La sicurezza e la protezione a Guidonia partono dal basso

" La sicurezza è un bene comune di cui tutti i cittadini dovrebbero sentirsi responsabili " .

Nell’incertezza e nell’instabilità di vivere in un territorio insidiato dalla microcriminalità, dove le forze dell’ordine spesso latitano nella loro azione di controllo e persecuzione del crimine, i residenti dei quartieri Marco Simone e Setteville Nord, della cittadina di Guidonia, hanno deciso di unire le loro forze e autonomamente proporre iniziative concrete per arginare la deriva di insicurezza crescente. Davanti al moltiplicarsi di rapine, aggressioni e furti negli ultimi tempi i cittadini, costretti e barricarsi in casa nelle ore serali, rilanciano l’importanza di una collaborazione fruttuosa con la sicurezza pubblica.

"Siamo coscienti che le forze dell’ordine hanno poche risorse e che purtroppo le pene per i malfattori non saranno severissime – affermano alcuni cittadini – ma la nostra battaglia deve continuare". Tra le proposte partite dal nucleo cittadino spicca l’intensa attività di informazione, tramite la distribuzione di volantini e periodici, volta a sensibilizzare l’opinione pubblica e gli apparati istituzionali sulla gravità del problema. E’ necessario predisporre l’installazione di strumenti che contrastino la delinquenza come gli antifurti o le grate e coordinare una società di vigilanza operante sul territorio quotidianamente.

Rilevante risulta anche la creazione di un servizio di autocontrollo del territorio, con passeggiate notturne effettuate con periodica turnazione dai residenti per perlustrare la zona e, in casi di movimenti sospetti, contattare le forze dell’ordine. I cittadini di Guidonia si sono detti pronti a continuare la loro mobilitazione, organizzando anche fiaccolate di protesta, che coinvolgano non solo i quartieri interessati ma tutta la città, per focalizzare l’attenzione sui principali problemi che investono la realtà quotidiana: sicurezza, scuola, trasporti e rifiuti.

In un vademecum preparato dai residenti vengono riportati alcuni consigli, come il non sottovalutare alcun tipo di rumore proveniente dall’esterno, chiudere sempre le imposte senza lasciare le chiavi nella toppa, tenere d’occhio macchine sconosciute e allontanare da occhi indiscreti borse, portafogli e telefonini.


Fallimento delle ronde: critiche e proposte

L’esempio della città laziale si lega alla riflessione sul fallimento delle ronde di sicurezza, istituite dal decreto ministeriale 8 agosto 29, e sulla loro rilevanza a quasi un anno dalla loro formazione. Labsus ha già rimarcato come l’esperimento delle ronde non abbia riscosso grande entusiasmo, con poche richieste da parte delle associazioni di osservatori volontari di iscrizione agli albi prefettizi. Qualcosa non ha funzionato, come sottolinea anche Romano la Russa, assessore alla protezione civile, polizia locale e sicurezza della regione Lombardia: “Inizialmente ero assolutamente favorevole alle ronde ma mi è parso che dove c’è stato il tentativo di farle, questo tentativo sia fallito miseramente. Il fatto è che, o si dà una veste giuridica diversa a questa iniziativa, ma può diventare anche pericoloso, oppure sono meno utili di altri interventi. Chi mandi in campo? Quattro ragazzi senza mezzi per difendersi. Per combattere la delinquenza ci sono le forze dell’ordine e, se ci saranno risorse, verranno investite sull’attività della polizia locale. Per esempio potenziando l’attività notturna”.


Spostandoci al sud, invece, Salvatore Onofaro, sindaco di Qualiano, in provincia di Napoli, propose nel maggio del 21 l’attivazione di ronde di salvaguardia ambientale in un territorio funestato dall’emergenza ambientale e dalle carenze pubbliche. Il progetto prevedeva una collaborazione tra l’amministrazione comunale e le associazioni di volontariato che volessero rendersi disponibili a segnalare alle forze di polizia eventi o situazioni che potessero comportare pregiudizi alla sicurezza urbana ed essere indicatori di disagio sociale. Tra le principali mansioni dei volontari venivano rimarcate quelle in materia di sorveglianza del territorio soprattutto per quanto concerne il degrado ambientale dovuto all’abbandono selvaggio ed illecito di rifiuti in strada, sia lungo le arterie periferiche che quelle del centro abitato. L’attivazione delle ronde, secondo Onofaro, avrebbe conseguito un duplice obiettivo: salvaguardato l’ambiente, contrastando fenomeni di abbandono illegale di rifiuti, e favorito il carattere partecipativo, coinvolgendo e sensibilizzando i cittadini in attività di volontariato e solidarietà.

La sicurezza è un bene comune

"Le ronde si inscrivono in un modello sicuritario che sembra proporre una valorizzazione delle autonomie locali e che invece, se analizzato da vicino, si rivela di impronta nettamente statalista".(1)

Con la regolamentazione delle ronde, i cittadini hanno la possibilità di partecipare al presidio e al controllo del territorio. Una possibilità che determina la concezione della sicurezza come un bene privato, la cui difesa tocca gli individui e le loro personalità mentre si sminuisce l’assunto fondamentale dello Stato di esercitare il monopolio della forza. L’esigenza della sicurezza, come ricordano Bellavia e Parisi può portare a situazioni conflittuali con un sistema di libertà nel quale si trascura la dimensione attiva e "societaria" del limite, fondamentale, invece, per elevare la sussidiarietà a condizione basilare per uscire dalla trappola delle autonomie. La sicurezza non può configurare "un sistema che l’istituzione applica sul territorio, ma un sistema che il cittadino vive senza subire, e quindi come partecipazione ed unione". Partecipazione e unione ai quali si affianca la percezione dello sforzo pubblico per assicurare l’adempimento di questo bene comune: la conformazione dei quartieri, la struttura degli edifici, l’illuminazione delle strade, incidono sulla percezione di sicurezza da parte dei cittadini.

La sicurezza è un bene comune essenziale allo sviluppo durevole: essa può rappresentare un segnale per la condizione o esclusione sociale, dell’accesso equo agli altri beni comuni, quali l’educazione, la giustizia, la sanità, la qualità dell’ambiente.

La sicurezza urbana non può essere ridotta esclusivamente all’emersione del problema della criminalità perchè essa è una problematica più complessa: promuovere la sicurezza rientra in una politica di sviluppo del bene comune e non si collega meramente al necessario ricorso agli interventi di polizia ricorrere o al sistema penale. La sicurezza della collettività e la sicurezza dell’individuo sono fondamentali per l’esistenza umana. La criminalità minaccia la qualità della vita degli abitanti, è traumatizzante per le vittime e indebolisce la vitalità civica. Per ridurre la criminalità, la violenza e l’insicurezza, spesso l’azione repressiva dei servizi di polizia, del carcere e della giustizia penale non basta: la sensazione di una giustizia infinita, l’incertezza della pena e la sproporzionalità tra reato e condanna, possono portare ad una discrasia tra interessi delle vittime, collettività e autori delle infrazioni. E’ necessario ristabilire un equilibrio tra il controllo, la sanzione e la prevenzione, al fine di dare maggiore importanza alla prevenzione sociale.(2)

Ricordando l’articolo 118 della Costituzione, cittadini possono avere un ruolo attivo nella cura di beni comuni come la salute, l’istruzione, l’informazione, ecc. Il ruolo attivo dei cittadini viene rimarcato anche nella cura del bene comune sicurezza; per quanto concerne il mantenimento dell’ordine pubblico, esso non si configura come bene comune ma, alla stessa stregua del servizio sanitario, del sistema scolastico, della gestione dei trasporti, deve essere considerato un servizio fornito dai soggetti pubblici. "Il mantenimento dell’ordine pubblico è compito delle istituzioni, mentre la sicurezza è un bene cui tutti i cittadini, individualmente e collettivamente, dovrebbero sentirsi responsabile".

(1) Cfr: forum costituzionale

(2) Cfr: Sicurezza partecipata