A Napoli si insegna l'abc dell'Acqua Bene Comune

L'Europa dovrà  definire un nuovo modello sociale, che rispetti i diritti e i beni comuni, uscendo dalla logica della mera competizione

Il “si” di ventisette milioni di italiani nel referendum di giugno sull’abrogazione delle norme per la privatizzazione della gestione dell’acqua non sembra essere stato rispettato dal governo e dalle istituzioni locali. Il decreto Ronchi, abrogato con il primo quesito referendario, è infatti stato reinserito nel decreto del 13 agosto, la cosiddetta manovra estiva, con la grave conseguenza del mancato rispetto della volontà  popolare, che si è espressa chiaramente e con una maggioranza plebiscitaria solo sei mesi fa.

Napoli è la prima città  italiana che, rimanendo fedele alla volontà  referendaria e andando addirittura oltre essa (in quanto l’abrogazione non obbligava alla ripubblicizzazione dei servizi idrici) ha trasformato la società  di capitali che gestiva la rete idrica comunale in un ente di diritto pubblico che non ha più come scopo la produzione di utili, ma nel quale gli eventuali utili vengono reinseriti all’interno del servizio stesso.

E’ per questo motivo che proprio a Napoli, nello specifico a Castel dell’Ovo, si è tenuta una grande assemblea con rappresentanti di organizzazioni, reti e sindacati di tutta Europa, con l’obiettivo di costruire la Rete europea dell’acqua pubblica e anticipare, enumerando i principi e le mete da seguire, il Forum mondiale dell’acqua, che si terrà  a Marsiglia nel marzo 212.

La “Carta Napoli”

Al termine dei due giorni di lavoro è stata scritta una Carta di undici principi, che ribadisce il valore dell’acqua come diritto umano universale e patrimonio della terra e la necessità  di controlli per garantirne la qualità . A questa Carta, poi, si affianca una piattaforma più operativa che servirà  a portare avanti il percorso di pubblicizzazione del controllo, della gestione e della proprietà  del servizio idrico.

La gestione partecipata di cittadini e lavoratori è il modello che si vuole perseguire, non più solo a livello regionale o nazionale, ma europeo: una sfida di questa portata, contro l’affidamento a privati di un bene comune come l’acqua, deve assumere una dimensione sovranazionale, riunendo soggetti anche molto diversi tra loro ma con un obiettivo preciso comune.

La “Carta Napoli” dovrà  ottenere un milione di firme in almeno sette Paesi dell’Unione per poter avviare quell’unico strumento di democrazia diretta esistente in Europa, cioè l’iniziativa dei cittadini europei (Ice), che diventerà  disponibile dalla primavera 212.

“Obbedienza civile” (cioè ai cives): cosìè stata chiamata l’attività  dei cittadini e dei movimenti per l’acqua che non sono disposti a far trasformare in lettera morta il loro voto referendario; è un’obbedienza, ovviamente, tutt’altro che passiva e molto saggia: appropriarsi dei diritti e sfruttare gli strumenti a propria disposizione sono il meccanismo più intelligente per diventare reali cittadini. E lottare perchè l’acqua sia riconosciuta un bene comune è un compito dei cittadini, prima di tutto.