A distanza di due anni Giorgio Bertini racconta come procede il progetto

La mobilità  è un bene comune, un diritto di tutti. Per questo crediamo in un approccio integrato di sistema in cui sia necessaria la partecipazione di tutti gli interessati alla definizione delle iniziative

Nel maggio del 211 il primo contatto con Labsus. Da quella prima iniziativa ad oggi quale è stata la linea condotta da Mobilitiamoci in relazione alla mobilità  a Roma?

Abbiamo fatto altre tre manifestazioni nel 211 con esiti poco rilevanti dato anche il target di età  che riuscivamo a coinvolgere, dai 55 anni in su. Il passaggio successivo è stato quello di trovare collaborazioni con altre reti. Siamo riusciti ad ottenere una collaborazione costante con CALMA, i comitati NO PUP, le associazioni del centro storico e Roma ciclabile.

Quale è stato, invece, il vostro rapporto con le istituzioni?

Abbiamo inviato una lettera ad Alemanno per conoscere lo stato della mobilità  a Roma, ma non ha risposto. La cosa più sconvolgente è lo stato di emergenza in cui si è trovata Roma dal 26 al 212, che ha permesso di bypassare tutte le norme che regolano la mobilità . Anche l’obbligo di presentare una relazione sullo stato di avanzamento dei lavori è stato rispettato solo fino al marzo del 28, tra le altre cose con dati molto carenti.

Quale sono state le idee e le proposte che avete portato avanti in questi anni e quali i problemi che vi siete posti per comprendere quale potesse essere una soluzione alla questione della mobilità  a Roma?

Quello che contestiamo è l’approccio “top-down” portato avanti in questi anni da tutte le amministrazioni comunali. A questo contrapponiamo una logica di regolazione e condivisione. La mobilità  è un bene comune, un diritto di tutti. Per questo crediamo in un approccio integrato di sistema in cui sia necessaria la partecipazione di tutti gli interessati alla definizione delle iniziative, coinvolgendo effettivamente la cittadinanza. E’ necessario che i cittadini siano, non solo al corrente di cosa vedono costruire sotto casa, ma anche chiamati in causa per decidere se è opportuno o meno farlo. L’amministrazione dovrebbe assumersi le responsabilità  e definire queste iniziative con un cambiamento di mentalità  che superi la logica del costruire per il guadagno e affrontando un discorso di insieme.

Quale è stato il livello di partecipazione attiva che state incontrando nel vostro lavoro?

Forte per quanto riguarda la condivisione, meno per la manifestazione. Ci rendiamo conto che la modalità  scelta, il web, penalizza la partecipazione dei più anziani. Rimaniamo in contatto comunque con moltissime associazioni, con le quali ci coordiniamo. Tra le altre mi permetto di segnalare l’associazione Carte in Regola, molto attenta alle azioni dell’amministrazione comunale.

Se la sente di dare un consiglio a quei cittadini, alla luce dell’esperienza di Mobilitiamoci, che vogliano attivarsi?

Fondamentale per la partecipazione è l’informazione e la trasparenza. Ciò che mi ha stupito in questi anni è l’enorme numero di associazioni presenti a Roma. Quello che manca per dare loro forza è un quadro di sistema.

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