Tariffe sui rifiuti e tutela di interessi collettivi

L ' interesse collettivo della comunità  comunale non può coincidere con l ' interesse individuale dei soggetti di cui è composta la categoria dei cittadini utenti del servizio

La sentenza

Un Comune campano impugna, insieme a tutti gli atti preordinati, connessi e conseguenti, il decreto presidenziale con cui la Provincia di Caserta aveva approvato la tariffa provinciale relativa ai costi di trattamento e smaltimento rifiuti. Il ricorrente sostanzialmente contesta la correttezza dell’esercizio delle competenze provinciali, lamentando una lesione economica dei cittadini utenti del servizio. I resistenti eccepiscono l’inammissibilità  del ricorso per carenza di legittimazione attiva dell’amministrazione comunale. Il giudice dichiara inammissibile il ricorso in quanto il ricorrente ha agito a tutela non di proprie competenze e funzioni ma della sfera giuridica dei cittadini.

Il commento

La sentenza, nell’affrontare la questione della legittimazione processuale attiva del Comune, propone un’articolata riflessione anche sul connesso tema dell’interesse collettivo.
Secondo la ricostruzione operata dal Collegio l’interesse della popolazione rivendicabile dal Comune in sede processuale dovrebbe riguardare un pregiudizio nella fruizione del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti, originato esclusivamente da una violazione di proprie competenze. Ciò premesso il giudice sottolinea come l’interesse diffuso o collettivo, ad esempio la tutela dell’ambiente o il diritto alla salute, non rappresenta la mera somma di interessi individuali singolarmente tutelabili ma trascende il singolo cittadino per riferirsi alla comunità  nel suo complesso, risultando quindi di tutti e di nessuno.
L’impostazione interpretativa risulta, per stessa ammissione dei giudici, in contrasto con l’indirizzo offerto dalla decisione del Consiglio di Stato 9 dicembre 21, n. 8686 secondo il quale, in seguito alla riforma del Titolo V, gli enti territoriali sono titolari della funzione di cura concreta degli interessi della collettività  di riferimento. A tal fine il giudice del 21 sostenne che, qualora le materie coinvolte non siano direttamente conferite ex lege all’ente, occorrono ulteriori elementi per riconoscerne la legittimazione e tra questi venne menzionato l’art. 1 del decreto legislativo n. 198 del 29 il quale attribuisce la legittimazione processuale attiva in capo ai ” titolari di interessi giuridicamente rilevanti ed omogenei per una pluralità  di utenti…se derivi una lesione diretta, concreta ed attuale dei propri interessi ” (cfr. sul tema Tar Basilicata, sez. I, 23 settembre 211, n. 478 e del Tar Lazio, sez. III – bis, 2 gennaio 211, n. 552). Seguendo tale ragionamento dovrebbe astrattamente ritenersi pienamente sussistente la legittimazione del Comune, ricorrendo tutte le condizioni appena menzionate. Purtuttavia il giudice in commento ritiene che la sussidiarietà  orizzontale imponga una diversa lettura della disposizione con riferimento agli enti territoriali: la promozione e il sostegno di associazioni ed organizzazioni di cittadini, infatti, impongono che il Comune non possa sostituirsi o sovrapporsi ad esse, dal momento che l’interesse collettivo della comunità  comunale non coincide con quello degli utenti del servizio.
L’interpretazione proposta dal Tar, laddove fa discendere alla diversa qualifica di cittadino utente il diritto/onere dell’attivazione della tutela giurisdizionale, fornisce una più corretta lettura del dettato normativo alla luce anche della ratio del provvedimento legislativo nel quale esso si inserisce. Desta invece qualche perplessità  la ricostruzione proposta in materia di interessi diffusi che non sembra tener conto dello stretto legame tra questi e l’interesse individuale: è stato infatti affermato che quando sono coinvolti interessi non riferibili a singoli individui, il requisito della legittimazione deve ritenersi sussistente se si dimostra un pregiudizio di natura personale in capo ai ricorrenti (cfr. Tar Lombardia, Milano, II, 9 luglio 29, n. 4345). Alla luce di ciò, nel caso proposto, potrebbe quindi sostenersi che una cattiva organizzazione e gestione del servizio, comportando la violazione dei principi di efficacia, efficienza ed economicità  dell’azione amministrativa cui fa riferimento l’art. 1 del d.lgs. n. 198/29, provochi un eccessivo ed ingiustificato dispendio di risorse pubbliche e quindi un elevato livello della tariffa corrispondente.

Fonte immagine: photo credit: i k o via photopin cc – http://www.flickr.com/photos/emiliano-iko/515795194/



ALLEGATI (1):