Prospettive per il futuro della cittadinanza europea

L'Europa dei cittadini: la sfida di una cittadinanza postnazionale ed inclusiva

Il 1 ° luglio la Croazia è entrata ufficialmente nell’Unione europea, quale 28 stato membro. La Croazia è il secondo paese dell’ex Jugoslavia, dopo la Slovenia ad aderire all’Ue. Il lungo percorso di adesione non è servito però a dissipare i timori degli altri paesi europei e degli stessi croati. Le prime elezioni che si sono tenute ad aprile hanno registrato la vittoria (33 percento) del partito di opposizione di centro-destra che invierà  sei deputati all’euro parlamento. Preoccupante l’astensionismo: poco più del 20 percento degli aventi diritto si è recato alle urne. Le prove generali per le elezioni del Parlamento europeo, che si terranno nel 2014, non sono pertanto incoraggianti lasciando intravedere i limiti della democrazia europea.

L’Anno europeo dei cittadini e le elezioni del 2014

La prospettiva delle elezioni europee, oltre che la volontà  di festeggiare il 20esimo anniversario della sua istituzione, è alla base dell’iniziativa di proclamare il 2013 l’anno europeo dei cittadini.
L’Unione europea si accinge infatti ad affrontare le elezioni del Parlamento del 2014 nel pieno di una crisi che ne ha ridefinito la missione e l’immagine nei confronti dei cittadini. Dalla rilevazione dell’Eurobarometro 2012, la fiducia nell’Unione europea scende al 33 percento rispetto al 43 percento del 2010; cresce la percentuale di coloro che hanno un’immagine negativa dell’Ue (29 percento rispetto al 20 percento del 2010) e cala al 30 percento la percentuale di coloro che invece ne hanno un’immagine pienamente positiva, rispetto al 38 percento del 2010. In questo contesto, costituisce una priorità  recuperare la fiducia dei cittadini, incrementando i livelli e le modalità  di coinvolgimento nei processi decisionali e fornendo loro gli strumenti per incidere sulle scelte.
Non si tratta quindi soltanto di rimuovere gli ostacoli all’esercizio della cittadinanza europea, ma di ridefinirne lo statuto e i campi di applicazione. Tre in particolare sembrano essere i nodi del dibattito:

1. Cosìcome è concepita – “è cittadino dell’Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro” – la cittadinanza europea è dipendente dal possesso della cittadinanza di uno stato membro. Si tratta pertanto di un modello esclusivo di cittadinanza e non inclusivo, che risponde solo in parte alle mutate condizioni del continente a seguito dei processi migratori. Nel 2011 circa 1,7 milioni di persone provenienti da un Paese al di fuori dell’Unione europea sono immigrate in uno dei 27 Stati membri, mentre 1,3 milioni di persone già  residenti all’interno di un Paese dell’Ue sono migrate in un altro Stato membro. Complessivamente, circa 3,2 milioni di persone sono immigrate in uno dei 27 Paesi dell’Ue, mentre almeno 2,3 milioni di persone sono emigrate lasciando il territorio dell’Ue. Queste persone sono interessate, seppure in maniera diversa, ai diritti riconducibili alla cittadinanza europea, sia perché in un caso ne sono esclusi (i cittadini extra-Ue), sia perché al contrario trovano, in quanto cittadini di uno stato membro delle difficoltà  alla loro applicazione.

2. Quali sono i diritti garantiti dalla cittadinanza europea e quanto sono conosciuti dai cittadini. Se a tutti è noto il diritto alla libera circolazione, meno noto è il diritto di voto e di eleggibilità , sia per le elezioni comunali che per quelle del Parlamento europeo, garantito ai cittadini europei nello Stato membro in cui risiedono. Questo aspetto costituirebbe un importante segnale di integrazione. L’insieme dei diritti che sono riconosciuti alle persone che vivono nell’Unione europea sono anche codificati nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

3. Infine, ci sono i diritti garantiti dall’art. 11 del Trattato di Lisbona relativi alle possibilità  di partecipazione dei cittadini al processo decisionale europeo, ivi compreso il diritto di Iniziativa dei cittadini europei (Ice).

L’Iniziativa dei cittadini europei

Quest’ultimo in particolare, garantisce che “Cittadini dell’Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati membri, possono prendere l’iniziativa d’invitare la Commissione, nell’ambito delle sue attribuzioni, a presentare una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell’Unione ai fini dell’attuazione della Costituzione. La legge europea determina le disposizioni relative alle procedure e alle condizioni necessarie per la presentazione di una iniziativa dei cittadini, incluso il numero minimo di Stati membri da cui devono provenire”.
Salutata con grande entusiasmo come l’equivalente europeo del principale istituto di democrazia diretta previsto all’interno dei singoli stati membri, l’iniziativa europea dei cittadini ne differisce in realtà  perché rimane uno strumento, per quanto avanzato, di democrazia partecipativa, con il limite rappresentato dal fatto che non intacca il potere esclusivo di iniziativa legislativa attribuito alla Commissione.
Il funzionamento dell’Ice è definito da un regolamento approvato a febbraio 2011 ed entrato in vigore il 1 aprile 2012.
Al momento quattordici Ice sono aperte alla raccolta firme, una delle quali (Right to Water) ha superato 1 milione e mezzo di firme, anche se non rispetta la ripartizione dei voti richiesta per ogni stato membro.
Il 31 ottobre scadrà  il termine per la raccolta delle firme delle prime iniziative: quale modo migliore per celebrare l’Anno europeo dei cittadini che apporre la propria firma sulle Iniziative in corso?

L’Alleanza italiana per l’Anno europeo dei cittadini

L’Anno europeo dei cittadini ha visto la società  civile impegnata in una serie di iniziative volte a promuovere i diritti di cittadinanza.
Labsus ha aderito all’Alleanza italiana per l’Anno europeo dei cittadini che a sua volta è parte dell’Alleanza europea (Eyca). L’Alleanza ha lo scopo di promuovere iniziative finalizzate alla diffusione delle tematiche inerenti l’Anno europeo dei cittadini e a sensibilizzare le istituzioni nei confronti del tema della cittadinanza. L’Alleanza italiana è stata promossa dal Cime, dal Forum del Terzo Settore e dall’Association of Local Democracy Agencies e vanta attualmente più di cinquanta adesioni da parte di soggetti della società  civile italiana.

Verso una cittadinanza postnazionale e inclusiva

L’Anno europeo dei cittadini ha riaperto un dibattito che spesso si sovrappone a quello sorto all’interno di alcuni stati membri, basti pensare all’Italia, sullo statuto della cittadinanza e sulle modalità  di partecipazione dei cittadini ai processi decisionali in un momento di crisi della democrazia rappresentativa.
Per quanto riguarda il primo aspetto si vanno lentamente affermando le nozioni di cittadinanza inclusiva e di cittadinanza di residenza per superare il limite di fondo dello statuto della cittadinanza, vale a dire il suo ancoraggio allo stato-nazione. Da questo punto di vista, il caso dell’Ue è particolarmente rappresentativo dell’esigenza di un cambiamento verso una cittadinanza postnazionale.
Per quanto concerne il secondo aspetto, le opportunità  di partecipazione garantite dall’art. 11 sono in realtà  poco più che prassi consolidate che si concretizzano in forme ibride di democrazia partecipativa bottom down che si attivano solo per volontà  delle istituzioni europee e non sono mai per esse vincolanti.
Il percorso è pertanto ancora lungo, ma in questo come in altri campi che coinvolgono l’Unione europea, si può solo guardare avanti e continuare secondo il percorso di sperimentazione istituzionale che l’Ue ha intrapreso fin dalla sua nascita.

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