Il progetto partirà  in via sperimentale

Un ritorno alla terra, ai tempi della pachamama e al rispetto del territorio, un ' alternativa alla produzione di massa, un ' opportunità  per socializzare e per imparare un mestiere

“Spuntano come funghi” nelle metropoli industrializzate, sfidano i terreni inariditi e pietrosi delle periferie, si oppongono quotidianamente all’inquinamento, circondano interi palazzi lasciando interdetti gli automobilisti impazienti, anche le persone più distratte e ansiose si arrendono di fronte a quelli che comunemente vengono definiti orti urbani. Un ritorno alla terra, ai tempi della pachamama e al rispetto del territorio, un’alternativa alla produzione di massa, un’opportunità  per socializzare e per imparare un mestiere; ormai sono una realtà  che coinvolge migliaia di cittadini.

Era uno dei punti programmatici del sindaco Zedda, in questo modo anche l’amministrazione cagliaritana decide di dotarsi di un regolamento che disciplini questa buona pratica cosìdiffusa; il progetto partirà  infatti in via sperimentale su un’area pilota e verrà  poi esteso ad altre aree della città .

Gli orti urbani saranno suddivisi in tre tipologie: orti di vicinato, riservati ai privati cittadini, orti con finalità  speciali riservati ad enti e associazioni con finalità  sociali. Infine gli orti scolastici, da realizzare all’interno delle scuole che vorranno svolgere progetti di educazione ambientale legati all’agricoltura.

Gi orti saranno destinati alla coltivazione di frutti, fiori e ortaggi ad uso dell’affidatario. Non potranno entrare in commercio perché non sono previste finalità  di lucro.

“L’obiettivo degli orti urbani – afferma il presidente della commissione Urbanistica Andrea Scano – è quello valorizzare le varietà  locali e favorire un utilizzo di carattere ricreativo e sociale (..) l’iniziativa fungerà  anche da attrattore sociale favorendo forme di socialità  legate alla coltivazione della terra, con finalità  senza scopo di lucro, bensìdidattiche”.

Da Cagliari a Baltimora

Nei prossimi giorni pubblicheremo sulla nostra rivista un approfondimento sulle esperienze di agricoltura urbana a Roma, che per chi non lo sapesse è la terza città  agricola d’Europa.

Questa tappa del lungo viaggio, rigorosamente a piedi, che abbiamo intrapreso tra la vegetazione urbana però si conclude a Baltimora, nel Maryland, dove un’associazione no profit aiuta i migranti a coltivare grandi orti urbani dove crescono raccolti tipici della loro terra.

“Quando vengo qui – racconta Joyce Kedan, rifugiata 32enne dal Sudan meridionale – mi sento felice e serena. E penso a casa”. Joyce è fuggita dal suo paese per cercare un rifugio lontano da una spietata guerra civile. Dall’anno scorso è una custode di New Roots, “Nuove radici”, un’associazione di volontari che sostiene i rifugiati che coltivano prodotti alimentari con sapori e profumi in grado di mitigare la pena e le fatiche dell’esilio forzato.

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