L'eguaglianza di tutti i cittadini come bene comune

La parità  sostanziale dei cittadini è un bene comune

Di fronte a certe azioni clamorose, peraltro promosse da comuni, province e regioni, come quelle dell’esclusione dei cittadini non europei dall’accesso all’edilizia residenziale pubblica, ai trasporti pubblici o ad altri servizi sociali (come il ” bonus bebè ” ), addirittura si è finito per mettere in discussione quelli che nel mondo occidentale sono principi e politiche acquisite. Probabilmente qualcuno avrà  iniziato a pensare che certe forme di trattamento differenziato (niente tessera dei bus gratuita agli invalidi extracomunitari, per esempio) non costituissero una discriminazione, ma il male minore in tempi di dura crisi finanziaria.

 

Il libro analizza nel dettaglio l’origine di queste misure e illustra anche l’inevitabile destino a cui sono andate incontro: quasi sempre la magistratura è stata chiamata a intervenire per limitare i danni o annullare del tutto delibere incostituzionali e contrarie alle norme europee.

 

Anche per questo appare molto interessante la riflessione proposta dall’Unar (l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, un braccio operativo della Presidenza del Consiglio dei Ministri) sulla sua attuale organizzazione e sulle modalità  più efficaci con cui garantire in futuro una azione antidiscriminatoria.

 

Deve l’Unar trasformarsi in un’autorità  amministrativa indipendente, come la Consob o il Garante della privacy, e disporre del potere di sanzione (fino ad annullare il provvedimento) nei casi in cui ritenga sia stata compiuta una discriminazione tanto quando l’autore è un privato tanto quanto è un soggetto pubblico?

 

Se si considerà  la parità  sostanziale dei cittadini un bene comune, la risposta non può che essere positiva.   Se poi si ricorda che nell’Italia di oggi la fantasia di certi amministratori locali – con o senza federalismo – spesso travalica la Costituzione o le norme europee, un’autorità  caratterizzata da indipendenza e terzietà  e dotata di potere ispettivo e sanzionatorio potrebbe costituire un sano contrappeso al sacrosanto principio dell’autonomia degli enti locali e delle regioni.

 

Un aspetto, infine, che dovrebbe essere considerato nella discussione su questa ipotesi riguarda il paradosso della grande visibilità  che ai provvedimenti discriminatori viene data quando incappano in note (e benemerite) trasmissioni televisive e del contemporaneo dimenticatoio in cui cadono il giorno dopo. Un’azione mirata dello stato, dotata sia di un’efficacia giuridica sia di un pregnanza simbolia, potrebbe risultare utile anche da questo punto di vista.

 

 

 

 

UNAR (a cura di), Prevenzione e contrasto dei fenomeni di razzismo: il ruolo dell’UNAR, Armando Editore, Roma, 21