Il Carnaroli, "Re" dei risotti, potrà  non occupare più il suo trono nè il suo posto sulle tavole del mondo

Le risaie, un bene comune

La produzione di riso è concentrata soprattutto in Lombardia ed in Piemonte, ma anche Calabria, Sardegna, Veneto, Toscana ed Emilia fanno la loro parte. Il riso Italiano è famoso per l’alta qualità  delle sue varietà , tra le quali l’Arborio ed il Carnaroli, il “re” dei risotti. In particolare nelle zone di Vercelli e Novara, la coltivazione del riso rappresenta una fonte di reddito importante. Questa risorsa preziosa rischia però di scomparire perché la produzione di riso risente della crisi economica. Cosa accadrebbe se i produttori di riso decidessero di abbandonare le risaie?

La produzione di riso è in crisi: perché?

Le minacce per le risaie italiane arrivano dall’esterno ma sono anche all’interno del sistema italiano. Si riscontrano problemi soprattutto a livello del prezzo mondiale della materia prima, che scende di anno in anno. La concorrenza internazionale dei grandi Paesi produttori di riso, come India e Vietnam, mette in difficoltà  i piccoli produttori italiani. Gli ostacoli a livello locale sono rappresentati dal complicato sistema di distribuzione del riso in Italia. Secondo Giuseppe Ghezzi della Coldiretti di Pavia, la filiera è troppo lunga e ciò va a svantaggio dei produttori. Quando si parla di filiera lunga, si intende dire che tra il piccolo produttore e il consumatore il riso “passa di mano” più volte. Come conseguenza, si hanno alti prezzi di vendita del riso italiano di qualità , ma il piccolo produttore non guadagna altrettanto. Altra rilevante difficoltà  è rappresentata dai “concorrenti” del pregiato chicco bianco: il mais e la soia. Il prezzo di vendita è più alto e i costi di produzione sono minori.

La crisi, una minaccia per la biodiversità 

Tutti questi elementi concorrono al rischio che i coltivatori diretti battano in ritirata dalle risaie. La dinamica innescata da un processo di abbandono della coltivazione del riso nelle zone del Nord Italia sarebbe distruttiva. La scomparsa dalle tavole dell’Arborio o del Carnaroli, eccellenze italiane, danneggierebbe in primo luogo la qualità  della dieta mediterranea. Verrebbe inoltre intaccata una tradizione tra le più radicate nel territorio, una coltura locale che concorre al mantenimento della biodiversità .

I soggetti a rischio; l’ambiente, il suolo, la tradizione

Oltre ad andare a discapito della tradizione culinaria di un paese, quindi, l’abbandono della coltivazione del riso rappresenta un rischio anche e soprattutto a livello ambientale. Il “triangolo d’oro” del riso (Vercelli, Novara e Pavia), ospita grazie alle risaie molte specie animali: aironi, garzette, cicogne, nitticore, che arricchiscono la fauna locale e sarebbero in pericolo se il loro habitat venisse sconvolto. La conseguenza forse più pesante sarebbe a discapito del suolo. La “fuga dalle risaie”, infatti, determinerebbe fattori di rischio di dissesto idrogeologico. La produzione del riso è particolarmente complessa e delicata. Il pregiato cereale ha bisogno, in una lunga fase della sua crescita, di essere immerso nell’acqua. I campi di riso vengono dunque ricoperti con tre centimetri di acqua circa durante la stagione delle piogge. Il sistema idrico di queste zone è stato abituato, per decenni, a contenere una certa quantità  di acqua. Se tale quantità  tornasse a riversarsi nei fiumi, potrebbero esserci dei problemi. Cambiare l’organizzazione della gestione delle acque non sarebbe un’impresa facile, ma attraverso una ri-organizzazione delle imprese italiane si possono ottenere molti risultati.

Prospettive future

Un punto di partenza per assicurare la salvaguardia della biodiversità  e del territorio, può essere rappresentato dalla nuova Politica Agricola Comune. L’Unione Europea intende mantenere intatta la filiera risicola, con la consapevolezza che un suo abbandono implicherebbe danni ambientali, oltre ad un’ eccessiva urbanizzazione di alcune aree. L’Unione Europea considera le aziende agricole fondamentali per la tutela ambientale, e il Piano di sviluppo rurale previsto per il 214 punterà  proprio su di loro per prevenire i rischi di dissesto idrogeologico. La tutela del territorio risicolo e delle molte aziende che insistono su esso potrà  concretizzarsi attraverso la valorizzazione qualitativa del pregiato cereale,  unitamente ad una riorganizzazione e modernizzazione della filiera.