I graffiti che decorano Roma, soprattutto nel centro storico, sono oramai tantissimi, è impossibile non notarli. Scritte senza senso, proclami d’amore, semplici parolacce, uno scempio che colpisce tutti, dai cittadini ai turisti che si chiedono come sia possibile rovinare una delle più belle città del mondo.
L’articolo sul Wall street journal
A chiederselo questa volta è anche uno dei più autorevoli giornali americani, il Wall street journal, che dedica un suo articolo, recentemente pubblicato, alla campagna contro i graffiti a Roma lanciata da un gruppo di americani (guarda il video). Secondo il famoso quotidiano, i graffiti, altro non sarebbero che un tentativo da parte dei romani di sottrarre la città ai turisti, impedendo che il centro diventi un museo. In realtà, molto probabilmente più che un piano ben congegnato, lo scempio che vediamo per le vie di Roma sembra il frutto dell’inciviltà dei cittadini, della mancanza di rispetto per un bene comune come la città e il suo territorio. L’amministrazione ha cominciato recentemente la propria lotta, con l’inasprimento dei controlli e delle sanzioni economiche, accompagnate dall’obbligo per i writers di ripulire i palazzi. L’azione promossa non sembra, però, sufficiente, anche perché appare impossibile controllare 24 ore 24 tutte le vie di Roma. La strada da seguire è diversa, è un percorso di civiltà e di educazione alla cittadinanza.
Riprendiamoci Roma
È proprio questo il motto di un gruppo di volontari americani che ripulisce i muri di Roma, guidati da Rebecca Spitzmiller di cui fanno parte anche alcuni diplomatici americani. Il progetto Retake Rome, letteralmente riprenditi Roma, in collaborazione con la fondazione Garibaldi, di cui Labsus si è già occupata, nasce proprio dall’indignazione di Rebecca Spitzmiller per le scritte sui muri del proprio palazzo, in viale Eritrea. Piuttosto che aspettare il lungo percorso burocratico o far finta di nulla, come spesso accade, ha deciso di fare da sola con l’aiuto del figlio. Era l’inizio di un movimento che sta conquistando la Capitale coinvolgendo anche alcune delle figure più autorevoli come dimostra l’iniziativa di Ponte Sisto, a cui hanno aderito anche l’ambasciatore Usa a Roma David Thorne, quello presso la Santa sede Miguel Diaz e l’ambasciatrice alla Fao Ertharin Cousin.
Progetto Qart
Quella di retake rome è una battaglia contro gli imbrattatori, non contro gli artisti. È proprio questo un punto fondamentale della discussione, la linea che divide uno scempio da un’opera d’arte. Il problema è come si utilizza la libertà e la creatività, con quali fini e con quali risultati. Un bel murales che arricchisce un grigio muro di periferia può contribuire a riqualificare l’ambiente, può avere una funzione positiva di decoro di un bene comune. Diverso è il discorso per scritte, firme e obbrobri senza alcun senso, non c’è nulla di artistico in questo, ma solo un mix tra inciviltà e vandalismo.
L’arte dei graffiti può anche essere al servizio della città, come testimonia la stazione Nuovo Salario, interamente ridipinta da due writers romani, naturalmente autorizzati, che hanno trasformato i muri sudici dei corridoi e dei sottopassaggi in un tripudio di arancio e giallo. L’esperimento, che fa parte del programma Qart, è una conquista per tutti, per i cittadini, per la città ma anche per gli stessi writers che hanno ottenuto uno spazio legale su cui esprimersi. È in questa direzione che bisogna muoversi, c’è bisogno di un cambiamento culturale, c’è bisogno di cittadini attivi che vogliano fare la propria parte per la loro città.
Il progetto riprenditi Roma e l’esperimento del Nuovo Salario mirano proprio a questo, a costruire una rete di cittadini attivi che quartiere per quartiere faccia propria la battaglia contro il degrado. Le istituzioni, però, dovranno fare la loro parte con controlli, sanzioni e appoggio a tutte quelle iniziative che simboleggiano l’amore dei cittadini di Roma per la propria città.