Al Teatro Valle occupato, la prima tappa della Commissione itinerante dei beni comuni

I beni comuni producono nuove forme di socialità 

I contenuti e il metodo della nuova Commissione Rodotà 

Stefano Rodotà , professore emerito di Diritto civile, ha aperto i lavori della Commissione, con un discorso che enucleava quelli che saranno i temi al centro del dibattito, e ha inoltre chiarito il metodo di lavoro della costituente. Le proposte discusse dovranno partire da dati sociali ed esperienze condivise, le quali saranno messe in relazione sia alla cultura comune che esiste sul tema che a quella specifica, quindi saranno il frutto dell’incontro tra cittadini ed “esperti”. L’ultimo passaggio essenziale dei lavori della costituente sarà  il coinvolgimento delle istituzioni perché, come messo in risalto da Rodotà : “non bisogna fare l’errore di credere che siano impermeabili”; esistono infatti nuove forme di rapporti tra cittadini ed istituzioni che devono essere seguiti.

Rodotà  ha concluso il discorso introduttivo ponendo un avvertimento: evitare l’uso inflazionato del termine beni comuni. Tra i temi da approfondire, acquistano sempre più importanza quello dell’acqua e del territorio. A questo proposito il “Presidente” di questa particolare Commissione, ha richiamato l’attenzione sulle esperienze di democrazia partecipata che si svolgono al di fuori delle frontiere nazionali. L’ ICE, per esempio, rappresenta un ottimo strumento, che ha avuto un primo, grande successo con l’iniziativa “L’acqua è un diritto umano”.

I beni comuni nella Costituzione

Gaetano Azzariti, professore di Diritto Costituzionale, è intervenuto nel corso della Costituente per evidenziare i rapporti che esistono tra Costituzione e beni comuni. Il lavoro del giurista, se non si vuole fare dei beni comuni la vuota categoria onnicomprensiva di cui ha parlato Rodotà  , è proprio quello di ancorare alla carta costituzionale l’importanza e il significato di questi beni. La costituzione infatti, come spiega Azzariti nel suo intervento, è “il luogo dove sono impressi i valori non negoziabili”: nel caso specifico del Teatro Valle, per esempio, la legittimazione si può trovare nell’art. 9 della Costituzione, sul quale Labsus aveva riflettuto in una prospettiva che vede i cittadini al servizio del patrimonio culturale nazionale.

Il professor Azzariti cita l’esempio dell’Unione Europea, e spiega come l’adesione del nostro Paese sia stata possibile anche senza un riferimento ad hoc, e lo stesso vale per i beni comuni. In fondo non sono le parole ad essere importanti di per sé, ma sono i modelli di governance, i valori che guidano la società , i diritti che preservano l’individuo ad essere fondamentali. E tutto questo nella nostra Costituzione già  esiste. Tuttavia il Professor Azzariti non cita l’art.118 com.4, laddove la nostra Costituzione apre davvero il nostro Paese ad un nuovo modello di società , un po’ come successe con l’Unione Europea e come può e deve succedere oggi per i beni comuni.

Il ruolo dei giuristi

Ugo Mattei, professore di Diritto civile, nel suo intervento ha posto la questione di quale sia il ruolo dei giuristi in questo scenario, concludendo che essi sono i notai di un mutamento d’epoca. Il cambiamento in questione dovrà  seguire un essenziale fine: operare per una concezione del diritto civile che diffonda la proprietà , piuttosto che concentrarla; altrimenti ci troveremmo sempre a creare nuovi rapporti in cui esistono “privanti” e “privati”, coloro che godono dei beni ed escludono gli altri. Ugo Mattei ha, infine, lanciato la proposta della redazione di un codice dei beni comuni. La Prof.ssa Marella, docente di Diritto civile ha affermato, in linea con l’intervento di Ugo Mattei, di vedere in queste pratiche lo spazio per la costruzione di una nuova cittadinanza. La pratica dell’occupazione, a suo avviso, rappresenta una critica alla proprietà  ma anche la difesa dei diritti sociali e della produzione di welfare dal basso.

Stefano Rodotà  ha chiuso i lavori della prima seduta della costituente, esortando alla riflessione su alcuni punti, che in questo processo non possono essere trascurati. In primis c’è la necessità  di stabilire quale sia il confine del comune; non è possibile che la società  si liberi del pubblico e del privato senza capire quali siano i limiti del comune.

In secondo luogo, bisogna interrogarsi sui profili costituzionali dei lavori dell’Assemblea Costituente dei beni comuni.

Infine, il bisogno di costruire nuovi modelli pone la necessità  di trattare con cura e attenzione il discorso della costruzione della democrazia dal basso: questo il monito posto da Rodotà  ai sostenitori del neo-medievalismo istituzionale. -Il diritto è sempre mediazione ed anche artificio, è sufficiente liberarsi della parte costrittiva dell’artificio. La direzione che questo processo deve assumere è istituzionale e costituzionale, senza tralasciare l’Unione Europea. I beni comuni, come affermato dal direttore di Labsus Christian Iaione, hanno bisogno di istituzioni capaci di condividere le responsabilità  con i cittadini, i quali, prendendosene cura, esercitano la libertà  costituzionale di cura civica dei beni comuni sancita dall’art. 118.

Gli interventi dei movimenti a difesa dei beni comuni


Tanti e appassionati gli interventi dei cittadini provenienti dai Movimenti “in lotta” per i beni comuni. Tra questi, il Municipio dei Beni Comuni di Pisa, l’ Asilo Filangieri di Napoli, il cui rappresentante ha evidenziato che sarebbe determinante la possibilità  di immaginare una diversa giurisdizionalizzazione dei beni comuni che contempli la sperimentazione delle pratiche istituzionali. Andrea Baranes, della “Fondazione culturale Banca Etica” si è chiesto invece come predisporre fonti di finanziamento dei beni comuni, per creare un nuovo modello economico.