I diritti sono un costo o una chance?

Sostenibilità . Un parola che ha una strana storia

Ieri era il senso del nostro futuro. Ci mostrava la via giusta per rendere vivibile il mondo in cui viviamo. Per conservarlo e tutelarlo. A vantaggio delle nostre condizioni di vita e della nostra vecchiaia. Ma anche a beneficio dei nostri figli e dei nostri nipoti. Ci diceva qualcosa sul modello di sviluppo preferibile per salvaguardare beni comuni che sono minacciati. L’acqua, l’aria, la terra. Beni comuni. Beni che tutti possono utilizzare. Ma che facilmente vengono sciupati. Esposti al rischio di consunzione. E allora il mondo sostenibile è stato finora – e soprattutto potrà essere – quello che tiene in conto queste minacce. Che vive di riforme strutturali importanti in campo economico, sociale e politico. Che influenzano la nostra vita quotidiana, i nostri stili di vita, il nostro benessere fisico, sociale e culturale. Il mondo sostenibile è quello che riproduci oggi per garantire (anche) alle generazioni future di vivere una vita degna di questo nome.

Il perimetro dei costi

Oggi la sostenibilità si trasfigura. Diventa il criterio economico che misura l’ampiezza del nostro diritto. Il sistema di limiti contabili che segna il perimetro delle nostre legittime aspettative di tutela. Chi scavalca questi parametri economici, diventa un intruso, uno sbrego, una scocciatura. Capita ai malati afflitti da cronicità. Agli anziani non più autosufficienti. Agli invalidi permanenti e inguaribili. Non ci sono più soldi, dicono gli assessori alla salute e i ministri dell’economia. Ovviamente, è sempre colpa di chi li ha preceduti. O del governo nazionale che stringe la cinghia. C’è una strana stagione dell’austerità che non si abbatte sui consumi, ma sui diritti fondamentali. Come il diritto alla salute. E così il governo spegne il fondo per la non autosufficienza. Le regioni tagliano i servizi. L’Inps perseguita gli invalidi. I malati, i cronici, gli anziani diventano un costo. Si è ridotta a questo la sostenibilità.

La salute è sviluppo

Certo, è finita l’illusione che lo stato, attraverso la fiscalità generale, sia in grado di garantire tutto a tutti. Nella pratica, in fondo, non è mai stato così. E’ giusto prenderne atto. Ma sta succedendo qualcosa di più. La salute dei cittadini non è ritenuta dalla politica e dall’amministrazione come una componente dello sviluppo e del benessere di una nazione. Ma come una rogna da mollare sbrigativamente. Sono pensieri brevi, di corto respiro, che non sanno guardare lontano. Mai come oggi viceversa serve una visione strategica, un pensiero selettivo, una governance moderna e lungimirante, in grado di raccogliere il punto di vista dei cittadini. La loro esperienza dei problemi. La loro competenza maturata sul campo. La loro abitudine a valutare la qualità dei servizi. La loro capacità di trovare soluzioni e di orientare la spesa.

Ospedale o territorio?

Gli apparati politici, burocratici e corporativi sono ancora asserragliati negli ospedali e nelle aziende sanitarie. Non hanno ancora raccolto la sfida dell’apertura al territorio, all’utenza, all’innovazione. Ci sono sfide nuove per i servizi sociosanitari regionali: l’aumento della popolazione anziana, l’impatto delle nuove tecnologie e degli stili di vita, il peso delle cronicità, il flusso crescente delle vecchie e nuove migrazioni. Mettere sotto controllo la spesa pubblica può essere un’opportunità per capire come e dove impiegare produttivamente le risorse: farmacie che diventano presidi territoriali, professionisti sanitari che assistono le persone nelle loro case, medici generici e infermieri che riscoprono rapporti umani diretti con i pazienti, sviluppo di risposte sociali diffuse nel territorio, attività di prevenzione per limitare l’impatto di stili di vita scorretti sulla sanità di tutti. Gli esempi potrebbero continuare.

Più "poteri" ai cittadini

La chiave di tutto sta nella capacità dei cittadini di aumentare il controllo sulla propria vita, sulle istituzioni, sui servizi, sui decisori pubblici. Il catalogo è facile. Capacità individuali, stili e condizioni di vita. Capacità delle comunità di sviluppare forme di autotutela. Capacità organizzative dei sistemi sanitari in grado di rimettere al centro le esigenze del paziente, non quello delle strutture o degli operatori. Partecipazione dei cittadini alla definizione dei bilanci aziendali e alla valutazione della qualità dei servizi.

Ne ha parlato Cittadinanzattiva a Verona, in un convegno copromosso con la Fondazione Lilly, al quale ha partecipato l’Assessore alla Salute della Regione Veneto, Luca Coletto. Un dibattito ricco e utile che potrà dare molti frutti.