La partecipazione è stata intesa e studiata dal punto di vista politico, per individuare nuovi canali e modalità  di collaborazione tra cittadini e soggetti pubblici

Non si tratta soltanto di una raccolta ordinata di studi, di risultati e di ipotesi di lavoro. Si tratta di una riflessione trasversale, che affronta, da varie prospettive, molte delle questioni che caratterizzano la crisi diffusa dei processi decisionali pubblici e il lento, tortuoso e talvolta ambiguo processo di elaborazione di modelli alternativi.

Il volume, in particolare, si propone di sondare la praticabilità  di un nuovo approccio, che, pur nella consapevolezza delle grandi difficoltà  che vi possono essere, prediliga soluzioni il più possibile trasparenti, aperte, partecipate. La convinzione, emergente anche dal titolo, è che si possa realmente immaginare un nuovo modo di “fare democrazia” e che tale opzione debba necessariamente prendere le mosse dall’analisi di tutte le ipotesi in cui la frammentazione della tradizionale visione autoritativa ed unilaterale dell’amministrazione pubblica lasci emergere istanze sempre più forti e condivise di impegno da parte dei cittadini attivi o esigenze di tutela o di promozione di interessi generali.

Di qui l’idea che questi fermenti, complessivamente considerati, possano, nella loro ricerca sistemica di convergenze gradualmente più efficaci, dare luogo ad una nuova forma di federalismo, inteso non in senso territoriale, bensìquale metodo organizzativo e funzionale finalizzato a concepire l’amministrazione pubblica quale luogo privilegiato della sinergia e del coordinamento di tutti coloro che intendono contribuire alla cura dei beni comuni. L’introduzione di Gregorio Arena pone esplicitamente il lettore in questo contesto.

I singoli contributi, poi, sono articolati in quattro parti distinte, ciascuna destinata ad affrontare uno specifico profilo dell’indagine.

La prima parte (che ospita saggi di Roberto Bin, Marco Bombardelli e Marco Magri) ha una vocazione spiccatamente teorica. In essa si pone subito l’accento sul fatto che la crisi del paradigma politico rappresentativo è accompagnata non solo da un correlato indebolimento dell’amministrazione che rientra in quel circuito ma anche dalla compresente crescita di esperienze diverse, che premiano un assetto policentrico dei poteri pubblici e che enfatizzano l’importanza della partecipazione. In buona parte, lo scenario descritto è ben noto agli interpreti, anche se spesso non ne vengono messi in luce i tanti profili di criticità , che lo rendono non solo un destino apparentemente inarrestabile, ma anche una chance irta di potenziali fraintendimenti, oltre che di inganni assai pericolosi. Gli Autori evidenziano tutti l’importanza di un sistema agile e chiaro di regole, cosìcome l’opportunità  di rivedere il modo con cui l’interesse individuale viene definito e tutelato ogni qual volta si rapporta a fonti di potere pubblico.

La seconda parte (che annovera articoli di Gian Candido De Martin, Vincenzo Antonelli, Daniela Bolognino e Delia Ferri) esplora le forme attraverso cui la partecipazione si può rivelare una cifra essenziale per il conseguimento di politiche di integrazione sociale e per la revisione stessa della nozione di cittadinanza, sul piano regionale, sul piano locale e sul piano delle politiche promosse dall’Unione europea. Il tema è molto significativo, se non altro per la circostanza che esso rivela come siano già  praticate sul campo ipotesi differenziate di sperimentazioni volte a risolvere o “sciogliere” i problemi della diversità  culturale o dell’integrazione della popolazione migrante proprio mediante un diretto coinvolgimento dei soggetti interessati nella pianificazione di azioni volte alla tutela dell’interesse generale. Di più: l’amministrazione partecipata è, in queste prassi, enfatizzata come “lingua veicolare” per il miglior raggiungimento di finalità  altrimenti molto ardue da raggiungere. Non vengono, tuttavia, omessi i perduranti deficit che, sul piano interno, rallentano un coerente adeguamento dell’assetto normativo e che, sul piano sovranazionale, rendono poco effettivo o poco trasparente l’invito alla partecipazione.

La terza parte (che si compone degli scritti di Alessandra Valastro, Leopoldo Coen, Christian Iaione e Fulvio Cortese) cerca di delineare meglio lo statuto, sia teorico sia fenomenologico, della “democrazia partecipativa”. Non solo si tenta di leggere in armonia con la Costituzione le ipotesi che vengono fatte usualmente rientrare in questa nuova categoria, immaginandosi, ad esempio, che la partecipazione costituisca l’oggetto di un vero e proprio diritto sociale; si cerca anche di cogliere nel diritto vigente e nel suo tradizionale sviluppo con riferimento ad alcuni settori particolarmente caldi, quali l’urbanistica e le opere pubbliche, quali siano i segnali positivi e i perduranti limiti insiti negli approcci disciplinari finora seguiti. Attenzione specifica viene dedicata anche ai possibili fallimenti di un’amministrazione che non si renda programmaticamente aperta e trasparente.

La quarta parte (con contributi di Fabrizio Fracchia, Alberto Marcovecchio, Massimo Occhiena, Francesca Malavoglia) si occupa della partecipazione in materia ambientale, cercando di introdurre l’argomento mediante un approccio di carattere epistemologico, relativo, cioè, al modo con cui, rispetto al tema dei cambiamenti climatici, deve mutare l’atteggiamento stesso del giurista. La partecipazione viene, quindi, analizzata sia sul piano della legislazione vigente e dei suoi rapporti con i modelli operanti a livello internazionale, sia sul piano della micro-progettualità  che può essere concretamente sviluppata al livello dell’azione che possono intraprendere i Comuni e, al loro interno, i singoli quartieri.

Il volume si chiude con due letture di sintesi, una offerta da Umberto Allegretti, l’altra fornita da Francesco Bilancia. La prima voce mette in evidenza quali possano essere i vantaggi di un’amministrazione più partecipata, e governata, a tal fine, da pochi ma chiari principi generali capaci di facilitare se non stimolare l’inclusione nel processo decisionale di ogni azione disponibile. La seconda insiste sulla necessità  che gli approcci tradizionali, che favoriscono l’autorità  amministrativa democraticamente legittimata, costituiscano sempre un dato imprescindibile e vengano semmai re-interpretati e ri-attivati mediante l’azione culturalmente propositiva che la democrazia partecipativa può svolgere in merito alla diffusione di una cittadinanza davvero consapevole.

ARENA G., CORTESE F. (a cura di),  Per governare insieme: il federalismo come metodo. Verso nuove forme della democrazia, Padova, 211.



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