Tre storie di impegno civico

Ragazzi italo-tunisini fra i volontari impegnati nell'accoglienza

La Stazione Termini di Roma è divenuta da qualche giorno il crocevia delle migrazioni nord-africane. Solo nel week-end di Pasqua circa 5 immigrati tunisini in possesso di permesso di soggiorno temporaneo sono transitati per la Capitale, con l’obiettivo di raggiungere diverse città del Nord Italia o per tentare di attraversare le frontiere da Ventimiglia o dal Brennero. La loro speranza è spesso quella di ricongiungersi con parenti e amici che vivono all’estero, in paesi come Francia, Germania, Belgio, Svizzera dove però sarà sempre più difficile arrivare: il contenzioso sulla gestione delle migrazioni porterà molto probabilmente ad una riforma delle norme di libera circolazione in ambito Ue.

Gli immigrati tunisini sono prevalentemente ragazzi, il cui leitmotiv riproposto ad ogni nuova intervista è di essere "alla ricerca di un paese democratico”. Ma il motivo principale del loro arrivo è la richiesta di un posto di lavoro che gli dia la possibilità di aiutare le famiglie rimaste in patria, o il desiderio di vivere la “propria vita” al pari dei coetanei residenti sulle sponde settentrionali del Mediterraneo.

Ad ascoltare le ragioni degli immigrati non ci sono solo gli operatori della Sala operativa sociale del Comune o della Protezione civile ma anche ragazzi italo-tunisini giunti da qualche anno a Roma (servizio di S. Chiaramonte). Sono accorsi in aiuto dei connazionali perché ricordano le difficoltà vissute al momento del loro arrivo e perché affermano di “amare l’Italia” al punto di volerla aiutare in questa fase critica. Portano cibo e sostegno morale, si offrono come interpreti segnando su fogli di carta le destinazioni che gli immigrati intendono raggiungere, attraverso i biglietti gratuiti che la Protezione civile ha messo a disposizione. La loro mediazione è fondamentale, soprattutto quando si tratta di calmare gli animi di ragazzi troppo impazienti.

Ma fra le storie di accoglienza c’è anche quella di un prete che va avanti nonostante le opposizioni dall’alto. Don Pietro, parroco della Chiesa della Natività di via Gallia, ha deciso di ospitare 25 tunisini rimasti senza alloggio, impiegandoli in alcune attività nella parrocchia, con la speranza di poterne assumere qualcuno (servizio di A. Scafati, RomaUno). Ma il gesto non è piaciuto a tutti: nel suo centro di accoglienza è arrivata una telefonata dell’amministrazione regionale che ha richiesto di mandar via i tunisini, perché la loro presenza creerebbe problemi alla città in vista della beatificazione di Giovanni Paolo II. “I santi non si venerano facendo gli eventi ma seguendo il loro esempio”, ha replicato don Pietro.

In prima linea per l’assistenza anche l’associazione Arci, che segue minuto dopo minuto l’evolversi dell’emergenza (servizio di S.C.). “Sono giorni che navighiamo fra indicazioni diverse di enti diversi – ha affermato Claudio Graziano, responsabile dell’Arci “Immigrazione”- non abbiamo chiaro quale sia la struttura che si sta occupando di questi ragazzi che si concentrano qui in Stazione, mangiando quello che portiamo noi e le associazioni cattoliche ma che avrebbero bisogno di risposte un po’ più serie anche sul piano dello status giuridico”.