Legittimazione processuale delle associazioni a tutela dell ' ambiente

I giudici contribuiscono a sgretolare ulteriormente il muro che impedisce a cittadini di prendersi cura di interessi collettivi e comuni

La sentenza

La pronuncia della Corte di giustizia è stata emessa a seguito di un ricorso giurisdizionale promosso da un’associazione per la tutela dell’ambiente contro l’atto di assenso preliminare e di autorizzazione parziale concesso da un ente distrettuale tedesco per i progetti di costruzione e gestione di una centrale elettrica alimentata a carbone. Gli atti di assenso oggetto di impugnazione sono stati resi nel corso di un procedimento sulla valutazione di impatto ambientale. La norma nazionale applicata al caso recepisce la direttiva del Consiglio 85/337/CEE, cosìcome modificata dalla direttiva 23/35/CE che ha inteso interpretare la disciplina in materia ambientale conformemente alla Convenzione internazionale di Aahrus. Secondo questa Convenzione deve essere garantita ampia possibilità  ai membri delle comunità  degli stati contraenti di esperire ricorsi verso organi giurisdizionali, o comunque indipendenti, per contestare la legittimità  sostanziale o procedurale di decisioni, atti od omissioni emanati da soggetti autorizzati dalla legge a provvedere in materia di procedura a impatto ambientale.
Sia la Convenzione sia la normativa europea, però, lasciano un margine di scelta agli stati per stabilire se il condizionamento dell’accesso alla giustizia debba dipendere dalla lesione di un ‘interesse sufficiente’ o dalla violazione di un ‘diritto’ del singolo. Il punto problematico, che ha indotto il giudice tedesco a proporre un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia, concerne proprio questo punto dal momento che la disciplina nazionale di riferimento attribuisce legittimazione processuale alle associazioni ambientali che abbiano leso un diritto specifico che, come è noto, nell’ordinamento tedesco è qualificato ‘diritto pubblico soggettivo’. Il giudice a quo chiede dunque se la previsione del diritto tedesco s’intenda in contrasto con il diritto europeo, tenuto conto che questo limita l’accesso alla giustizia delle associazioni promosse a tutela dell’ambiente.
La Corte di giustizia, dopo aver premesso che la qualificazione del diritto leso è rimesso all’ordinamento nazionale cosìcome la predeterminazione dell’autorità  giurisdizionale competente, ribadisce che gli strumenti di tutela assicurati debbano essere tali da garantire senza pregiudizio il ricorso alla giustizia delle associazioni ambientaliste e debbano inoltre essere equivalenti a quelli riguardanti analoghi casi disciplinati esclusivamente dal diritto nazionale. Da ciò consegue che una limitazione della legittimazione processuale delle associazioni alla sola violazione dei diritti soggettivi pubblici costituirebbe un grave impedimento di accesso alla giustizia, dal momento che gli interessi delle associazioni sono propriamente volti a tutelare gli interessi collettivi anziché quelli individuali. Una norma siffatta, dunque, si porrebbe in contrasto con la disciplina UE.

Il commento

In questa decisione la Corte di giustizia europea apporta un interessante contributo alla distinzione dei contenuti delle posizioni giuridiche soggettive delle associazioni rispetto ai singoli nell’ambito delle procedure di impatto ambientale. Partendo dal presupposto che le procedure aventi consistente impatto ambientale devono ricevere ampie garanzie di partecipazione delle comunità , si preoccupa di verificare che l’accesso alla giustizia non sia eccessivamente restrittivo per le associazioni. Notoriamente, infatti, la partecipazione di interessati e associazioni al procedimento amministrativo è ampiamente riconosciuta, mentre è dibattuto il tema della legittimazione processuale. Normalmente su quest’ultimo tema si affrontano due nodi: la possibilità  dei singoli di far valere interessi diffusi e la possibilità  delle associazioni di derogare ai criteri più restrittivi della legittimazione a ricorrere facendo valere eventualmente anche la partecipazione al procedimento. Nella causa che qui si riporta si affronta solo il secondo dei due nodi e la Corte lo risolve in modo ampiamente favorevole alle associazioni.
Il giudice sostiene che un’interpretazione ampia delle legittimazione processuale delle associazioni è giustificata sia da esigenze di garantire un ampio accesso alla giustizia sia da esigenze di effettività . Non è dunque un problema solo per i soggetti associativi coinvolti, ma anche del buon funzionamento del sistema. In questo senso non va confusa la posizione delle associazioni con quella di altri soggetti per i quali la legittimazione si fa dipendere dalla condizione «di essere più o meno prossimi ad un impianto o quella di subire in un modo o in un altro gli effetti del suo funzionamento », giacché le associazioni per loro natura agiscono principalmente per gli interessi delle comunità . Poiché la ratio della disciplina europea è nel senso di assicurare ampie garanzie di coinvolgimento e il controllo del pubblico, gli stati nazionali non possono contraddire tale obiettivo.
La sentenza può essere iscritta in un ampio filone di pronunce giurisdizionali anche nazionali che hanno accresciuto la legittimazione processuale di associazioni (cfr. Tar Puglia, Bari, 21/23; Tar Liguria, 267/24; Tar Liguria, 747/24; Tar Puglia, Lecce, 1847/25; Cons. st., IV, 576/26) e, in qualche caso, anche di cittadini singoli (cfr. Tar Lombardia, Milano, 4345/29; Cons. st., V, 551/29; Cons. st., VI, 6554/21). L’importanza di queste pronunce risiede nel fatto che cosìfacendo i giudici contribuiscono a sgretolare ulteriormente il muro che impedisce a cittadini di prendersi cura di interessi collettivi e comuni. Sebbene ciò avvenga con la mediazione dell’autorità  giurisdizionale, l’ampio accesso alla giustizia costituisce uno dei modi con cui associazioni di cittadini possono tutelare interessi generali. La crescita di fenomeni di tutela oggettiva degli interessi ha certamente elementi di connessione con il principio di sussidiarietà  orizzontale (si pensi ad esempio al ricorso della class action: cfr. Tar Lazio, Roma, III-bis, 552/211) e per questa ragione risulta utile segnalare tale pronuncia all’attenzione di tutti gli operatori e studiosi.



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