Primo report sullo stato del volontariato in Europa

"Misurare per potersi confrontare, per comunicare meglio, per agire in maniera più efficace"

Ad apertura del convegno il presidente del CNEL Antonio Marzano ha infatti ricordato che il volontariato ha un ruolo fondamentale in quanto capitale sociale e dunque fattore di crescita di una società  ma che il suo contributo al progresso sociale ha bisogno di essere misurato proprio per evitare suggestioni o percezioni che ne sottostimino il valore. Proprio grazie alla misurazione statistica sappiamo oggi che il 12 per cento della popolazione adulta mondiale prende parte ad attività  di volontariato; e che in Italia l’impegno in questo settore corrisponde al 2 per cento complessivo delle entrate e delle uscite nazionali. Le stime ci dicono che per ogni euro rimborsato al volontariato, l’economia ottiene un guadagno di 12 euro.

Dunque, fa presente Marzano, valutare economicamente l’apporto del volontariato è possibile e deve essere fatto, pur senza dimenticare il suo valore etico e morale che pur non essendo misurabile è tuttavia basilare per una società , in quanto allontana ipotesi di conflitto che impediscono un lavoro di progettazione e dunque ostacolano lo sviluppo stesso della società . La componente etica e morale non esclude affatto quella economica, anzi si compenetrano. “Ne è riprova – secondo Marzano – l’Italia del dopoguerra, quando l’obiettivo condiviso della ricostruzione del paese distrutto dalla guerra ha permesso di portare in avanti l’economia nazionale”.

Il volontariato incontra l’economia

Inoltre, prosegue il portavoce del Forum Terzo Settore Andrea Olivero, la misurazione economica serve a costruire dialogo e comprensione tra il mondo del volontariato e il sistema economico, evitando invece che il primo venga assimilato dal secondo. Sebbene il Terzo Settore abbia una componente che trascende il dato economico oggi acquista un ruolo determinante nel ripensamento dell’economia stessa. “La società  sta cercando di ritrovare finalità  collettive” dice Olivero, e il Terzo settore e il volontariato sono chiamati a dimostrare che le loro forme di espressione sono anche delle “possibilità  offerte al mondo economico per riformarsi” verso un percorso di economia civile. E’ proprio per questo che la misurazione è decisiva: perchè renda intellegibili le competenze e le innovazioni di terzo settore e volontariato all’interno della sfera economica e della progettazione sociale. Bisogna evitare confusioni sulla definizione e identificazione del lavoro di volontari e soggetti terzi privati e per questo servono parametri e indicatori precisi, volti ad evidenziare e chiarire il valore economico e sociale delle due categorie.

Anche per il professor Leonardo Becchetti dell’università  di Roma Tor Vergata è necessario superare l’idea che volontariato ed economia siano due poli lontani e separati. Quello che l’economista Toniolo definiva “gretto interesse personale” non è il vero fattore di crescita secondo Becchetti. Pensare che i beni e servizi contabilizzati e venduti sul mercato siano gli unici da prendere in considerazione è un riduzionismo culturale. La ricchezza delle nazioni si poggia anche su altri due pilastri: i beni e servizi prodotti nelle famiglie e quelli prodotti dai volontari.

“L’economia infatti tiene molto in conto aspetti socialmente rilevanti quali la fiducia – spiega Becchetti – capace di creare relazioni e dunque di produrre valore. Al vecchio homo oeconomicus che non dava niente per timore di non ricevere niente finendo per paralizzare il sistema si sostituisce l’uomo sociale della nuova economia, spinto da risorse invisibili e moventi ideali. Misurare fenomeni come il volontariato, le imprese sociali, la Banca etica, concretizza questo sforzo di cambiare la cultura economica”.


Un nuovo metodo di misurazione

Lester Salamon, il direttore della John Hopkins University Center for Civil Society, illustra invece il metodo e i criteri scelti nel formulare il Manuale Oil. La necessità  era quella di superare il “caos metodologico” precedente, dove a fronte di diversi studi si ottenevano risultati sempre diversi evidenziando l’esigenza di criteri più specifici per comprendere portata e valore del volontariato da paese a paese. Le statistiche sono per Salamon le lenti attraverso cui vedere la realtà  e presentarla anche agli occhi di chi è esterno al mondo del volontariato, e ad oggi le lenti avevano bisogno di essere migliorate.

Misurare aiuta a capire se si sta facendo bene o male, continua Salamon, permette studi comparati sul rendimento del volontariato in una nazione rispetto ad un’altra; consente di capire quale politica pubblica possa aiutare e incoraggiare il volontariato. Il Manuale Oil quindi vuole essere lo strumento adatto alla misurazione internazionale, paese per paese, grazie a gruppi di lavoro composti da esperti provenienti da tutto il mondo. A questo scopo il Manuale ha rintracciato dei dati fondamentali da raccogliere e da cui partire per costruire poi un quadro statistico di base sul lavoro volontariato. Si è scelto di concentrarsi su cinque aspetti: il numero del volontari; il numero delle ore di volontariato; il tipo di lavoro svolto; il contesto istituzionale in cui si è svolto; il settore, l’area tematica. Attraverso domande mirate per ottenere risposte precise, si sono connessi tra loro i centri di volontariato dei vari paesi, unendo informazioni per creare un database comune.

Lo sforzo Oil è infatti quello di inserire il volontariato nelle agende dei policy makers europei. Al momento la risposta è positiva: i paesi hanno fornito i propri dati e partecipato al progetto e a conferma sono giunte risoluzioni e raccomandazioni dalle istituzioni europee. “Tuttavia – sottolinea Salamon – il prossimo passo è quello di raggiungere l’Eurostat e accedere all’Assemblea generale delle Nazioni Unite”.


Il volontariato in Italia

Linda Laura Sabbadini, direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali ed ambientali dell’Istat, ha poi presentato un’analisi del caso italiano. Le statistiche condotte dal 1993, di stampo sociale e non ancora economica, hanno evidenziato una serie storica particolare. L’Italia ha sempre avuto una fitta rete di solidarietà  e di aiuti e nel 1993 il volontariato era un fenomeno in crescita per quanto di tipo occasionale e con una forte impronta di carattere religioso. Coinvolgeva circa il 22 per cento della popolazione italiana con una alta differenziazione territoriale tra Nord-Est e Sud. I più attivi erano persone con titoli di studio medio-alti, con un’occupazione e di media età . Tra loro spiccava il ruolo fondamentale delle donne, che realizzavano i due terzi delle ore complessive di volontariato.

Oggi però si registra una diversa tendenza. Se da un lato è aumentato il numero dei care-givers dall’altro è diminuito il numero delle ore di volontariato. I motivi sono vari, tra cui la maggiore occupazione femminile, il calo delle nascite e l’aumento del numero di anziani che ha fatto sìche si riducesse la disponibilità  dei volontari ma parallelamente aumentassero i bisogni. Questo ha comportato una crisi della rete di aiuti che ha cercato di compensare tramite strategie di condivisione di aiuto, che tuttavia non sono abbastanza.

Sabbadini auspica che la misurazione del volontariato oggi segua le linee dell’Oil affinchè diventi un modulo introdotto nell’Eurostat. L’idea è quella di rendere il Manuale vincolante per tutti i paesi europei in qualità  di regolamento. Secondo Sabbadini infatti è importante esplicitare ai soggetti il carattere di volontariato del lavoro che svolgono, in quanto spesso non viene percepito come tale comportando una sottostima del fenomeno.


I recenti tagli alla spesa pubblica del resto non sono di aiuto per un Welfare state sempre più in diffcoltà  e questo si ripercuote anche sul fondo sociale. Tuttavia il presidente ACRI Giuseppe Gozzetti ricorda che la sussidiarietà  può contare anche sull’apporto delle fondazioni. Queste hanno infatti ricevuto il compito di realizzare tale principio tramite il sostegno al volontariato, al Terzo settore, alle opere sociali con una funzione erogativa (come l’Acri) o gestionale. Inoltre da quando la legge 226 del 1991 ha istituito i centri di servizi al volontariato, le fondazioni hanno il compito di finanziarli con un quindicesimo dei loro utili. Gozzetti tiene però a precisare che le fondazioni possono considerarsi delle vere e proprie antenne sul territorio: sono in grado di comprendere le esigenze di chi lo vive, dunque non si tratta più di limitarsi ad erogare finanziamenti ma di indirizzarli con precisione.

Una sperimentazione del Manuale

Infine Riccardo Guidi in qualità  di direttore della Fondazione Volontariato e Partecipazione ha portato l’esperienza della sperimentazione del Manuale Oil. La Fondazione ha infatti sviluppato praticamente le linee del Manuale con modalità  telefoniche e on-line su un campione di un centinaio di volontari e presidenti di associazioni di volontariato. Dalla loro esperienze emergono i punti di forza del Manuale: la possibilità  di conoscere la realtà ; comparare e comprendersi pur in situazioni differenti; un’ottima base informativa per sviluppare futuri progetti politici.

Ricorda però Guidi che nella fase di implementazione è bene non mettere troppo da parte gli altri elementi del volontariato, quelli diversi dal valore economico; e che è importante tenere conto dei diversi sistemi culturali e politici del paese di riferimento al momento di analisi comparate.