalizzato dell’operato delle pubbliche amministrazioni ») creando peraltro notevole intralcio all’attività  amministrativa. In senso conforme anche Tar Lazio del 18 gennaio 21 n. 395 ( «deve escludersi che il diritto di accesso garantisca all’istante un potere esplorativo generico nei confronti di eventuali atti…l’interesse alla conoscenza è destinato alla comparazione con altri interessi rilevanti, fra cui quello della p.a. a non subire eccessivi intralci »). Analogamente, Consiglio di Stato del 1 febbraio 29 n.741, il quale fa leva sulla strumentalità  del diritto di accesso opportunamente delineato nella prospettazione dell’interesse sotteso, personale, concreto e non emulativo, pur senza la necessità  dell’attualità  della lesione della posizione giuridica che legittima la richiesta.
Appare chiaro come ciò che va perduto nella pratica applicazione della legge n. 241 del 199 sia l’obiettivo finalistico collettivo di conoscere per poi valutare, in nome della trasparenza e nell’interesse della collettività . L’occasione mancata è tanto più visibile se si confronta l’accesso come disciplinato dalla legge n. 241/9 con l’accesso ambientale quale risulta dagli ultimi interventi legislativi: «in attuazione della legge 7 agosto 199 n. 241, e successive modificazioni, e delle previsioni della Convenzione di Aarhus, ratificata dall’Italia con la legge 16 marzo 21, n.28, e ai sensi del decreto legislativo 19 agosto 25, n.195, chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell’ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale » (Art. 3 -sexies decreto legislativo 16 gennaio 28 n. 4). Si può notare come siano venuti meno i limiti soggettivi ed oggettivi propri dell’accesso ai documenti amministrativi, potendo esso riguardare anche informazioni da elaborare e non solamente documenti già  formati ed esistenti, con l’unico limite costituito dal doversi trattare pur sempre di informazioni ambientali detenute dalle autorità  pubbliche e concernenti lo stato degli elementi dell’ambiente, come anche i fattori e le misure, anche amministrative, che possono incidere su tali elementi.



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