Volontariato, onlus e appalti pubblici

La pubblica amministrazione si avvantaggia della massima partecipazione alle gare pubbliche dei soggetti non profit, a prescindere dal possesso dei requisiti di imprenditorialità .

La sentenza

In questa sentenza il Consiglio di Stato offre un’ulteriore conferma del solco giurisprudenziale favorevole alla partecipazione ai bandi di gara delle associazioni non profit, dimostrando la piena adesione ai principi espressi in materia dalla Corte di Giustizia delle Comunità  europee ed il definitivo superamento del filone giurisprudenziale espressosi in senso ostativo. Il caso è generato dalla impugnativa proposta, ” dispettosamente ” , da alcune cooperative sociali nei confronti di una r.t.i. di imprese onlus, in punto di aggiudicazione definitiva dell’affidamento del servizio di integrazione socio-didattica a favore di soggetti non vedenti o audiolesi, in quanto privi delle qualifiche di imprenditorialità  ovvero di soggettività  giuridica. In buona sostanza si evidenzia come questi organismi non sarebbero iscritti al registro delle imprese né titolari di partita i.v.a., come anche privi delle posizioni Inail e Inps in quanto senza dipendenti.
Il giudice ha ritenuto l’appello infondato sulla base di alcune considerazioni: in primo luogo, le previsioni del bando, la lex specialis alla quale attingere ogni informazione legittimante le fasi della procedura, il quale nello specifico richiedeva unicamente il possesso dei requisiti di cui all’articolo 38 del Decreto Legislativo 163 del 26 (requisiti di ordine generale quale, a titolo esemplificativo, il non essere in stato di fallimento, ovvero il non essere destinatari di sentenza di condanna passata in giudicato per gravi reati commessi in danno dello Stato o della Comunità  che incidono sulla moralità  professionale, ovvero ancora il non aver reso false dichiarazioni in merito al possesso dei requisiti in altre procedure). Per converso non erano richiesti altri requisiti che non fossero la capacità  economico-finanziaria e tecnico-organizzativa indicate nel relativo disciplinare, pertanto né il possesso di partita i.v.a. né le posizioni Inps-Inail, né l’iscrizione nel registro delle imprese.

Il commento

Va appena sottolineato che la stazione appaltante, nel redigere le norme della lex specialis, pur disponendo di un margine di autonomia nella individuazione delle clausole da inserire, tali da consentire la maggior rispondenza alle necessità  concrete, non può oltrepassare il favor partecipationis, la par condicio ed il principio del non aggravamento. Il Consiglio di Stato, nella sentenza del 28 febbraio 211 numero 1245, richiamando alcuni propri precedenti (sezione V numero 549/24 e sezione VI numero 135/21) ha posto l’accento proprio sul carattere di utilità  che le clausole del bando devono comunque proiettare sull’intera economia della procedura. E’ evidente quindi che la previsione dei requisiti di imprenditorialità , lungi dall’essere requisito fondante nell’economia della procedura, non costituisce il criterio discretivo per sindacare la correttezza dell’assegnazione definitiva in ordine ad una gara che non li preveda, ciò anche alla luce dell’importante sentenza della Corte di Giustizia CE del 23 dicembre 29 C 35/8. E’ stato infatti dalla Corte ribadito che anche i soggetti i quali non perseguano preminente scopo di lucro, non dispongano della struttura organizzativa di impresa, non assicurino una presenza costante sul mercato, possano peraltro partecipare ad un appalto pubblico di servizi. Ciò che rileverebbe, ad avviso della Corte, sarebbe infatti la capacità  di fornire concretamente la prestazione richiesta, a prescindere dal dato organizzativo, dallo scopo di lucro e da tutte le connotazioni tipiche dell’impresa commerciale. Si aderirebbe in tal modo ad un modello di concorrenza ampliata a garanzia di maggior trasparenza e parità  di trattamento, sottraendo spunto alla contrattazione negoziata al di fuori delle procedure e avvantaggiando la collettività  attraverso forme di organizzazione basate su modelli non strettamente regolati dalle logiche dei costi e ricavi di produzione. Tali principi erano già  stati enunciati dalla Corte nella sentenza del 29 novembre 27 C-119/6, rappresentando un vero elemento dirompente nel panorama giurisprudenziale anche se, a ben vedere, l’articolo 3, comma 19 del precitato decreto appalti definisce prestatore di servizi ” una persona fisica, o una persona giuridica, o un ente senza personalità  giuridica… che offra sul mercato, rispettivamente,…la prestazione di servizi ” , in accordo con la nozione allargata di impresa adottata dall’ordinamento comunitario, vale a adire qualsiasi entità  che eserciti attività  economica consistente nell’offrire beni e servizi su un determinato mercato dietro corrispettivo. Vale la pena ricordare, in considerazione della celebrazione dell’anno del volontariato, come la legge 266/91, cosiddetta legge quadro sul volontariato, rappresenti uno dei primi interventi in materia di organizzazioni non profit che pone in evidenza la condivisione delle finalità  di carattere sociale, civile e culturale individuate dallo Stato, dalle Regioni e dagli enti locali fra soggetti pubblici e privati, in ossequio al principio di sussidiarietà  orizzontale sancito dall’art. 118 della Costituzione. Con particolare riguardo al settore dei servizi alla persona e dei servizi socio-sanitari, la compagine organizzativa onlus è chiamata a gestire insieme alle pubbliche amministrazioni non solo tali servizi ma anche gli interventi da attuare in maniera più complessa ed integrata a vantaggio ed a servizio della collettività . Spesso le convenzioni ed i disciplinari prevedono accordi di collaborazione non in veste di contratto sinallagmatico bensìquasi associativo fra soggetto pubblico e soggetto privato, finalizzato al perseguimento di fini di solidarietà  sociale, condividendo rischi, responsabilità  e risorse. In questa ottica lo strumento della convenzione è stato ritenuto non in contrasto con l’ordinamento comunitario dalla Corte di giustizia, se indirizzato verso i soli operatori onlus e per la specifica realizzazione di un sistema socio-assistenziale connotato dalla solidarietà . Tali considerazioni hanno, pertanto, per lungo tempo giustificato la esclusione di fatto dalla partecipazione concorrenziale alle gare pubbliche operata nei confronti delle associazioni di volontariato, sull’errato presupposto che l’attività  del volontariato debba essere necessariamente non economica, quando invece si richiede soltanto l’assenza di lucro. La stessa legge 266/91 prevede, tra le risorse economiche dell’attività  di volontariato, entrate derivanti da attività  commerciali e produttive, nel rispetto dello scopo solidaristico e di carattere marginale, vale a dire svolto non professionalmente ed in modo non preponderante e collaterale. Il punto fermo rappresentato dalla sentenza in commento contribuisce, in definitiva, al superamento delle preclusioni operate nei confronti di queste organizzazioni in merito alla capacità  di partecipare ad una gara pubblica, fermo restando l’accertamento in punto di capacità  economico-finanziaria e tecnico-professionale alla prestazione del servizio alla collettività .